La lettera del cardinale De Donatis per la solennità di Pentecoste

Foto DiocesiDiRoma/Gennari

Di seguito la lettera del cardinale vicario Angelo De Donatis in occasione della solennità della Pentecoste

Carissimi fratelli e sorelle,
nella Solennità della Pentecoste che ci apprestiamo a vivere siamo tutti a domandare il dono dello Spirito Santo. È lo Spirito che ci fa Chiesa e dove non c’è lo Spirito non c’è la Chiesa. Ci ricorda Sant’Ireneo: chi non ha lo Spirito non si nutre alle mammelle della Madre, non può attingere alla fonte d’acqua viva che zampilla dal Corpo di Cristo, ma si scava cisterne screpolate e beve l’acqua fetida di un pantano (cfr. Ireneo, Contro le eresie, III, 24, 15).

Mi colpisce sempre quando nella liturgia preghiamo quel noi non sappiamo che cosa sia conveniente che risuona nella lettera di Paolo ai Romani, cui fa eco nella lettera ai Corinzi: “l’uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito” (1 Cor 2,14). Quante cose noi non sappiamo!

Quanto è vero che sperimentiamo spesso, anche nel nostro cammino ecclesiale, lo smarrimento, lo sconcerto, il fallimento dei nostri progetti, la divisione, l’apparente insignificanza della nostra presenza. Anche noi ci sentiamo come le ossa aride di cui parla Ezechiele, come una Babele divisa, nella confusione delle lingue che non si comprendono. Come un monito, il Signore sembra volerci ricordare che l’unità si infrange quando è solo una costruzione umana, che cadono i disegni delle nazioni e i progetti dei popoli sono resi vani. Quando siamo noi, con le nostre forze, a costruire, Dio distrugge, quando vogliamo farci un nome, Lui ci disperde, quando diamo inizio alla “nostra opera” Lui scende, ci confonde, perché non ci comprendiamo più. Se Lui ci toglie il respiro, cioè il soffio del Suo Spirito, noi moriamo e ritorniamo nella nostra polvere, tutto si deforma e viene come disintegrato.

Il Signore ci rende umili in ciò che non sappiamo, ci fa sperimentare la sete perché possiamo gustare l’acqua viva, permette che ci sentiamo bloccati e inariditi per liberarci e donarci la sua novità. Egli vuole sostituire i nostri desideri con i suoi, i nostri stessi gemiti con i suoi, perché il suo disegno e i progetti del suo cuore sussistono per sempre.

In questa solennità siamo chiamati a riscoprire anzitutto la necessità di essere assetati supplici, deboli che non sanno, confusi bisognosi di salvezza. Siamo chiamati a gridare allo Spirito: noi abbiamo bisogno di te, vieni! Vieni ad intercedere per noi, vieni a dirci i desideri di Dio, vieni a darci la tua sapienza, non quella di questo mondo, e dei dominatori di questo mondo, ma quella sapienza “divina, misteriosa” che tu prepari per quelli che ti amano. Il Signore ci promette che dal suo cuore squarciato sgorgheranno per noi e per tutti fiumi d’acqua viva e ci esorta ad avere sete e a bere da questo cuore. Solo là possiamo abbeverarci di una vita che dura per sempre, la Vita nello Spirito del Padre e del Figlio, quella vita che ci immette nel circolo del loro stesso Amore. Se beviamo e viviamo di ciò che beviamo, riceviamo lo Spirito e diventiamo uomini spirituali. Doniamo ciò che possediamo, diventiamo anche noi fonte. Dunque ognuno di noi si domandi: di che bevo io? Di che beve la mia comunità? Di cosa abbiamo sete e di che ci dissetiamo? Di che cosa viviamo davvero?

Senza lo Spirito noi siamo come un grembo vuoto e una fonte disseccata: non c’è la Chiesa, né il cammino sinodale. Ma lo Spirito è un Dono. Il Signore desidera rinnovarci questo Dono di se stesso, che rimarrà però inoperoso senza la nostra accoglienza. Lo Spirito si adatta con pazienza alla misura della nostra recezione, è Amore umile, che si abbassa, ci ispira secondo la misura del nostro consenso e ci è concesso solo come risposta alla nostra ricerca.

Vi invito dunque, come comunità diocesana, a entrare e rimanere nel Cenacolo. Come Maria con gli apostoli accogliamo lo Spirito per vivere dello Spirito e nello Spirito e così divenire veri evangelizzatori. Inondati dalla luce dello Spirito per manifestare Cristo come la Vita che vive in noi.

Rimaniamo sotto l’azione dello Spirito, come in una Pentecoste perenne, rinnovando come popolo sacerdotale, con un cuor solo e un’anima sola, l’offerta di noi stessi al Padre nel Figlio.

Questa è l’Opera che Dio vuole fare in noi effondendo il Suo Spirito. Il nostro primo compito è custodire l’Alleanza, rimanere la “proprietà” che il Signore si è scelto. Solo così potremo realizzare quello di cui Papa Francesco parlava nella Evangelii gaudium: divenire una “fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono”.

Interceda per noi la Vergine Maria, vaso perfetto dello Spirito Santo e sua Sposa, tutta trasparente di Lui.

“Veni Sancte Spiritus! Veni per Mariam”.

Angelo Card. De Donatis
Vicario Generale di Sua Santità
per la Diocesi di Roma