La chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma è nota per la splendida opera dello scultore Gian Lorenzo Bernini, l’estasi di Santa Teresa, realizzata nel 1625. La chiesa, appartenente ai carmelitani e dedicata in origine a san Paolo apostolo, ricevette il titolo di “Santa Maria della Vittoria”, in seguito alla presenza dell’icona miracolosa che salvò la città di Praga dall’assalto delle truppe luterane l’8 novembre 1622. Si tratta della cosiddetta battaglia della Montagna Bianca. Il principe Federico di Sassonia, a capo dell’esercito luterano, aveva sferrato l’attacco decisivo per conquistare la città. L’esercito imperiale, sotto la guida di Massimiliano di Baviera, era allo stremo. Il cappellano militare, Domenico di Gesù e Maria, carmelitano scalzo, aveva trovato nel castello di Strakonitz un’immagine della natività con evidenti segni di sfregio: gli occhi di San Giuseppe, di Maria e dei pastori erano stati accecati, solo gli occhi del Bambino Gesù furono lasciati integri. Il carmelitano diede la carica contro l’esercito nemico, egli portava legata al collo l’immagine sfregiata. Si videro dei raggi di luce fuoriuscire dall’icona che accecarono i nemici, costringendoli alla fuga. L’immagine miracolosa fu portata in trionfo a Roma e riposta nello splendido altare dell’abside di Santa Maria della Vittoria.
Un incendio nel 1883, purtroppo, distrusse l’altare con l’icona miracolosa; il principe Alessandro Torlonia, allora, volle finanziare la ricostruzione dell’abside e sull’altare maggiore, incorniciata da una splendida raggiera, venne posta una copia del 1600, che riproduceva l’icona miracolosa.
Ai lati del transetto si aprono due cappelle: la Cappella Cornaro e la Cappella Capocaccia, rispettivamente, con l’estasi di santa Teresa del Bernini e con il sogno di san Giuseppe dell’artista carrarese, Domenico Guidi. Bernini nello scolpire l’opera, si è ispirato alla biografia della santa, che descrive un piccolo angelo ardente di luce, nell’atto di trafiggerle il cuore più volte con un dardo, mentre lei geme più che per il dolore, per il desiderio dell’amor di Dio che ricolma la sua anima. Nella parte alta della cappella, due angeli portano un cartiglio con su scritte le parole che Gesù dice a Santa Teresa: “Se non avessi creato il cielo, lo creerei solo per te”.
Nella cappella di fronte, si staglia il gruppo marmoreo realizzato dal Guidi: un Angelo dialoga con il patriarca san Giuseppe, profondamente addormentato. Vediamo l’angelo, che con fare deciso impartisce il comando allo Sposo di Maria: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto…” (Mt 2,13-14). La relazione tra la cappella Cornaro e la cappella Capocaccia è data proprio dalla profonda devozione che Teresa d’Avila aveva per san Giuseppe. Santa Teresa lo considerava Padre, Avvocato, Protettore e Maestro.
Nella volta della navata centrale campeggia lo splendido affresco del perugino Giovan Domenico Cerrini (1609-1681), allievo del Sassoferrato. In una splendida cornice dorata sostenuta da angeli in volo, l’affresco del Cerrini presenta il trionfo di Maria tra i cori angelici e la terribile battaglia di san Michele arcangelo con i suoi angeli, che scacciano gli eretici e i loro libri nell’Inferno.
La chiesa di Santa Maria della Vittoria è uno scrigno prezioso di storia, arte e fede nella Vergine Maria, nel cui nome è possibile vincere tutte le eresie. Maria ha generato la Verità, l’ha portata nel suo grembo, donando il suo sangue e il nutrimento alla Verità incarnata. San Giuseppe ha custodito il Verbo incarnato e Colei che Lo ha generato. Maria e Giuseppe hanno saputo custodire la Verità perché profondamente radicati in una vita di purezza. I santi carmelitani, a cui le varie cappelle di santa Maria della Vittoria sono dedicate, hanno saputo vivere all’insegna della purezza, e questo, ha garantito loro di essere testimoni luminosi della Verità e fulgidi esempi per la nostra vita.
a cura delle Missionarie della Divina Rivelazione
18 maggio 2020