Nella parrocchia di San Tommaso Moro, dibattito su “Stato e Chiesa”

Nella parrocchia di San Tommaso Moro, il dibattito a due voci intorno al tema dell’umanesimo integrale, tra l’essere «fedele» e l’essere «cittadino». Lo storico: «Ii valori nella società si sono andati liquefacendo»

Il tavolo non è quello attorno al quale si riunirono i rappresentanti di Stato e Chiesa nel 1984 per la revisione del Concordato. Ma le voci sono quelle di un protagonista di quell’accordo, Carlo Cardia, docente emerito di diritto ecclesiastico, che rappresentò in quella sede Enrico Berlinguer, e di un rappresentante della Santa Sede, l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Entrambi hanno partecipato ieri sera, giovedì 24 maggio, nella parrocchia di San Tommaso Moro al confronto su “Stato e Chiesa: quale spazio per lo sviluppo integrale della persona umana”. Il titolo è stato scelto dal parroco Andrea Celli, che ha aperto l’incontro. Con un obiettivo: «Analizzare un rapporto che vede al centro l’interesse comune nella promozione della persona umana, che è anzitutto cittadino, titolare di diritti e di doveri nell’ordinamento dello Stato, ma è anche fedele, in quanto battezzato».

Per rispondere alla domanda su «come armonizzare l’essere fedele e cittadino», il modello indicato è stato quello del santo patrono, che «è riuscito a coniugare nella sua storia terrena l’appartenenza battesimale a Cristo, attraverso la massima espressione avuta nel martirio, con l’appartenenza alla cosa pubblica come servitore fedele del re e dello Stato». Dalla realtà inglese a quella italiana. Un passaggio compiuto da Cardia, secondo cui «i princìpi del cristianesimo hanno permeato la nostra cultura, influenzando le scelte politiche dello Stato e delle forze antagoniste». Inoltre, «l’Italia ha sempre rispettato la Chiesa come istituzione al pari di tutte le altre confessioni religiose». Dopo aver ricordando il dibattito negli anni ’80 per la revisione del Concordato, il docente ha evidenziato che «dietro la divisione tra centro e sinistra, tra cattolici e comunisti, non c’era una lacerazione sociale, un’ideologia antireligiosa, ma l’obiettivo comune di combattere povertà e ingiustizie profonde della vita quotidiana, di realizzare lo sviluppo della persona. Era un sentire comune di valori religiosi ed etici insieme, che rendevano coesa la società».

Ad ascoltarlo, giovani, universitari e altri fedeli. Presente anche l’ex presidente della Corte costituzionale Cesare Mirabelli. «Mentre crescevano i diritti – ha concluso Cardia -, i valori nella società si sono andati liquefacendo. Sta venendo meno nella nostra coscienza la percezione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è». Una condizione delineata anche da monsignor Fisichella, che ha manifestato il «grande timore» che «stiamo erodendo le conquiste sociali dei decenni precedenti. Nello sviluppo dell’umanesimo integrale, Stato e Chiesa hanno una funzione fondamentale – ha spiegato -. Non sono rispetto per la dignità e l’integrità della persona, ad esempio, l’aborto, l’eutanasia, la violenza, la tratta di esseri umani, la mancanza di dignità per i lavoratori. Se viviamo solamente di delega non andremo da nessuna parte».

Secondo l’arcivescovo, «dobbiamo recuperare la dimensione di una circolarità comunicativa. Famiglia, scuola e comunità devono tornare a comunicare per uscire da questa situazione di imbarbarimento della vita sociale e della vita pubblica. Se non c’è comunicazione tra queste realtà sociali e se non hanno un linguaggio di comunicazione valoriale comune, si verificherà sempre quella condizione di violazione della dignità della persona». Infine, la «nostra grande sfida: immettere nel sociale e nella politica l’unità che abbiamo nella fede».

Da Romasette.it, Filippo Passantino, 25 maggio 2018