«Liturgia da promuovere e custodire»

Tavola rotonda sul tema, La Riforma Liturgica nella Diocesi di Roma. Roma, Pontificio Istituto Liturgico, 31 maggio 2018. S.E. Mons. Angelo De Donatis, Vicario del Santo Padre per la Diocesi di Roma

Pubblichiamo l’intervento del vicario Angelo De Donatis al convegno “La riforma liturgica nella dicoesi di Roma”, promosso dall’Ufficio liturgico diocesano, dal Centro liturgico vincenziano e dal Pontificio Istituto Liturgico, che si è tenuto nella sede di quest’ultimo giovedì 31 maggio.

Desidero avviare questo nostro dialogo – una conversazione semplice, familiare – proprio a partire dal titolo. «Promuovere e custodire la liturgia» è una frase tratta dal discorso che papa Francesco ha ri-volto ai partecipanti al convegno promosso dal Centro di Azione liturgica il 24 agosto 2017. Il papa disse: «I vescovi sono chiamati a promuovere e custodire la liturgia». E io ho aggiunto a quella frase la parola “oggi”, perché vorrei soffermarmi sul modo in cui possiamo promuovere e custodire la li-turgia oggi nella chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco.

Il santo padre, parlando della riforma liturgica (nel suo discorso del 24 agosto 2017) ha detto: «Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte, quanto di conoscerne meglio le ragioni sottese, anche tramite la documentazione storica, come di interiorizzare i principi ispiratori». È questa la pro-spettiva di fondo su cui si muove lo studio che P. Giuseppe ha pubblicato. Il suo volume ha un obiettivo pastorale, come ha scritto nell’introduzione; presenta sì la storia della riforma liturgica a Roma, ma per individuare le strade attraverso cui attuare oggi gli obiettivi del Concilio. E il mio in-tervento questa sera va proprio in quella direzione indicata dal papa: promuovere e custodire oggi la liturgia nella Chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco, per continuare ciò che è sta-to avviato con la riforma conciliare.

Entro così nel vivo della mia riflessione. In questi giorni – dopo l’incontro del santo Padre con la Diocesi, il 14 maggio, nella basilica lateranense – ho riletto il suo discorso in un contesto di medita-zione e di preghiera. Ne ho passato in rassegna i contenuti, per accogliere le linee pastorali che il pa-pa ci ha proposto. Mentre mi preparavo a questo incontro con voi mi sono tornate alla mente quelle linee guida, che il nostro Vescovo ha tracciato per Roma e mi piacerebbe dedurne ora alcune appli-cazioni all’ambito della vita liturgica della Diocesi.

Desidero avviare il mio discorso prendendo spunto dall’obiettivo che il papa ci ha indicato per il prossimo anno. Egli ci ha detto a san Giovanni: «Occorrerà che le nostre comunità diventino capaci di generare un popolo» per essere e diventare sempre più «una Chiesa con popolo, non una Chiesa senza popolo». Ogni volta che preghiamo la seconda preghiera eucaristica lo chiediamo al Padre: «Per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo». Lo Spirito ci rende una cosa sola, un solo popolo, un solo corpo, che celebra, che canta le lodi di Dio.
Alla luce della raccomandazione del papa, ecco l’obiettivo: «la liturgia della Diocesi di Roma sia sempre più una esperienza di popolo». Nella verifica abbiamo constatato che talvolta nelle parrocchie ci sono piccoli conflitti, qualche tensione, qualche divisione. Le persone si conoscono poco. La liturgia ci può aiutare a riscoprire la nostra dimensione di popolo, a crescere nella comunione.

Del resto, lo sappiamo, anche il nostro modo di celebrare la liturgia non è immune dalle malattie spi-rituali (che sono state oggetto di riflessione nelle parrocchie durante questo anno pastorale). Corria-mo il rischio di ridurre la liturgia a un’esperienza umana, all’opera di vescovi, di preti, di laici forma-ti, una liturgia di “esperti”, di “laici preparati”, mentre chi non è un frequentatore abituale, non ha un servizio, un incarico, un compito, rischia di sentirsi a margine. C’è il pericolo che la liturgia sia “un’esperienza per noi”, in cui noi facciamo per noi stessi, secondo il nostro gusto, il nostro piaci-mento. È vero che la liturgia richiede competenze, ma i veri esperti della liturgia sono solo gli esperti di preghiera. Se uno vuol valutare quanto sa di liturgia deve chiedersi quanto prega. Quanto tempo trascorre in preghiera. Solo quando abbiamo incontrato Cristo e trascorso tempo con lui siamo in grado di accompagnare gli altri lungo la via che conduce a una confidenza con il Signore, a quello «stare con Lui», di cui ci parlano spesso i grandi santi. Altrimenti la liturgia si riduce a un «fare ri-tuale», a un compiere bei gesti, pronunciare belle parole, ma questo è ben altro dalla preghiera del popolo di Dio, che si rivolge al suo Signore. Certo, è necessario conoscere bene il valore e il senso di ciò che si compie, conoscerne il significato teologico, anche storico, ma tutto questo non basta per celebrare bene. È solo l’inizio; serve un quotidiano stare con il Maestro, imparare da Lui, dialogare con Lui. Allora la liturgia diventa davvero la voce della Chiesa-sposa, che parla al Cristo-sposo.

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1 giugno 2018