Cosa conservare di questo periodo di chiusure forzate, cosa lasciare e a cosa dare inizio. Sono stati questi i temi principali toccati dal cardinale vicario Angelo De Donatis questa mattina (lunedì 8 giugno), durante il Consiglio dei prefetti. La riunione è iniziata come sempre con la preghiera dell’ora media e si è svolta nella Sala degli Imperatori del Palazzo Apostolico Lateranense; quindi il cardinale ha tenuto la sua relazione davanti al Consiglio episcopale, al Consiglio dei prefetti e ai direttori degli Uffici del Vicariato. Sono poi seguiti sedici interventi di altrettanti sacerdoti e si è conclusa con la preghiera dell’Angelus.
«Non mettiamo da parte l’impegno dell’entrare in relazione con tutti e dell’ascolto contemplativo – ha detto il vicario –, che, come sappiamo, è al centro del cammino diocesano anche del prossimo anno pastorale, 2020-2021. Dalla pandemia del Coronavirus quell’impegno ne esce rafforzato, non indebolito. Tuttavia cerchiamo di interpretare quello che stiamo vivendo e verifichiamo a quali scelte il Signore ci vuole portare, perché a nessuno sfugge che lo Spirito ci ha consegnato un kairòs, un momento opportuno. Come ho scritto nella lettera e nella scheda che ho inviato alle comunità: ci aspetta una nuova partenza, come Noè e la sua famiglia, come gli Israeliti e le loro famiglie, una ripartenza che è un passaggio battesimale, dove qualcosa viene lasciato perché qualcos’altro possa rinascere».
Dopo aver ribadito la necessità di «superare la logica dei piani pastorali e dei convegni» e di farsi invece guidare semplicemente dallo Spirito Santo, «la sorgente e il segreto motore dell’evangelizzazione», il cardinale ha citato diversi messaggi di Papa Francesco, proponendone alcuni brani. «La pandemia – ha riflettuto il porporato – ha avuto l’effetto di disarcionare un cavallo in corsa. Ci ha riportati a noi stessi nella misura in cui ci ha spogliati e consegnati nudi al Signore. E lì, davanti a Lui, fuoco ardente, abbiamo ricompreso cosa significhi che è lo Spirito Santo il soggetto della missione».
«Sono convinto – ha detto ancora – che dobbiamo lasciare una volta per tutte la tentazione di ricorrere al respiratore artificiale invece di confidare nel respiro dello Spirito. Intendo dire che dobbiamo smettere di cercare soluzioni illusorie al problema della trasmissione della fede. Non serve organizzare gli intrattenimenti per portare le persone in chiesa o moltiplicare i servizi per accattivarsi la benevolenza del quartiere, né hanno mai aiutato la causa del Vangelo le battaglie ideologiche o l’acritica conservazione dell’esistente. Occuparsi di pastorale dei bambini e degli anziani è importante, ma non si può non affrontare la fatica del ripensamento dell’evangelizzazione degli adulti e dei giovani. È lo Spirito che suscita quella fede operante nella carità che solo affascina e attira al Signore, per questo il nostro compito e l’unico veramente necessario è presentare al “vivo” il Cristo crocifisso e risorto».
Ancora, il vicario ha invitato ad abbandonare «la paura di buttarci, di incontrare gli altri, di ascoltare, di dialogare, di annunciare il Vangelo nelle situazioni di vita più diverse», consapevoli che «lo Spirito agisce nel mondo, prima di noi e spesso meglio di noi». Ha esortato infine a mettere da parte «ogni accidia e ogni resistenza, per avventurarci nella fatica del discernere, dello scegliere insieme, del collaborare per realizzare cose nuove con coraggio».
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