Caritas, la lettera di don Ambarus ai volontari

Carissimi, spero che questa mia lettera trovi ciascuno di voi in salute e pace a vivere uno spazio di riposo e di rigenerazione interiore. Vi scrivo per condividere con voi alcuni pensieri che mi accompagnano da alcune settimane.

Per prima cosa, vorrei rivolgere a ciascuno un sentito ringraziamento per quanto fate, giorno dopo giorno, dando concretezza al desiderio di trasformazione del mondo, rendendolo più umano. Questa vostra azione, ne sono convinto, non si svolge soltanto nelle nostre Opere Segno, di qualsiasi tipo esse siano, ma in ogni settore della nostra società. Il volontariato infatti non ha bisogno di un luogo per essere vissuto; un simile atteggiamento, lo sappiamo tutti, sarebbe soltanto un frazionamento ed un conseguente impoverimento della vostra azione quotidiana.

Chi è il volontario Caritas? Colui che vede la realtà della società, si lascia ferire dalle vulnerabilità e povertà, e la affianca rimboccandosi le maniche convinto di poter fare la propria parte. Noi possiamo intervenire perché per primi sappiamo cosa significhi non essere autosufficienti o ricevere un sostegno. Abbiamo fatto esperienza di essere dei “guaritori feriti”, per usare l’immagine di un grande saggio della vita spirituale.

Ora, nei mesi scorsi, la pandemia sanitaria ha costretto molti di voi a ridurre le possibilità di intervento concreto nella nostra realtà; costretti a rimanere dentro casa, o per motivi di età o per tutelare i più fragili tra i nostri familiari ed amici. Altri, invece, si sono ritrovati con tempo ed energie a disposizione che hanno subito messo a frutto. I volontari “della prima ora e dell’ultima ora”. A ciascuno di voi va la nostra riconoscenza, soprattutto a nome dei più piccoli che insieme abbiamo servito e aiutato.

Se dovessi fare un piccolo riassunto dei mesi scorsi, sono stati di una intensità e fecondità straordinaria. Oltre all’aiuto materiale che abbiamo dato alle tante persone che hanno bussato ai presidi della Caritas diocesana e a quelli parrocchiali, abbiamo messo in campo azioni e misure senza precedenti. Queste azioni spaziano dall’iniziativa del percorso di formazione sui diritti, con la logica del non vogliamo dare per elemosina ciò che è dovuto per diritto, con il conseguente Manuale Operativo dei diritti; all’istituzione -da parte del Santo Padre- del Fondo Gesù Divino Lavoratore, con la conseguente Alleanza per Roma. Molte altre iniziative, di cui spero poter parlare insieme a voi al più presto, potremmo portare avanti.

Il periodo appena passato ci aveva lentamente aperto le prospettive per un ritorno alla normalità… Le statistiche ed i numeri dei contagi di questi giorni, invece, ci portano a ridimensionare le speranze di normalità. Tuttavia, vorrei dirvi questo: il tempo sospeso, la normalità provvisoria che stiamo vivendo, proviamo a viverlo con un atteggiamento di opportunità.

Lo dico perché vorrei invitarvi a vivere insieme il passaggio dal probabile al possibile. Il periodo che ci sta davanti è certamente nelle mani di Dio, in quanto Signore della storia umana e del Regno, ma non è un periodo sospeso, di cristallizzazione, bensì di dinamicità e di nuove opportunità. Per questo, sono contento di potervi dire che nel prossimo periodo ci piacerebbe potervi incontrare, ascoltare e confrontare su questo nostro tempo e sulla nostra azione di servizio.

È probabile che il prossimo futuro sarà duro, soprattutto per quanto riguarda le fasce più deboli. Possiamo prevedere che aumenteranno le disuguaglianze, le povertà e le marginalità, ma il nostro cuore dovrà cercare di rafforzare i ponti di solidarietà. La dimensione del servizio del volontario è duplice: azione e pensiero. Siamo cultori di azioni, diamo l’esempio e contributo concreto, ma allo stesso tempo non smettiamo di sognare come dovrebbe essere la nostra società, cosa bisognerebbe mettere in atto per cambiare le cose. Curiamo le ferite sociali ma nello stesso tempo portiamo avanti prevenzione sociale; potiamo le disuguaglianze ma nello stesso tempo non rinunciamo a trovarne le radici ed eliminare le cause.

Ci siamo ulteriormente resi conto, nel periodo recente, che la nostra seconda ricchezza nel servire gli ultimi di questa città, siete voi. Immediatamente prima vengono i poveri, perché sono loro che ci richiamano ad un indubbio realismo, alla comprensione autentica della vita e di ciò che veramente in essa conta. Sono il volto concreto del Signore. Sono i poveri che ci possono aiutare a trovare la bussola giusta delle nostre azioni, dei nostri pensieri, delle politiche attraverso le quali costruire la nostra società.

Mi permetto quindi di chiedervi di serrare insieme i ranghi, quell’alleanza tra noi che, come un solo Popolo, favorisce un’azione di trasformazione del mondo sempre più in Regno di Dio.

Vi saluto con riconoscenza ed affetto,
don Benoni Ambarus

3 settembre 2020