Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata da monsignor Baldassare Reina, vicario generale della diocesi di Roma, nella Messa con le ordinazioni diaconali che si è celebrata questa mattina, sabato 19 ottobre.
“Non hanno vino!” La Madre si accorge che alla festa di nozze manca la bevanda che serve per creare il clima di festa e si rivolge al Figlio, all’Agnello del nostro riscatto, alla fonte della Vita. “Non hanno vino”; è il grido di dolore che oggi si innalza al Padre da tante parti del mondo. Manca la pace, manca la serenità, manca l’armonia tra i popoli, manca la gioia. L’episodio delle nozze di Cana va ben oltre il racconto di un fatto avvenuto durante la vita terrena di Gesù.
Con la sua carica simbolica esso permette di entrare già nel banchetto definitivo, in quella festa che non ha fine perché lo Sposo, donando la vita si unisce per sempre alla Sposa, a noi sua Chiesa. Nell’episodio hanno un ruolo fondamentale i servi; essi dapprima obbediscono alla Madre che chiede loro di fare qualsiasi cosa il Figlio avesse chiesto e poi stanno a tutte le indicazioni che Gesù dà.
Con il cuore colmo di gioia oggi accogliamo i dodici fratelli che sono stati appena presentati e con l’imposizione delle mani e il dono dello Spirito li renderemo partecipi del sacramento dell’ordine in quella prima e fondamentale dimensione che è il diaconato.
I servi che abbiamo incontrato nel Vangelo ci aiutano a capire chi sono realmente i diaconi e qual è la loro missione nella Chiesa. Prendo in prestito i due movimenti attribuiti ai servi nel brano di Giovanni per dire qualcosa di questo straordinario regalo che il Signore oggi sta facendo a tutta la Chiesa.
Il primo movimento è quello che li rende partecipi della preoccupazione della Madre. I servi non si sono accorti che è venuto a mancare il vino ma appena Maria nota il fatto essi sono immediatamente coinvolti. Il servo innanzitutto non è colui che obbedisce ma è colui che si lascia coinvolgere dalla cura della Madre. Prima che a servire è chiamato ad avere compassione, ad entrare in sintonia con il cuore di chi osserva per amore. Il servizio è efficace nella misura in cui non solo si sa cosa fare ma si capisce perché farlo. Maria si accorge. Alza lo sguardo. Mentre tutti schiamazzano capisce che la festa si sta spegnendo e da lì a poco nessuno più gioirà. Maria, la serva del Signore, è preoccupata perché i figli vivano in profondità la gioia. La prima spinta che anima il servizio diaconale è quella che va da Dio all’uomo. Il racconto della vocazione di Geremia nella prima lettura ci aiuta ad entrare meglio in questa fondamentale dimensione. Il giovane profeta si sente raggiunto da Dio e avverte un senso di paura; si ritiene inadeguato. Il Signore lo rassicura: “Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò; non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti”. È Dio che sceglie, è Dio che manda, è Dio che mette in bocca la parola che il profeta dovrà pronunciare. L’unica azione che deve compiere il servo è quella di stare in Dio, di sentirsi totalmente preso da Lui e inviato per la missione pensata dal Padre e realizzata per mezzo del Figlio: fare in modo che tutti gli uomini siano salvati. La Chiesa è il luogo del servizio al quale sentiamo di essere stati chiamati e la coerenza anche faticosa e difficile che ci impegna è la possibilità di amore che riserviamo a Dio attraverso la sua Chiesa. Amiamo la Chiesa perché amiamo Dio; amiamo la Chiesa perché amiamo il suo popolo che tentiamo di guidare sempre a Lui. Solo in questa logica d’amore si comprendono gli impegni di povertà, castità e obbedienza che oggi assumente solennemente e che esprimono la vostra piena appartenenza allo Sposo.
Abbiamo bisogno di diaconi che facciano molte cose? No. Piuttosto abbiamo bisogno di diaconi che, come Maria, si accorgano del vino che manca. Per questo motivo sui diaconi invocheremo il dono dello Spirito. Cioè chiederemo che siano resi pienamente partecipi del dono d’amore del Padre e del Figlio. Siano impastati d’amore; anzi, dello stesso amore divino. Consacrati con il dono dello Spirito saranno capaci di sedersi alla mensa della storia con occhi nuovi; guarderanno gli eventi del nostro tempo con sapienza e intelligenza per cogliere ciò che oggi mortifica la vita. Serve che il grido della Madre diventi oggi il grido dei servi: “Non hanno vino!” Gridiamolo nella preghiera che i nostri giovani, le nostre famiglie, la nostra società non ha più il vino della vera gioia. Si continua a pensare che senza Dio e in nome di una libertà senza confini si possa costruire il vero benessere. E invece constatiamo ogni giorno il fallimento, la morte, uno smarrimento che genera confusione e una perdita di senso che davvero ci preoccupano. La diaconia che oggi il Signore vi chiama a vivere è la diaconia della verità annunciata e testimoniata.
Il secondo movimento è quello che realizzano i servi volgendosi verso Gesù il quale li invita prima a riempire d’acqua le giare e poi a portarne il contenuto a colui che dirige il banchetto. I servi che prima erano stati coinvolti dalla Madre adesso si lasciano pienamente plasmare dal Figlio. Chissà quante volte si erano trovati a maneggiare quei contenitori, mettendo dell’acqua e versandola ai commensali. Adesso è tutto nuovo. Hanno occhi nuovi, hanno un cuore nuovo. La loro vita è stata cambiata dall’interno. Hanno mantenuto la loro identità ma è stata trasformata la loro storia. Non più semplici esecutori ma collaboratori della gioia (2 Cor 1,24), complici della felicità, coprotagonisti della festa. Il Vangelo non racconta come avvenga il segno dell’acqua che si trasforma in vino; il tutto accade mentre i servi hanno in mano le anfore. Mi piace pensare che mentre la loro vita si trasforma quell’acqua si muta in vino. Se ci pensate – e lo dico in particolare a noi persone consacrate – è quando abbiamo permesso a Dio di cambiare la nostra vita che qualcosa attorno a noi è cambiato davvero. È sempre vero che è Dio che realizza l’opera ma è anche vero che se noi non collaboriamo lasciandoci rinnovare da Dio nulla è davvero nuovo. Riempiono le anfore, le portano a tavola, iniziano a servire e mentre fanno tutto ciò accade il segno. O forse sarebbe meglio dire che tutto ciò è il segno. Vite trasformate, vite riempite di Dio, vite che si fanno occasione di gioia per tutti.
Comprendiamo così il messaggio di San Paolo nella II lettura: “Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio e non viene da noi”. Ancora altri vasi. Ancora un riferimento alla nostra vita. Vasi vuoti quelli del Vangelo e riempiti da un Amore che non smetteremo mai di contemplare. Vasi fragili, quelli di cui parla l’apostolo, perché si veda chiaramente che non ci sono meriti per cui vantarsi ma solo una grazia da accogliere e che, paradossalmente, è ancor più evidente quanto maggiore è la nostra fragilità.
Carissimi figli, per il fatto che Dio vi ha scelti chiamandovi al sacramento dell’ordine, non siete migliori di altri e non avete più meriti di altri. Siete, siamo tutti vasi di argilla. Si vedono tutte le lesioni causate dalla nostra natura umana e dal limite che ci accompagna. E si continueranno a vedere quando sperimenterete i primi fallimenti, quando vi sentire frustrati perché i giovani di cui vi siete presi cura non accetteranno più le vostre proposte, quando vi ritroverete a fare i conti con una solitudine che morde o quando penserete di non essere valorizzati pienamente. Il ministero che oggi accogliete non è sinonimo di successo ma porta il marchio del vaso d’argilla. Ricordatevene. Il vostro nome è “vaso d’argilla”. Ma la buona notizia è che questo piccolo e fragile vaso da oggi e per sempre è riempito dell’amore di Dio. Non concentratevi mai sul vaso, Pensate solo a ciò che c’è dentro. Tuffatevi in quel contenuto di grazia, l’unico che davvero potrà rendervi felici. Immergete nella preghiera ogni vostra azione affiché si capisca che tutto proviene da Dio e tutto è fatto per Dio. E poi lasciatevi sospingere da Dio, non mettete confini alla Sua fantasia d’amore; lasciatevi trasportare da Lui, dove Lui desidera e non dove voi avevate pensato. Aprite strade nuove, osate. Anche con la pastorale. Osate! Questi tempi nuovi e difficili richiedono ministri coraggiosi, diaconi intraprendenti che anche nel deserto aprono strade che nessuno vede.
Questa Chiesa nella quale oggi ufficialmente vi incardinate – cioè ci buttate il cuore dentro – amatela, amatela profondamente, servitela con gioia, animatela con intelligenza.
Vi aiuti e vi accompagni la Vergine Santissima, la serva fedele, Colei che dopo aver pronunciato l’eccomi non si è mai scoraggiata davanti a nessuna difficoltà perché ha compreso che Colui che l’ha chiamata era fedele e attraverso la sua umile esistenza voleva scrivere pagine di eternità. Lo stesso vuole fare Dio con ognuno di voi. Auguri e buon ministero.
19 ottobre 2024