Benedetto XVI, vescovo di Roma

Da quando lasciò l’arcidiocesi di Monaco, Joseph Ratzinger visse a Roma come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Un legame profondo con la città eterna che si rinsaldò ulteriormente una volta eletto Vescovo di Roma. Sono numerosi i momenti che si potrebbero ricordare in merito al legame tra Benedetto XVI e la sua diocesi, in particolare le numerose visite nelle parrocchie. Ma forse due eventi spiccano sugli altri.

Il primo è la presa di possesso della cattedra nella Basilica di San Giovanni in Laterano. L’insediamento ebbe luogo il 7 maggio 2005. Nell’omelia, parlando della centralità di Cristo (quel sabato era la vigilia, per la Chiesa italiana, dell’Ascensione), Benedetto ricordò che «il compito di tutti i Successori di Pietro» è «essere la guida nella professione di fede in Cristo, il Figlio del Dio vivente. La Cattedra di Roma è anzitutto Cattedra di questo credo. Dall’alto di questa Cattedra il Vescovo di Roma è tenuto costantemente a ripetere: Dominus Iesus – Gesù è il Signore». E concluse così il suo discorso: «Cari Romani, adesso sono il vostro Vescovo. Grazie per la vostra generosità, grazie per la vostra simpatia, grazie per la vostra pazienza! In quanto cattolici, in qualche modo, tutti siamo anche romani. Con le parole del salmo 87, un inno di lode a Sion, madre di tutti i popoli, cantava Israele e canta la Chiesa: “Si dirà di Sion: L’uno e l’altro è nato in essa…”. Ugualmente, anche noi potremmo dire: in quanto cattolici, in qualche modo, siamo tutti nati a Roma. Così voglio cercare, con tutto il cuore, di essere il vostro Vescovo, il Vescovo di Roma. E tutti noi vogliamo cercare di essere sempre più cattolici – sempre più fratelli e sorelle nella grande famiglia di Dio, quella famiglia in cui non esistono stranieri. Infine, vorrei ringraziare di cuore il Vicario per la Diocesi di Roma, il Cardinale Camillo Ruini, e anche i Vescovi ausiliari e tutti i suoi collaboratori. Ringrazio di cuore i parroci, il clero di Roma e tutti coloro che, come fedeli, offrono il loro contributo per costruire qui la casa vivente di Dio».

Il secondo è l’indimenticabile incontro con il clero romano tre giorni dopo l’annuncio della sua rinuncia, il 14 febbraio. Un appuntamento tradizionale, all’inizio della Quaresima, in cui il Pontefice incontra i sacerdoti della sua diocesi, che assunse un risvolto speciale. «È per me un dono particolare della Provvidenza che, prima di lasciare il ministero petrino, possa ancora vedere il mio clero, il clero di Roma. È sempre una grande gioia vedere come la Chiesa vive, come a Roma la Chiesa è vivente; ci sono Pastori che, nello spirito del Pastore supremo, guidano il gregge del Signore. È un clero realmente cattolico, universale, e questo risponde all’essenza della Chiesa di Roma: portare in sé l’universalità, la cattolicità di tutte le genti, di tutte le razze, di tutte le culture. Nello stesso tempo, sono molto grato al Cardinale Vicario (Vallini, ndr) che aiuta a risvegliare, a ritrovare le vocazioni nella stessa Roma, perché se Roma, da una parte, dev’essere la città dell’universalità, dev’essere anche una città con una propria forte e robusta fede, dalla quale nascono anche vocazioni. E sono convinto che, con l’aiuto del Signore, possiamo trovare le vocazioni che Egli stesso ci dà, guidarle, aiutarle a maturare, e così servire per il lavoro nella vigna del Signore». Come disse lo stesso Benedetto, non si trattò di un discorso ma di una «piccola chiacchierata sul Concilio Vaticano II». Cominciata con un aneddoto (il motivo per cui il cardinal Frings lo volle come suo esperto), fu in realtà una memorabile lezione sull’ermeneutica conciliare, concluso con la celebre affermazione secondo cui ci furono due Concili, quello dei Padri, vero, e quello “virtuale” dei media, che vedeva l’assise conciliare come una lotta di potere. «Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata … e il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale. Ma la forza reale del Concilio era presente e, man mano, si realizza sempre più e diventa la vera forza che poi è anche vera riforma, vero rinnovamento della Chiesa. Mi sembra che, 50 anni dopo il Concilio, vediamo come questo Concilio virtuale si rompa, si perda, e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale». Detto dall’ultimo Papa che ha partecipato personalmente al Vaticano II, appare come una potente dichiarazione profetica.

di Andrea Acali

31 dicembre 2022