Abbiamo trovato il Messia

Intervento pronunciato dal vescovo Daniele Libanori
in occasione dell’ordinazione episcopale
Basilica San Giovanni in Laterano, 13 gennaio 2018

«Abbiamo trovato il Messia!». È l’esclamazione gioiosa con la quale Andrea va
incontro al fratello Simone. Viene da un cuore che ha gustato la familiarità del
Signore, stando con lui nella sua casa. È una parola che ha in sé qualcosa di speciale:
contiene l’intima vibrazione di uno al quale si è aperto un orizzonte straordinario.
Andrea contempla la nobile impresa per la quale vale la pena giocarsi la vita.
Quell’incontro tanto desiderato eppure inatteso sarà l’inizio di un’avventura
straordinaria e la conoscenza di Gesù iniziata all’ora decima di quel giorno
indimenticabile si farà col tempo più luminosa e più certa fino a diventare l’annuncio
della Pasqua: «Abbiamo visto il Signore!».
Questo è l’annuncio che la Chiesa ha fedelmente ripetuto, generando a Dio sempre
nuovi figli.
Questa è la buona notizia che sento oggi affidata a me in modo speciale perché io
possa annunciarla in ogni occasione, opportuna e non opportuna, aprendo i cuori alla
speranza.
Sono passati oltre quarant’anni dal giorno il cui l’Arcivescovo Filippo Franceschi
imponeva le mani a me e ai miei compagni un sabato pomeriggio nella Cattedrale di
Ferrara per fare di noi dei Presbiteri al servizio della Chiesa. Erano i primi vespri
della Solennità del Corpus Domini e il Vangelo proponeva queste parole di Gesù:
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò
nell’ultimo giorno. Perché … rimane in me e io in lui». Noi eravamo soltanto dei
ragazzi eppure la Chiesa ci affidava con fiducia quanto ha di più prezioso perché lo
distribuissimo a piene mani.
Sono passati ventisei anni da quando la Compagnia di Gesù, benché io fossi già nel
pieno meriggio della vita, mi ha accolto nel numero di coloro che hanno deciso si
servire soltanto il Signore e la Chiesa sua sposa sotto il vessillo della croce. Ed è stato
mentre camminavo lungo quella via che porta a Dio, che il Signore mi ha raggiunto
con una nuova chiamata, che ho accolto nella luce e nella tensione del servizio
apostolico della Compagnia di Gesù.
Dinanzi alla sfida che si propone mi si rinnova la memoria di Mons. Luigi Maverna,
accanto al quale ho vissuto anni impegnativi e fecondi, e le confidenze che mi faceva
di quando egli si trovò, lui giovanissimo, nella mia stessa condizione e di come
riacquistò la pace meditando il passo in cui S. Paolo dice «La nostra capacità viene
da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una nuova alleanza, non della lettera, ma
dello Spirito» (2Cor 3,5-6).
Ringrazio il Santo Padre attraverso il quale mi è stata manifestata la volontà di Dio.
Ringrazio il suo Vicario, il Vescovo Angelo, e la Chiesa di Roma che mi ha accolto
nel suo Presbiterio.
Ringrazio la Compagnia di Gesù che mi ha formato e sostenuto e sulla quale continuo
a contare con la fiducia piena che si può avere solo negli Amici nel Signore.
Ringrazio quanti mi hanno accompagnato in questi mesi, in particolare il Padre
Provinciale: a tutti domando di portarmi ancora e sempre nella loro preghiera.
E ringrazio la Chiesa di Ferrara-Comacchio nella quale sono nato alla fede e al
ministero sacerdotale e che oggi mi fa dono qui della sua presenza con l’Arcivescovo
Gian Carlo Perego, con gli Amministratori di quella terra desolata e magnifica, dura e
fertile e con molti amici, Sacerdoti e Laici, con i quali ho condiviso i primi anni di
servizio alla Chiesa.
Comincia per me un cammino nuovo e inatteso al quale mi avvio con la
consapevolezza che la sfida proposta dalle nuove urgenze può trovare risposta
adeguata solamente dal Signore. A me, a noi, tocca restare in ascolto attento e fedele.
E servire in umiltà, senza pretendere e senza ricevere nulla in cambio.
Penso qui ai compagni di strada più prossimi: ai Presbiteri di questa Chiesa, che la
edificano ogni giorno con l’annuncio del Vangelo e con la cura pastorale.
Penso ai Diaconi, che sono stati resi immagine viva di Cristo servo e insieme
testimoni privilegiati della presenza del Signore nascosto nell’umanità che sono
inviati a curare.
Confortato da un così grande numero di testimoni della carità di Cristo, ripeto nella
luce della fede la mia offerta:
«Prendi, o Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto, la
mia volontà, tutto quello che ho e possiedo. Tu me lo hai dato; a te, Signore, lo
ridono. Tutto è tuo: di tutto disponi secondo la tua volontà. Dammi il tuo amore e la
tua grazia, e questo solo mi basta».