«La vera felicità non si identifica con la realizzazione di sé»

La santità è «una chiamata rivolta a tutti», ma per accoglierla bisogna entrare in relazione d’amore con il Padre e «affermare che Colui che chiama è Colui che dona». Il terzo incontro del ciclo “Guadete et exsultate”, guidato dal cardinale vicario Angelo De Donatis e da monsignor Marco Frisina, ha approfondito tre delle otto beatitudini del Vangelo di Matteo. Beati i poveri, gli afflitti e i puri sono i primi tre pioli – ha spiegato il porporato nella basilica di San Giovanni– da salire sulla scala che conduce alla felicità.

Si tratta di una felicità, però, che il mondo definisce «paradossale» perché «non si identifica immediatamente con la realizzazione di sé, con il successo nella propria esistenza, con il soddisfacimento di tutti i propri desideri», ma matura nel tempo in una relazione di fiducia e abbandono.

Per il rettore della basilica di Santa Cecilia a Trastevere monsignor Marco Frisina, san Francesco d’Assisi «ha incarnato le beatitudini in maniera piena e straordinaria». Il sacerdote ha raccontato episodi importanti della vita del santo. Nato in una famiglia borghese desiderava diventare cavaliere ma soprattutto «cercava sempre la felicità». Il poverello d’Assisi ha attuato «la rivoluzione di chi non polemizza ma ama» ha aggiunto Frisina, tanto da «aver bruciato la sua vita amando e gioendo. In questo mondo imbarbarito bisognerebbe tornare ad avere la semplicità di Francesco».

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11 dicembre 2018