Nella memoria liturgica del Beato Angelico, la Messa del cardinale De Donatis e l’incontro su Mozart

Nella chiesa di Sant’Ignazio in Campo Marzio, martedì 18 febbraio, in occasione della memoria liturgica del Beato Angelico, patrono degli artisti, il cardinale vicario Angelo De Donatis presiederà la Messa delle ore 18.30; la celebrazione sarà animata dalla Cappella Augustea del Conservatorio Santa Cecilia di Roma diretta da Federico Del Sordo, che eseguirà la Missa brevis K 192 di Wolfgag Amadeus Mozart.

Al termine della Messa, alle ore 20.15, si terrà nella stessa chiesa un incontro dedicato al genio di Salisburgo, dal titolo “Il ‘divino’ Amadeus e la grazia della fede. L’ultimo anno della vita di Mozart”. Interverranno monsignor Andrea Lonardo, direttore del Servizio per la cultura e l’università della diocesi di Roma, e Francesco d’Alfonso, dello stesso Servizio diocesano. «Ma noi parleremo pochissimo – ci tiene a sottolineare monsignor Lonardo – perché sarà Mozart stesso a parlare attraverso la sua arte». L’incontro, spiega d’Alfonso, è organizzato nel 250° anniversario del viaggio del musicista a Roma, durante il quale visitò anche la Cappella Sistina.

I musicisti Antonio Maria Pergolizzi, al pianoforte, ed Ermanno Veglianti, al clarinetto, con le voci del soprano Stella Alonzi e del tenore Domingo Pellicola, eseguiranno il Concerto per clarinetto e orchestra K622, il Die Zauberflöte, la Messa in do minore K427, la Messa da Requiem, l’Ave verum corpus K618. Gli attori Paolo Sangiorgio e Davide Fasano, allievi dell’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma, diretti da Andrea Giuliano, metteranno in scena la pièce “Mozart e Salieri”, di Aleksandr Puškin, nella quale l’autore immagina che il compositore italiano abbia avvelenato il suo rivale salisburghese.

«Di Mozart si nasconde spesso la serietà del lavoro – osserva monsignor Lonardo –, lo si immagina quasi come un bambino giocherellone; l’opera teatrale serve a mostrare come si sia creata una leggenda non vera, il cui unico elemento di verità resta la grandezza di Mozart. Di un artista come lui è stato facile dare un’interpretazione massonica, ma in realtà aderì in tarda età alla massoneria perché non aveva soldi, e così era certo di riuscire ad ottenere più ingaggi. Invece è evidente una sua reale adesione alla fede».

13 febbraio 2020