«Il nostro Dio è un padre che si coinvolge»: l’omelia del cardinale Reina da Lourdes

Carissimi fratelli e sorelle

Con questa celebrazione di fatto concludiamo il nostro pellegrinaggio diocesano e ci proiettiamo verso il rientro a casa, alle nostre attività quotidiane e alle nostre responsabilità. In diversi modi abbiamo sperimentato la potenza della grazia di Dio, sono quindi certo non torneremo come siamo partiti. Ci hanno aiutato i luoghi, i tempi di preghiera, le persone con cui abbiamo condiviso questa esperienza e coloro che qui abbiamo incontrato, in particolare gli ammalati. Ci rivolgiamo a Maria come Madre della Consolazione e lo facciamo non solo con l’invocazione personale ma anche attraverso l’ascolto delle letture che ci sono state offerte in questa celebrazione e sulle quali vorrei brevemente soffermarmi.

Il tema della consolazione, infatti, è presente in entrambe le pagine ascoltate. Nella prima, che è una vera e propria benedizione, Paolo invoca il Dio di ogni consolazione, il quale ci conforta in ogni nostra tribolazione perché anche noi possiamo diventare consolatori per gli altri. Nel Vangelo, Gesù promette l’invio del Consolatore, anzi, di un altro Consolatore che accompagnerà la vita dei credenti fino al suo ritorno glorioso e definitivo. In entrambe le letture c’è una dinamicità interessante. Dio ci consola in ogni nostra tribolazione perché anche noi possiamo consolare. Potremmo dire che la consolazione parte da Dio, arriva a noi e, attraverso di noi, giunge a tutti. Nel Vangelo, invece, il dinamismo è quello dell’Amore: chi ama osserva la Parola del Maestro, il quale pregherà il Padre e questi manderà un altro Consolatore. Mentre nella prima lettura il movimento è discendente quindi dall’alto verso il basso, nel Vangelo è invece dal basso, a partire quindi dall’osservanza fedele dei comandamenti, verso l’alto, con movimento ascendente, fino al dono dello Spirito che è sempre con noi e che ci guida alla verità tutta intera.

Parlare di consolazione significa confrontarsi inevitabilmente con il tema della prova e delle tribolazioni. Si sente il bisogno di essere consolati, confortati, incoraggiati quando si attraversa un momento difficile, pesante, a tratti insuperabile. È quello che capita spesso nella vita. La prova ha mille volti: può assumere la forma di una malattia, una paralisi interiore, un momento di deserto spirituale, un conflitto relazionale, un problema in famiglia o nel lavoro… il ventaglio è davvero molto ampio e abbraccia tutta la nostra vita. Anche il cammino di fede può attraversare momenti difficili. Può vacillare il nostro rapporto con Dio perché iniziamo a chiederci: “Ma dov’è Dio?”, “perché non interviene?”, “perché non mi libera da questa sofferenza?”. Non esistono vite senza prova, né momenti dell’esistenza in cui tutto sarà sempre semplice, perché la fragilità fa parte della nostra condizione umana. Ecco perché è importante riflettere e lasciarsi guidare dalla sapienza biblica. San Paolo, quando nella prima lettura invoca il Signore come il Dio di ogni consolazione, riconosce che questa appartiene a Dio; anzi, aggiunge Gesù che Dio è il Consolatore. È Colui che ci ha consolati con l’invio del Figlio ed è Colui che si prende cura di noi con il dono dello Spirito. Provo a tradurlo diversamente. Quando siamo immersi nella prova, non dobbiamo pensare che siamo stati lasciati soli; che dobbiamo cavarcela con le nostre forze perché Dio – quasi fosse un Essere disinteressato al nostro vivere – guarda a distanza la nostra vicenda e rimane inerme. No. Dio è sempre dalla nostra parte. Il nostro è un Padre che si coinvolge pienamente nel nostro vissuto. Gioisce con noi e con noi piange. La sua consolazione è il fatto che Egli è il Dio con noi. Potrebbe capitarci di rimanere anni in un letto di dolore o in un deserto insopportabile, ma non dobbiamo mai perdere di vista che Lui è sempre con noi.

Proviamo a dirlo in modo semplice: quando siamo immersi nella prova, non dobbiamo mai pensare di essere stati abbandonati. Non dobbiamo credere che tutto dipenda dalle nostre forze o che Dio stia a guardare, distante e silenzioso. No, fratelli e sorelle: il nostro Dio è un Padre che si coinvolge. È il Dio che entra nella nostra storia, che cammina con noi, che condivide la nostra gioia e versa lacrime con noi.

Ma attenzione: la consolazione non sempre coincide con il miglioramento delle circostanze. A volte, infatti, le situazioni rimangono difficili, eppure, ci si può sentire consolati perché la vera consolazione è la certezza che Qualcuno sempre volge il Suo sguardo su noi in tutto ciò che noi viviamo anche quando sembra tutto difficile. Come cristiani non siamo più fortunati di altri perché non ci capitano o non ci capiteranno sventure; ma siamo in una condizione di grazia perché sappiamo che qualsiasi cosa ci capiterà – qualsiasi – Dio rimane incollato alla nostra vita e noi alla sua. Quando avremo assunto questa preziosa consapevolezza, allora potremo sperimentare di essere a nostra volta occasione di consolazione per gli altri. Che bella questa missione! Spesso siamo inclini a chiedere la consolazione di Dio, forse riflettiamo poco sul fatto che possiamo essere strumenti di consolazione per gli altri. A volte basterebbe poco: uno sguardo, una parola, un gesto di bontà… e chi riceve può rialzarsi per riprendere il cammino. Se abbiamo sperimentato che è bello essere consolati da Dio, non esitiamo a diventare consolatori per gli altri. Nell’antichità, il consolatore era l’avvocato difensore, chiamato a stare accanto all’imputato per sostenerlo e intercedere per lui. Era una figura di prossimità, di alleanza e di sostegno nella prova. E allora non è forse anche questo il compito del cristiano? Come sappiamo esserlo per un nostro familiare o per una persona che ci sta a cuore, impariamo a farlo anche per ogni fratello e sorella che ci è affidato. Ecco perché Gesù introduce in questo contesto il tema dell’amore. “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti e il Padre vi darà un altro Consolatore”. Soltanto nella logica dell’amore si capisce il dinamismo della consolazione. Dio ci ama e ci consola, cioè si schiera; sta dalla nostra parte, ci difende, ci protegge e non si stanca mai di noi. Se anche noi amiamo e ci lasciamo guidare dall’Amore sapremo consolare perché già l’amore è consolazione. Anzi, la consolazione è l’altro nome dell’Amore.

Questo dinamismo lo cogliamo molto bene nella vita della Vergine Maria. Subito dopo aver ricevuto l’annuncio dell’Angelo, ovvero dopo che si è scoperta piena di grazia, amata follemente da Dio, subito si reca dalla cugina Elisabetta; subito si mette in cammino e diventa consolazione, speranza, servizio. E così sarà sempre, fino alla fine; fino alla morte in Croce del Figlio e fino al momento in cui i discepoli – dopo i fatti del Venerdì Santo – si disperdono in mezzo a paure e delusioni. E proprio lì, nel cuore dello smarrimento, Maria rimane. Quando il Vangelo annota che il discepolo amato da quel momento (dal momento della morte in Croce) la prende nella sua casa, indica chiaramente la missione di Maria. Da quel momento Maria è Madre di tutta la Chiesa, madre di tutti i credenti; abita nelle nostre cose, cammina con noi e con noi lotta e spera. Le apparizioni mariane nella storia del cristianesimo, anche quella che ricordiamo qui a Lourdes con tanta devozione, ci ricordano questa presenza di Maria, misteriosa ma efficace. Maria c’è. E ci accompagna.

Davanti a Lei, fratelli e sorelle, come forse tante volte abbiamo fatto in questi giorni, non esitiamo a presentare le nostre sofferenze. Come tutte le mamme ci capisce e non ci giudica; ci vuole aiutare e desidera proteggerci.

A Lei, Madre della Consolazione, presentiamo la nostra Chiesa di Roma all’inizio di questo nuovo anno pastorale; preghiamo per il Santo Padre, per i pastori, per i sacerdoti e per tutti coloro che operano all’interno delle nostre comunità parrocchiali. Chiediamo che l’anno che inizia sia per tutti un tempo in cui sperimentare la consolazione di Dio attraverso la potente intercessione di Maria e di essere tutti a nostra volta strumento di consolazione per chi si trova nella sofferenza, nella povertà, nel disagio, nella solitudine e nella prova.

Amen.

1 settembre 2025