La consegna del Premio don Andrea Santoro

Aldo Morrone in Etiopia

Sono passati sedici anni dalla morte di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum ucciso in Turchia mentre pregava, con la Bibbia tra le mani. Ma la sua memoria è più viva che mai. Tanti sono coloro che, spinti dal suo esempio, decidono di dedicare la propria vita alla missione. Quattro di loro riceveranno sabato prossimo il Premio Don Santoro, riconoscimento istituito dal Centro missionario diocesano, che sarà consegnato nel corso di una cerimonia dalle 10.30 nella Sala Tiberiade del Pontificio Seminario Romano Maggiore.

«Trovo molto bello che venga premiato qualcuno nel nome di don Andrea Santoro – osserva suor Elisa Kidane, direttrice del Centro diocesano –; è una iniziativa eccellente che dà modo alla nostra diocesi di ricordare, in questo modo, tutti i missionari che ci sono in giro per il mondo. Questa è una memoria che deve mantenere aperto il nostro cuore: c’è sempre la possibilità di lasciare tutto e partire per portare il Vangelo nel mondo». Ricordare il sacerdote assassinato a Trabzon «non deve essere un momento soltanto celebrativo – sottolinea ancora la religiosa –, ma ci deve interrogare: la sua vita è come lievito che è caduto in quella terra. Noi non sappiamo ancora tutto il bene che la sua testimonianza sta portando, ma siamo certi che è un seme che sta producendo molti frutti».

Come hanno piantato semi di bene in diverse parti del mondo le cinque persone che saranno premiate sabato prossimo. Il primo è Aldo Morrone, infettivologo di fama mondiale e direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano. Esperto nelle patologie tropicali e malattie della povertà, negli ultimi 30 anni si è occupato di medicina transculturale, contribuendo a focalizzare l’attenzione del pubblico e delle istituzioni sulla salute dei migranti e delle fasce a rischio di emarginazione sociale. Durante il periodo più duro della pandemia ha detto: «Le persone dimostrano di essere più solidali di quello immaginavamo. Da questa emergenza usciremo solo se metteremo insieme scienza e solidarietà. Nessuno guarisce da solo».

Sarà premiata anche Mariolina Marchetti, volontaria romana della parrocchia dei Santi Martiri Canadesi e appartenente all’Associazione Fraternità Internazionale (Afi), classe 1941; a 24 anni, nel 1965, prende il volo per la Palestina dove lavora nelle scuole materne locali. Lì trascorre tutta la sua vita e arrivata agli 80 anni Mariolina è ancora là, perché non riesce ad immaginare come potrebbe essere la sua vita lontana dalla Palestina e dai suoi amici palestinesi. Adesso che le energie cominciano a mancare sono loro che la sostengono, l’aiutano, le sono vicini.

Il riconoscimento va anche a padre Germain Plakoo-Mlapa, sacerdote salesiano originario del Togo, impegnato nel suo Paese e in Burkina Faso. Il 17 maggio del 2019 il missionario salesiano padre Fernando Hernández viene sgozzato nell’opera salesiana di Bobo Dioulasso (Burkina Faso) da un ex cuoco del centro e nell’aggressione viene ferito anche padre Germain, che tentava di difendere il suo confratello, riportando gravi ferite per le pugnalate ricevute. Nella strada verso l’ospedale, ripeteva: «Ditegli che io l’ho già perdonato». Per completare le cure, padre Germain arriva anche a Roma. Ma una volta guarito torna in Africa, e subito va a visitare in carcere l’assassino di padre Hernández, colui che ha tentato di ucciderlo, offrendo il suo perdono e cercando di capire cosa lo abbia spinto a un tale gesto. Ora è stato destinato come missionario in Angola.

L’ultimo premio va alla memoria di Maria Teresa Marassi, scomparsa il 6 dicembre del 2020. «Per circa vent’anni – ricordano dal Centro missionario diocesano – Maria Teresa ha svolto il suo servizio presso il Centro missionario diocesano, con grande amore, attenzione, puntualità e dedizione, senza dimenticare mai la propria vocazione missionaria ad gentes e rimanendo con tutte le energie spirituali e intellettuali sempre rivolte all’Africa, pur nel compimento dei doveri lavorativi e di servizio comunitario. Aperta al mutare dei tempi e delle situazioni, era dedita al suo lavoro e lo svolgeva con vero spirito missionario, che trasmetteva nei contatti con gli operatori parrocchiali, nella cura del gruppo delle Zelatrici Romane, nelle mostre organizzate per raccogliere oggetti necessari per il culto liturgico da destinare ai missionari».

25 marzo 2022