Giovanni Paolo I è beato: la Messa di Papa Francesco

di Roberta Pumpo

La pioggia battente su piazza San Pietro non ha contenuto la gioia dei fedeli: un lungo applauso ha coperto il fragore dei tuoni, quando l’immagine del beato Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, è stata svelata subito dopo la lettura della formula con la quale Papa Francesco ieri, domenica 4 settembre, lo ha elevato agli onori degli altari. Alla liturgia, che ha visto circa 400 concelebranti tra cardinali, vescovi e sacerdoti, ha partecipato, tra gli altri, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il 263° Papa della Chiesa cattolica, ultimo italiano del ‘900 a salire sul soglio pontificio, sarà celebrato il 26 agosto, giorno in cui, 44 anni fa, fu eletto pontefice. Dalla loggia delle benedizioni il volto sorridente di Papa Luciani, ritratto dall’artista cinese Yan Zhang, si è “affacciato” sulla piazza gremita di fedeli provenienti da Canale D’Agordo, città natale di Giovanni Paolo I, Feltre, Belluno, Vittorio Veneto, di cui fu vescovo, e Venezia, di cui fu patriarca. Subito dopo la proclamazione, Lina Petri, nipote del nuovo beato, ha portato all’altare la reliquia: uno scritto autografo di Albino Luciani, un appunto su un foglio bianco risalente al 1956 sulle tre virtù teologali. «Con il sorriso, Papa Luciani è riuscito a trasmettere la bontà del Signore – ha detto Papa Francesco -. È bella una Chiesa con il volto lieto, sereno, sorridente, una Chiesa che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata, non è insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato cadendo nell’indietrismo».

Nell’omelia, Papa Francesco ha rimarcato come il nuovo beato abbia vissuto «nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine. Egli ha incarnato la povertà del discepolo, che non è solo distaccarsi dai beni materiali ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria. Al contrario, seguendo l’esempio di Gesù, è stato pastore mite e umile. Considerava se stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere». Commentando il Vangelo, Bergoglio ha illustrato «lo stile di Dio» il quale non si comporta come «un astuto leader» in cerca solo di consensi. Ieri come oggi è facile farsi ammaliare da discorsi altisonanti e gesti eclatanti, «specialmente nei momenti di crisi personale e sociale – ha detto il vescovo di Roma -, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro, diventiamo più vulnerabili; e, così, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione, approfittando delle paure della società e promettendoci di essere il “salvatore” che risolverà i problemi, mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere, la propria figura, la propria capacità di avere le cose in pugno».

Ma lo “stile di Dio” è un altro: Lui «non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere se stesso – ha proseguito Francesco -. Non vuole sedurci con l’inganno e non vuole distribuire gioie a buon mercato. A Lui non interessano le folle oceaniche. Non ha il culto dei numeri, non cerca il consenso, non è un idolatra del successo personale». Il Papa ha anche ammonito chi, anche «fra i cristiani», segue Gesù per ragioni «mondane. Dietro una perfetta apparenza religiosa – le parole di Bergoglio – si può nascondere la mera soddisfazione dei propri bisogni, la ricerca del prestigio personale, il desiderio di avere un ruolo, di tenere le cose sotto controllo, la brama di occupare spazi e di ottenere privilegi, l’aspirazione a ricevere riconoscimenti e altro ancora».

Seguire davvero Cristo significa «imparare l’amore, attingerlo dal Crocifisso» ha proseguito Francesco citando Papa Luciani, per il quale «siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile». E sempre citando il suo predecessore, ha spiegato che bisogna amare sempre «anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati. Amare così, anche a questo prezzo, perché – diceva ancora il beato Giovanni Paolo I – se vuoi baciare Gesù crocifisso “non puoi fare a meno di piegarti sulla croce e lasciarti pungere da qualche spina della corona, che è sul capo del Signore”».

Al termine della Messa, durante la preghiera dell’Angelus, Francesco è tornato a chiedere l’intercessione della Vergine Maria «perché ottenga il dono della pace in tutto il mondo, specialmente nella martoriata Ucraina».

5 settembre 2022