Udienze
Ucraina, la veglia a Santa Sofia
«Seguo con preoccupazione l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel Continente europeo, con ripercussioni ancora più vaste. Faccio un accorato appello a tutte le persone di buona volontà, perché elevino preghiere a Dio onnipotente, affinché ogni azione e iniziativa politica sia al servizio della fratellanza umana, più che di interessi di parte. Chi persegue i propri scopi a danno degli altri, disprezza la propria vocazione di uomo, perché tutti siamo stati creati fratelli. Per questo e con preoccupazione, viste le tensioni attuali, propongo che mercoledì prossimo 26 gennaio sia una giornata di preghiera per la pace».
Papa Francesco ha pronunciato queste parole domenica scorsa, 23 gennaio, al termine della preghiera dell’Angelus. E la diocesi di Roma risponde prontamente: domani, infatti, nella data indicata dal Santo Padre, si terrà la preghiera dei Vespri nella chiesa di Santa Sofia (via Boccea, 478) alle ore 18. Interverranno il vescovo Benoni Ambarus; il direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano monsignor Pierpaolo Felicolo; il rettore della basilica di Santa Sofia don Marco Jaroslav Semehen. Promossa dall’Ufficio Migrantes diocesano, la veglia vedrà la partecipazione dei cappellani e dei referenti delle diverse comunità etniche; seguirà un momento di adorazione eucaristica.
La comunità greco-cattolica ucraina a Roma si ritrova abitualmente in due luoghi di culto principali: la sede della missione con cura d’anime dei Santi Sergio e Bacco e la basilica minore di Santa Sofia. «Abbiamo scelto quest’ultima perché più grande – precisa il vescovo Ambarus –. Si tratta di una comunità formata soprattutto da donne, che lavorano come badanti, che hanno le loro famiglie, i mariti e i figli in Ucraina, e sono tutti terrorizzati da quello che sta accadendo ai loro confini, senza considerare la situazione di guerra del Donbass che va avanti già da diversi anni. Compiamo così un gesto di vicinanza spirituale alla comunità ucraina presente a Roma, come segno di vicinanza a tutto il popolo ucraino. Il nostro grido a Dio e a tutti è per la pace. Ogni guerra è una sconfitta per tutti». Il vescovo lancia anche un invito a tutte le comunità cristiane di Roma, affinché «durante le diverse celebrazioni di mercoledì 26 facciano una preghiera per l’Ucraina».
Mentre monsignor Felicolo dichiara: «Desideriamo essere vicini al popolo. A Roma la presenza della comunità ucraina si sente, è viva e vivace, tocchiamo con mano la loro ansia e la loro preoccupazione per questa situazione che dura da tempo. Questa sollecitazione di Papa ci invita ancora una volta a riunirci in preghiera».
25 gennaio 2022
Tutti i santi. Giornata di santificazione universale. Messa del Santo Padre
Tutti i santi. Giornata di santificazione universale. Messa del Santo Padre in uno dei cimiteri della diocesi.
Tutti i Santi. Giornata di santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata di santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale.
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi – Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi – Giornata della santificazione universale
Tutti chiamati a un’assunzione di responsabilità
Dieci anni or sono il cardinale Jorge Mario Bergoglio venne eletto al soglio pontificio. Da subito fu chiaro come intendesse affermare – in quanto 266° successore dell’apostolo Pietro, primo papa non europeo dopo 1.272 anni – una visione missionaria aperta all’universalità. Quella sera, a Roma, il cielo era plumbeo e proprio all’imbrunire era scesa la pioggia. Eppure piazza San Pietro, circoscritta dal suggestivo colonnato del Bernini, radunava fedeli e pellegrini d’ogni età e nazionalità, tra cui naturalmente molti romani. Augurando a tutti un conviviale e per certi versi disarmante “buonasera”, parlò a braccio, con semplicità e immediatezza, riuscendo col sorriso ad andare al di là di ogni formalismo. In quella circostanza, affacciandosi dalla loggia centrale della Basilica Vaticana, senza esitazione, invocò la comunione con tutte le Chiese nel mondo. Implorò poi la preghiera del popolo per intraprendere un cammino, furono sue testuali parole, “vescovo e popolo”. Un evidente preludio al percorso sinodale da noi intrapreso all’insegna del discernimento comunitario. Citando sant’Ignazio di Antiochia, precisò che si trattava di un cammino del quale la Chiesa di Roma, «che presiede nella carità tutte le Chiese» deve farsi interprete a servizio della causa del Regno.
Un concetto ribadito nuovamente nella recente costituzione apostolica In Ecclesiarum communione, laddove, proprio nell’incipit del documento, dichiara: «Nella comunione delle Chiese, alla Chiesa di Roma è affidata la particolare responsabilità di accogliere la fede e la carità di Cristo trasmesse dagli Apostoli e di testimoniarle in modo esemplare. È quindi primaria preoccupazione del suo vescovo provvedere a quanto è necessario perché questa Chiesa corrisponda a ciò che le dice lo Spirito del Signore Gesù Cristo (cfr Ap 3,22)». Questo in sostanza significa che per celebrare degnamente il decimo anniversario del pontificato di Papa Francesco siamo tutti chiamati ad una decisa assunzione di responsabilità. Per rispondere a coloro che hanno una visione della Chiesa come “societas iuridicae perfecta”, Papa Bergoglio ci rammenta che la Chiesa, in quanto “Corpo mistico”, santo per elezione e vocazione, è composto comunque di persone in carne e ossa, tutte bisognose di conversione.
Ma per poter davvero comprendere la portata profetica del suo pensiero, soprattutto in riferimento alla Chiesa “in uscita”, è fondamentale la lettura dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Si tratta del testo programmatico del suo pontificato; documento di oltre 220 pagine, diviso in 5 capitoli e 288 paragrafi. Con linguaggio diretto, dalla forte valenza pastorale, il papa ha offerto ai credenti una straordinaria riflessione sul tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo. Leggendo questo documento si evince che la sua elezione alla Sede di Roma, è stata davvero espressione di una restituzione della fede dalla “fine del mondo”, dalla periferia oltreoceano del “Nuovo Mondo”, per ridare impulso laddove il progresso non è sempre coinciso con le istanze umane e spirituali.
Ecco che allora la missione, secondo Papa Bergoglio, non può essere percepita come una realtà a sé stante, rispetto alle attività pastorali delle Chiese particolari, ma piuttosto come un elemento imprescindibile per dirsi davvero cristiani. Se la dimensione religiosa è stata spesso percepita nella nostra società globalizzata come un qualcosa di accessorio è perché non si è compreso che la missione non può rimanere confinata all’interno della nostra città, ma abbraccia il mondo intero. Ma la realizzazione di questo indirizzo sarà possibile, nella misura in cui, come chiede Papa Francesco, sapremo esporci ai lontani, ai poveri, a coloro che sopravvivono nei bassifondi della storia, promuovendo una relazione di vita da cui far scaturire la bellezza dell’essere cristiani.
Editoriale di padre Giulio Albanese uscito su Roma Sette