«Dobbiamo rinsaldare quel legame tra la Chiesa Madre, che è Gerusalemme, e la Chiesa Capo, quella di Roma. Il Covid ci ha separato: non solo le famiglie, ma anche le Chiese, eppure noi vogliamo superare questa separazione e tornare alla comunione originaria». Con poche parole il cardinale Enrico Feroci, parroco di Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva e rettore del Seminario della Madonna del Divino Amore, condensa il senso del pellegrinaggio in Terra Santa organizzato dall’Opera romana pellegrinaggi dal 5 al 9 luglio. In Israele, lunedì pomeriggio, a bordo di un aereo della El Al, sono arrivate diciotto persone tra pellegrini, guide e operatori della comunicazione: «I primi pellegrini italiani dopo sedici mesi», come ha sottolineato anche don Filippo Morlacchi, sacerdote fidei donum della diocesi di Roma che da quasi tre anni risiede a Betlemme.
Gli ultimi due li ha passati a Casa Filia Sion, struttura della diocesi nel cuore della città vecchia, a trenta metri dalla Porta di Damasco, nata per ospitare sacerdoti, laici e religiosi ma che di fatto, a causa dell’emergenza sanitaria, non ha potuto ancora accogliere molte persone. Il pellegrinaggio del gruppo romano è iniziato proprio dalla cappellina di Filia Sion, dove viene celebrata la prima Messa, il lunedì sera, con benedizione dell’altare. Sotto il piano marmoreo erano già collocate le reliquie di quattro luoghi santi – Natività, Cenacolo, Getsemani e Calvario –, mentre durante la celebrazione è stata posta l’ultima, quella del Santo Sepolcro. «Questa struttura è un ponte tra Roma e Gerusalemme, ed è un sogno che avevamo da quindici anni – dice don Morlacchi –. Non è un albergo ma una casa dove appunto si vive insieme, e ciascuno mantiene ampi spazi di libertà. L’idea è che chi viene qui si senta a casa sua».
In questi giorni non mancano le visite ai luoghi più cari ai fedeli cristiani, come la chiesa della Natività o il Santo Sepolcro, la Sinagoga Hurva e la Spianata delle Moschee. A Betlemme, il gruppo ha visitato il “Piccirillo Handicraft Centre” con padre Ibrahim Faltas, dove persone con disabilità realizzano manufatti in legno di ulivo, madreperla e ceramica. Tra gli incontri più significativi, quello con Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini: «Gerusalemme ha bisogno di Pietro ma anche Pietro ha bisogno di Gerusalemme – ha detto –. Roma è il cuore del cattolicesimo, mentre Gerusalemme è il cuore del cristianesimo. Dobbiamo prendere sempre maggiore coscienza del legame con Gerusalemme, una Chiesa delle origini, delle radici, che custodisce, con tanti limiti e con tante ferite, il legame con tutte le Chiese del mondo e con la fede cristiana in generale».