Francesco: «Fare Sinodo significa camminare insieme»

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da Romasette.it

Incontrare, ascoltare, discernere. Sono i tre verbi che in qualche modo rappresentano altrettante “chiavi” consegnate da Papa Francesco per aprire il cammino sinodale. La XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” è iniziata con la celebrazione eucaristica durante la quale il Santo Padre, commentando il Vangelo della domenica che racconta l’incontro tra il giovane ricco e Gesù, ha sviluppato la sua riflessione su questi tre verbi.

«Aprendo questo percorso sinodale – ha detto Francesco – iniziamo con il chiederci tutti, Papa, vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, sorelle e fratelli laici: noi, comunità cristiana, incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? Siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del “non serve” o del “si è sempre fatto così”? Fare Sinodo significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme. Guardiamo a Gesù che, come con il giovane ricco, è disponibile all’incontro». Questo è il primo passo: «Gesù non andava di fretta, non guardava l’orologio per finire presto l’incontro. Era sempre al servizio della persona che incontrava, per ascoltarla. Anche noi, che iniziamo questo cammino, siamo chiamati a diventare esperti nell’arte dell’incontro». Per fare questo, ha sottolineato il Papa, è necessario prima di tutto incontrare il Signore. Dove? Nell’adorazione, «questa preghiera che noi trascuriamo tanto: adorare, dare spazio all’adorazione, a quello che lo Spirito vuole dire alla Chiesa».  Poi, «per rivolgersi al volto e alla parola dell’altro, incontrarci a tu per tu, lasciarci toccare dalle domande delle sorelle e dei fratelli». Il Papa ha ricordato che «ogni incontro richiede apertura, coraggio, disponibilità a lasciarsi interpellare» mentre «talvolta preferiamo ripararci in rapporti formali o indossare maschere di circostanza, lo spirito clericale e di corte».

Quindi c’è l’ascolto. Seguendo l’esempio di Cristo che ascolta, senza fretta, il giovane ricco, il pontefice ha ricordato che «quando ascoltiamo con il cuore succede questo: l’altro si sente accolto, non giudicato, libero di narrare il proprio vissuto e il proprio percorso spirituale. Chiediamoci, con sincerità, in questo itinerario sinodale: come stiamo con l’ascolto? Come va “l’udito” del nostro cuore? Permettiamo alle persone di esprimersi, di camminare nella fede anche se hanno percorsi di vita difficili, di contribuire alla vita della comunità senza essere ostacolate, rifiutate o giudicate?». Questo significa «scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente, per suggerire percorsi e linguaggi nuovi. È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici, tutti, tutti i battezzati – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter, no. Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti. Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze».

Infine, discernere. «L’incontro e l’ascolto reciproco non sono qualcosa di fine a sé stesso, che lascia le cose come stanno – ha affermato il Papa -. Al contrario, quando entriamo in dialogo, ci mettiamo in discussione, in cammino, e alla fine non siamo gli stessi di prima, siamo cambiati. Il Sinodo è un cammino di discernimento spirituale, di discernimento ecclesiale, che si fa nell’adorazione, nella preghiera, a contatto con la Parola di Dio» che «orienta il Sinodo perché non sia una “convention” ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, perché non sia un parlamento, ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito. In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci».

L’apertura ufficiale del Sinodo è stata preceduta sabato da un momento di riflessione e di preghiera in Vaticano durante il quale il pontefice aveva ribadito concetti analoghi e aveva fatto riferimento alle tre parole chiave che stanno nel titolo del tema scelto: comunione, partecipazione, missione. In particolare, comunione e missione sono «le linee maestre, enunciate dal Concilio». Ma, ha detto Francesco, «rischiano di restare termini un po’ astratti se non si coltiva una prassi ecclesiale che esprima la concretezza della sinodalità in ogni passo del cammino e dell’operare, promuovendo il reale coinvolgimento di tutti e di ciascuno. Vorrei dire che celebrare un Sinodo è sempre bello e importante ma è veramente proficuo se diventa espressione viva dell’essere Chiesa, di un agire caratterizzato da una partecipazione vera». In questo senso il Papa ha messo in guardia dai rischi che corre il Sinodo, indicandone tre. Il primo è il formalismo, perché il Sinodo non si riduca a un evento di facciata: «A volte c’è qualche elitismo nell’ordine presbiterale che lo fa staccare dai laici; e il prete diventa alla fine il “padrone della baracca” e non il pastore di tutta una Chiesa che sta andando avanti». Il secondo è l’intellettualismo, ovvero «far diventare il Sinodo una specie di gruppo di studio, con interventi colti ma astratti sui problemi della Chiesa e sui mali del mondo; una sorta di “parlarci addosso”». Infine, l’immobilismo, con «il rischio che alla fine si adottino soluzioni vecchie per problemi nuovi».

 

Andrea Acali