I ministri straordinari della Comunione sono un “ponte” tra la Chiesa e i malati

Comincia con il ricordare la storia di Tarcisio, il vescovo Paolo Ricciardi, nella lettera che scrive ai ministri straordinari della Comunione. Tarcisio ne è il patrono: nel 257 d. C. a Roma, il giovane fu ucciso da un gruppo di pagani mentre portava l’Eucaristia ad altri fratelli cristiani. La lettera è scritta «in unione con l’Ufficio liturgico e il Centro per la pastorale sanitaria», sottolinea subito il presule, e l’obiettivo è «incoraggiarvi».

«Sono un vescovo ausiliare di Roma, delegato per la pastorale sanitaria – prosegue –. Vi sto scrivendo io, perché il vostro è un servizio ai malati (….) Vi scrivo per dirvi prima di tutto grazie. Grazie perché con voi il Signore ogni giorno entra in tante case e in tanti luoghi di cura». Ancora, prosegue il vescovo, «grazie perché voi siete un segno quotidiano di speranza per tanti che hanno bisogno di aiuto».

Tanti malati o anziani impossibilitati a muoversi, riflette il presule nella sua lettera, sono desiderosi di «incontrare il Signore e sentirsi parte della comunità». Per questo «la casa del malato o una stanza di ospedale è un altro tabernacolo cui accostarsi con delicatezza e rispetto. Nessuno può capire cosa prova la persona e la sua famiglia. Il suo letto, o la sua sedia a rotelle, è come la teca che custodisce l’ostia».

Non mancano alcuni consigli pratici per coloro che «fanno da ponte – si legge ancora nel testo – tra la casa del malato e i sacerdoti», «tra i malati e la comunità». Come quello, magari, di fermarsi a prendere un caffè con l’ammalto e la sua famiglia, e condividere con loro un momento di festa come quello che segue alla Comunione. Infine, l’auspicio di una maggiore fraternità e condivisione tra i vari ministri straordinari, «importante per cresce nella fede, per confrontarsi, per arricchirsi vicendevolmente».

26 novembre 2018