Don Andrea Sidoti ordinato sacerdote della Fraternità di San Carlo Borromeo

«La prima volta che partecipai ad una vacanza di Gioventù studentesca, ci andai solo perché non avevo programmi migliori. Arrivato al luogo dell’appuntamento da dove sarebbero partiti i pullman, ero demoralizzato all’idea di non conoscere nessuno. Mi dicevo che probabilmente avrei dovuto fare il viaggio da solo. Ma subito mi si fece incontro un ragazzo, dicendomi: “Tu sei Andrea, giusto? Il fratello di Caterina… Ti va se facciamo il viaggio insieme?”». Don Andrea Sidoti racconta così la storia della sua vocazione. Un cammino iniziato con un viaggio in pullman tanti anni fa che lo ha portato prima al Centro di via delle Sette Sale e all’incontro con don Sergio Ghio; infine alla chiesa dei Sacri Cuori di Gesù e Maria dove, lunedì 29 giugno, il vescovo di Porto – Santa Rufina monsignor Gino Reali lo ha ordinato sacerdote della Fraternità di San Carlo Borromeo. Nella stessa celebrazione sono stati ordinati diaconi Francesco Babbi, Tommaso Badiani, Stefano Peruzzo, Simone Valentini.

Romano, classe 1988, Andrea è segretario della Fraternità San Carlo. È cresciuto in una famiglia cristiana: la sorella maggiore, Caterina, è sposata e madre di tre figli; la minore, Benedetta, ha preso il nome di suor Agata e sta facendo il noviziato al monastero delle Trappiste di Vitorchiano. I genitori, Vito e Rita, si sono conosciuti all’interno del movimento di Comunione e liberazione. «È stato come se veramente mi avessero consegnato al Signore – dice don Andrea a proposito dei genitori –, da una parte attraverso i sacramenti e dall’altra facendomi conoscere il movimento. La mia storia è una storia che Dio ha voluto iniziare tanti anni fa, facendomi nascere in una famiglia cristiana».

Sorride papà Vito, autore Rai. «Come genitori sentiamo la sproporzione di tanta bellezza che è accaduta nella nostra famiglia… Sentiamo di non aver fatto nulla di particolare perché accadesse questo. Abbiamo vissuto la nostra fede con semplicità e naturalezza, ed evidentemente i nostri figli hanno visto che era una cosa buona anche per loro. Noi li abbiamo aiutati, tenuti per mano sperando che nella loro vita accadesse quello che è accaduto nella nostra: cioè ci fosse l’incontro con una presenza vita, l’incontro con Cristo. Ma non si può scegliere una strada così definitiva e controcorrente – conclude – solo perché si è stati educati in un certo ambiente».

«Se riguardo la mia storia – riflette ancora don Andrea –, non posso che riconoscere con gratitudine la mano di Dio che ha tessuto e intrecciato tanti fili, preparando trame che poco a poco si svelano davanti ai miei occhi. Ancora non riesco a vedere tutto, ci sono intrecci che non capisco, che non so che disegno formeranno. Ma sono certo che colui che ha in mano il disegno è affidabile, per questo desidero rispondere: “Eccomi”».

3 luglio 2020