Domenica 4 marzo, in occasione del ritiro quaresimale della nostra comunità del diaconato permanente, si è tenuto un incontro dal titolo “La sofferenza economica mondiale: fatica delle famiglie e politiche in favore del lavoro”.
La relatrice scelta per l’occasione è suor Alessandra Smerilli f.m.a., segretario del Comitato Scientifico delle Settimane Sociali dei cattolici italiani e docente di materie economiche presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» e presso la Lumsa.
Viviamo in un’epoca di cambiamenti repentini e radicali e questo spesso ci spaventa, ma di questa situazione, non solo italiana, ma globale, dobbiamo prendere atto con grande serenità, nella consapevolezza che le opportunità non sono inferiori ai problemi.
Le diseguaglianze fra poveri e ricchi aumentano non solamente tra i paesi, ma anche al loro stesso interno; i maggiori studi in materia concordano nel ritenere che un gran numero di lavoratori sarà sostituito negli anni a venire da macchine o robot. In Italia la disoccupazione resta alta e si nota una difficoltà nel collegare formazione e lavoro. Intollerabili restano ancora le differenze in termini di trattamento tra lavoratori uomini e lavoratrici donne, spesso frutto di semplici pregiudizi culturali, anche se fa ben sperare il cambio di mentalità presso le nuove generazioni.
La Chiesa su questi temi ha molto da dire e con un pizzico di orgoglio possiamo dire che si trova addirittura in prima fila. Non è un caso che in Italia i dati più accurati sulle povertà sono quelli forniti dalle Caritas, mentre il dialogo con le istituzioni fa registrare -in questo periodo di “vuoto di contenuti”- risultati sorprendenti: con giusta soddisfazione suor Alessandra Smerilli ci ha raccontato della sua nomina in qualità di “esperto” per il Consiglio Nazionale del Terzo settore voluto dal ministro Poletti.
Un tema caro alla relatrice è quello della errata percezione sociale del merito. Quello che noi chiamiamo meritocrazia è in verità un’arma a doppio taglio. Il merito può infatti aumentare le diseguaglianze, soprattutto se premia la sola produttività o talenti ricevuti in dono e non conquistati. Occorre, insomma, cambiare questa “ideologia globale” del merito e della produttività a favore di nuovi modelli di lavoro, quali ad esempio quello proposto dalla filosofa canadese Jennifer Nedelsky sintetizzabile nel motto visionario “lavoro part time per tutti, attività di cura per tutti”. Cura e lavoro. Da una parte il lavoro retribuito e dall’altra tutte quelle attività di cura, oggi ritenute a torto “inferiori”, che vanno dai semplici lavori domestici fino a quelli in favore della collettività. Su cura e lavoro la percezione sociale deve infatti cambiare; il lavoro e la produttività non debbono e non possono schiacciare la cura.