«Le radici cristiane dell’Europa non sono una bandiera di parte. Il disarmo sia anche culturale»

Di seguito l’intervista rilasciata dal cardinale vicario a Giacomo Galeazzi e pubblicata su La Stampa

«Il disarmo è un indirizzo culturale prima ancora che pratico. Oggi invece si preferisce fare ricorso alle armi per giustificare la necessaria sicurezza dei popoli; in questo modo si innesca un meccanismo vizioso che passa velocemente dalle armi (possedute) alla violenza (alimentata) e alla morte (procurata)», dice il cardinale vicario di Roma Baldo Reina a cui Leone XIV ha affidato il Pontificio Istituto Teologico per la Famiglia. «A Gaza, in Ucraina come in tutte gli altri scenari di guerra la Chiesa continua a sperare che prevalga la logica dell’incontro e del rispetto di ogni vita umana. Nella preghiera al Colosseo il Papa ha ribadito che non esiste una guerra santa perché solo pace è santa», aggiunge il porporato siciliano che ha tra i suoi incarichi anche la Commissione per la Città del Vaticano e il Dicastero del Clero.

La corsa al riarmo è ora globale. Quali sono le cause?
Leone XIV invoca la necessità di disarmare il linguaggio e i cuori. Oggi assistiamo a un’escalation di violenza e di aggressività a tutti i livelli; c’è una violenza fisica che provoca morte (pensiamo in particolare ai tantissimi casi di femminicidio), ce n’è una ideologica che crea scarto e ce ne sono tante altre che generano disuguaglianze. Le religioni possono svolgere un ruolo fondamentale nella promozione di una pace disarmata e disarmante. Senza un confronto su come impariamo a stare insieme si consumano, anche in nome di Dio, guerre che generano morte. Serve fraternità.

Cosa può fare l’Europa?
Ritorna costantemente il tema delle radici cristiane dell’Europa. Sembra che lo si voglia affermare a tutti i costi, facendone una bandiera di parte. La storia è fatta di evidenze ed è un’evidenza che l’Europa ha sviluppato la propria identità attorno ai valori del cristianesimo ampiamente professati e testimoniati da schiere infinite di santi e di martiri. A partire dall’illuminismo si è preferito cambiare registro e scansare il riferimento alla fede e al trascendente; le radici sono state messe da parte ed è stato dato maggior risalto alle conquiste della scienza e della tecnologia.

Ue senza identità quindi?
Venendo meno il riferimento all’assoluto e alla metafisica, la cultura europea si è lentamente appiattita su un materialismo asfittico che le ha tolto qualsiasi orizzonte di sviluppo. Vale la pena ribadire il concetto delle radici cristiane dell’Europa? A mio avviso serve che chi fa ancora rifermento a quelle radici le testimoni con coraggio, spargendo semi di Vangelo laddove è possibile e come è possibile. Forse nessuno si accorgerà delle radici ma di certo si potranno raccogliere i frutti. La Chiesa ha sempre sostenuto che la pace non è soltanto assenza di guerra ma è rispetto della dignità della vita umana, è presenza di giustizia e di vera fraternità. Questi valori si possono affermare pienamente nella misura in cui sono sostenuti da una cultura che, come linfa, continuamente li sostiene e li nutre. Oggi mancano riferimenti di questo tipo.

La Caritas italiana ha lanciato l’allarme povertà.
La ripresa economica non è omogenea, le disuguaglianze persistono e la povertà assume forme sempre più sottili: educativa, abitativa, relazionale. Ci stiamo affacciando all’ultima parte del Giubileo e il nostro impegno non può ridursi a una celebrazione, ma deve tradursi in un’attenzione concreta alle ferite sociali, al fenomeno della solitudine, all’assenza di servizi, al senso di insicurezza, alla mancanza di vere alternative. Come credenti siamo chiamati a camminare accanto alle persone povere, ascoltandole e condividendo il loro percorso. Non solo rispondere ai bisogni immediati, ma accompagnare, comprendere, creare relazioni. L’itinerario di prossimità è il cuore della missione.

Leone XIV prosegue l’agenda sociale e geopolitica del suo predecessore?
Francesco ha avviato processi, evangelicamente ha gettato dei semi. Leone XIV ha deciso di fare proprio il documento a cui stava lavorando Francesco e di consegnarlo a tutta la Chiesa: l’esortazione apostolica “Dilexi te”. Un segno di continuità apostolica, a conferma di come il cammino dei credenti vada ben oltre il servizio dei singoli Pontefici. La parola-cerniera tra Benedetto e Francesco è stata “luce” (Lumen fidei). Quella tra Francesco a Leone è “amore” (Dilexit). Sta a noi farne efficaci linee guida nella vita individuale e comunitaria.

Accoglienza, ecologia, lotta alla povertà. Le priorità?
Sentirci custoditi da Dio, custodire il fratello e prenderci cura del creato con la responsabilità di chi sa che nulla gli appartiene se non l’amore ricevuto e donato. Siamo dentro un contesto sociale in continuo e rapido cambiamento, con lo sfaldarsi costante di solidi punti di riferimento e in una cornice internazionale di tensioni e conflitti. Restano centrali l’amore per i poveri, la dimensione del dialogo e della fratellanza, l’attenzione alle questioni sociali, lo sguardo sulla famiglia alla luce delle situazioni che via via si vanno creando. L’esigenza di una Chiesa povera per i poveri.

E la linea sui migranti?
La testimonianza è Lampedusa, l’isola del Mediterraneo legata alla diocesi di Agrigento da cui provengo, segnata dall’annoso dramma dei migranti che, dalle coste africane, affrontano il mare in cerca di vita e di speranza. Molti, troppi, perdono la vita in quelle acque che qualcuno chiama “mare monstrum”. Conosco il dolore quotidiano di quella frontiera estrema, il pianto di un popolo e la fatica di chi accoglie. Un lembo di terra in cui c’è solo da pregare e da chiedere perdono per la globalizzazione dell’indifferenza. Serve più che mai il coraggio di andare al vero cuore della questione e cioè la visione sulla persona e quanto la fede in questo può aiutare.

Quali sono le risposte?
Lo slancio missionario, la voglia di ricominciare sempre e di rimettersi in gioco senza preclusioni. Un costante appello a ripartire da Cristo con cuore nuovo, a non lasciarsi rubare la gioia della fede, lasciando alle spalle sterili polemiche e un senso di sfiducia nel mondo ecclesiale favorito da scandali. Risposte di Vangelo a situazioni in cui vivono tanti uomini e tante donne.

Cosa serve oggi alla Cop30?
Una conversione ecologica integrale radicata nella responsabilità. Vediamo tutte le ferite inflitte all’ambiente da uno sviluppo cieco e predatorio. A pagarne le conseguenze sono sempre i più poveri. Dobbiamo riscoprirci custodi e non padroni del creato.

E la crisi della famiglia?
Non si tratta solo di riflettere astrattamente sulla sacralità del matrimonio ma dimettersi in dialogo e di ascoltare le persone nelle situazioni concrete tra gioie e dolori. Non formule precise per ogni cosa, punti fermi da cui discernere e arrivare a scegliere.

16 novembre 2025