Le crisi internazionali, il nuovo bipolarismo e la mancata riforma Onu
Diceva Carl von Clausewitz che «la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi». Un pensiero ritornato di tragica attualità a causa dei conflitti tra Ucraina e Russia, a Gaza e in molte altre parti del mondo, spesso dimenticate dai riflettori dei mass media. In realtà, anche per smentire quell’affermazione, dopo la seconda guerra mondiale nacquero le Nazioni Unite e tornò in auge il diritto internazionale, come strumento per regolare i rapporti tra gli Stati senza per forza dover ricorrere alle armi in caso di controversie. Ma quel diritto, alla luce di quanto sta succedendo nel mondo, vale ancora per tutti? L’interrogativo è stato al centro del II incontro del Corso di formazione missionaria “Tutto un altro mondo. I segni dei tempi a 10 anni da Evangelii Gaudium”, promosso dall’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma, sabato 17 febbraio, con la partecipazione di Vincenzo Cannizzaro, ordinario di Diritto internazionale e dell’Unione Europea alla Sapienza di Roma. Presenti anche padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali e il comboniano Alberto Parise.
«Il diritto internazionale – ha ricordato Cannizzaro – regola molti rapporti tra gli Stati: non potremmo andare in aereo o mandare posta in Giappone se non ci fossero questi accordi. Quello che manca è uno strumento per reprimere con la forza le violazioni, come nel caso dell’aggressione ingiustificata di uno Stato a un altro». Ciò, secondo il docente, è avvenuto per varie cause. Ad esempio, «la guerra fredda ha impedito che si realizzasse l’utopia di un esercito dell’Onu». Anche se, ha riconosciuto, il confronto tra le due superpotenze dell’epoca, Usa e Urss, «dal 1945 fino al 1989 ha assicurato paradossalmente un equilibrio di pace, con l’eccezione di alcuni focolai di guerra in diverse regioni del mondo». In tempi di guerra fredda, ha sostenuto, «un conflitto come quello tra Russia e Ucraina non sarebbe stato possibile». Ma proprio nel 1989, in seguito alla caduta del muro di Berlino e alla disgregazione dell’Unione Sovietica, «si è persa l’occasione di una riforma dell’Onu che superasse l’attuale meccanismo del potere di veto dei cinque Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza: Cina, Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e la Federazione russa che ha preso il posto dell’Urss».
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