Anche questa edizione numero 12 della Festa del Cinema di Roma si è conclusa sabato 4 novembre senza premi. Da tre anni infatti, per esplicita volontà del direttore Antonio Monda, la competizione è stata abolita per lasciare spazio libero e maggiore scioltezza alla selezione ufficiale. 36 titoli hanno costituito la sezione “centrale”, spaziando liberamente attraverso vicende, nazioni, epoche differenti. L’apertura è toccata a un film appartenente ad un genere fin troppo nobile e carico di tanti successi, ricordi, suggestioni. Stiamo parlando del western, per alcuni critici il “genere” per eccellenza, quello che è insieme storia e realismo ma al tempo stesso metafora e poema. Hostiles – Ostili – è il film che ha segnato il primo incontro con il pubblico, con un impatto subito forte e incisivo.
Ambientato nel 1892, racconta la storia di un capitano dell’Esercito (Joseph Blocker) che, con non poca riluttanza, obbedisce all’ordine di scortare un capo Cheyenne gravemente malato (Falco Giallo) e la sua famiglia fino alle loro terre natie. Divisi da una vecchia e profonda rivalità, da un odio atavico e difficile da ricomporre, i due partono con la scorta di soldati per un viaggio fatto di contraddizioni e incognite alla volta delle praterie del Montana. Durante il viaggio incontrano Rosalee, una giovane la cui famiglia (marito e tre figli) è stata da poco assalita e sterminata dalle tribù Comanche. La donna accetta di unirsi alla carovana, disposta ad affrontare ogni tipo di rischio. Blocker, Falco Giallo e Rosalee diventano i protagonisti di una vicenda che per tutta la prima parte procede tra sospetto e rabbia. Una sorta di radicato pregiudizio mette gli uni contro gli altri in una sorta di odio tenuto a lungo nascosto e sottotraccia. Ma il viaggio è lungo, durante un percorso di mille miglia succedono tante cose e gli esseri umani possono andare incontro a cambiamenti ritenuti impossibili.
«Ho sempre voluto fare un western – dice il regista Scott Cooper – ma volevo farlo alle mie condizioni e volevo che avesse una reale rilevanza su quanto sta succedendo in America oggi, con tutte le questioni sulla razza e la cultura». La sensazione che la sceneggiatura avrebbe potuto essere ambientata in qualunque momento della storia americana è stata decisiva per convincere Christian Bale – già protagonista de Il Fuoco della vendetta, precedente film di Cooper – ad accettare di mettersi al centro della storia nel ruolo di Blocker. Ancora una volta il viaggio si conferma elemento portante di una vicenda che parte dal profondo West, affida ai personaggi principali il compito di creare caratteri, mettere a fuoco ricordi, memorie, la nascita insomma e il crescere di una nazione e al contempo la sua capacità di mettere in atto uno sguardo critico e indagatore sul passato, su ciò che il Paese ha fatto per diventare grande e sentirsi forte e protetto.
Nello snodarsi dell’azione, la violenza si impone come un tema portante della soluzione dei problemi, richiamando titoli sia classici (Sentieri selvaggi di John Ford) sia di derivazione (C’era una volta il West di Sergio Leone). Chiudendo però con gesti di comprensione e di pacificazione, che partono da fine Ottocento ma si allungano su uno svolgimento più contemporaneo. Così il western si conferma veramente territorio di sconfinata duttilità narrativa.
6 novembre 2017