Una formula nuova ha caratterizzato la Festa diocesana dei cresimandi di quest’anno: invece della tradizionale location presso il Palazzo del Vicariato, a San Giovanni, con i giochi e la preghiera sul prato adiacente alla cattedrale di Roma, sabato pomeriggio, 19 maggio, ad accogliere gli oltre 300 adolescenti accompagnati dai loro catechisti e genitori è stata la struttura del Seraphicum, sulla via Laurentina. «Abbiamo scelto questo luogo – ha chiosato don Andrea Cavallini, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano – perché oltre agli spazi all’aperto, adatti sia al gioco che alla preghiera, c’è un auditorium». La novità di questa edizione della festa, infatti, è stata lo spettacolo teatrale ispirato al famoso libro di Michael Ende “La storia infinita”.
Protagonisti sul palco, capaci di catturare l’attenzione dei cresimandi che hanno applaudito lo spettacolo, Giovanni Scifoni, attore teatrale, autore e regista nonché volto noto di tante serie televisive, a cui sono stati affidati cinque reading, e lo stesso don Cavallini, che ha commentato e raccordato tra loro i passaggi salienti del racconto. «La storia di Bastiano è molto bella e molto adatta per i nostri cresimandi – ha spiegato il sacerdote – poiché il ragazzo nel leggere il libro “La storia infinita” ci finisce dentro e ne diventa parte, uscendone cambiato e totalmente nuovo», così come i cresimandi «che chiedono di ricevere il dono dello Spirito, con la cresima diventeranno una creatura nuova».
Dei sette doni dello Spirito Santo ha parlato ai cresimandi monsignor Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che ha guidato il momento di preghiera all’inizio del pomeriggio di festa. «Lo Spirito Santo si vede da ciò che produce nella nostra vita – ha chiosato l’arcivescovo -: è dagli effetti che ha in noi e su di noi che lo riconosciamo». In particolare, De Donatis ha raccontato ai ragazzi la storia di un incontro tra un adolescente «poco più grande di voi che si chiamava Nicola e un grande santo russo del 1800, san Serafino di Sarov». Un giorno il giovane chiese al monaco di rivelargli il fine ultimo della vita cristiana, al di là di una vita santa fatta di opere buone. La risposta di San Serafino fu lapidaria e per questo risultò poco chiara a Nicola: “Consiste nell’acquisto dello Spirito Santo”. «Significa – ha spiegato ai cresimandi De Donatis – che le azioni buone compiute per Cristo ci procurano la grazia dello Spirito Santo, senza la quale nessuno può salvarsi, ma il canale per ricevere lo Spirito Santo è uno solo: la preghiera, mediante la quale possiamo parlare con Dio».
Proseguendo nel racconto, il presule ha riferito la curiosità di Nicola, determinato a comprendere come sia possibile riconoscere la presenza dello Spirito Santo. «San Serafino spiegò al suo giovane amico, e io lo dico a voi – ha detto De Donatis -, che è semplicissimo accorgersi di essere in Sua presenza: è quando si prova una sensazione infinitamente benefica, una tale calma e pace da non saperla esprimere a parole; ancora, si sentono un’insolita dolcezza e gioia nel cuore unite a un calore». Dopo la riflessione, l’arcivescovo ha pregato invocando lo Spirito Santo sui ragazzi, quindi con gli altri sacerdoti presenti ha imposto le mani su tutti i cresimandi. «È un gesto antico – ha spiegato De Donatis – mediante cui si chiede allo Spirito Santo di scendere sull’uomo: non stancatevi mai di chiedere il Suo intervento e ricordatevi dei suoi frutti perché sono il segno che non siamo soli, che Gesù, salendo al Cielo, non ci ha abbandonati. Nessuno di voi è solo e la Chiesa vi accompagna».
di Michela Altoviti