Il Concilio Vaticano II, secondo la venerabile tradizione ecclesiale, ha definito il diaconato un “ministero della liturgia, della parola e della carità”. Il diacono, pertanto, partecipa secondo un modo proprio delle tre funzioni di insegnare, santificare e governare, che corrispondono ai membri della Gerarchia. Egli proclama e illustra la Parola di Dio; amministra il Battesimo, la Comunione e i Sacramentali; anima la comunità cristiana, principalmente in ciò che si riferisce all’esercizio della carità e all’amministrazione dei beni. Il ministero di questi chierici, nei suoi differenti aspetti, è penetrato dal senso di servizio che dà nome all’ordine “diaconale”. Come nel caso di qualunque altro ministro sacro, il servizio diaconale si rivolge in primo luogo a Dio, e, in nome di Dio, ai fratelli; ma la diaconia è anche servizio all’episcopato e al presbiterato, ai quali l’ordine diaconale è legato da vincoli di obbedienza e di comunione, secondo le modalità stabilite dalla disciplina canonica. In questo modo, tutto il ministero diaconale costituisce un’unità al servizio del piano divino di redenzione, i cui distinti ambiti sono saldamente connessi tra loro: il ministero della parola conduce al ministero dell’altare, che a sua volta comporta l’esercizio della carità. Pertanto, il Vescovo deve adoperarsi affinché tutti i fedeli, e in particolare i presbiteri, apprezzino e stimino il ministero dei diaconi, per il servizio che esercitano (liturgico, catechetico, socio-caritativo, pastorale, amministrativo, ecc.), per l’edificazione della Chiesa e perché essi suppliscono all’eventuale scarsità di sacerdoti.
(dal DIRETTORIO PER IL MINISTERO PASTORALE DEI VESCOVI “APOSTOLORUM SUCCESSORES” n° 92)