Con l’intento di essere compreso da ciascun fedele, perché «desidero raggiungere tutti», Papa Francesco al numero 16 della lettera apostolica sull’attuazione della riforma liturgica Desiderio desideravi – emanata lo scorso 29 giugno – esplicita l’intento di questo nuovo documento: «Invitare tutta la Chiesa a riscoprire, custodire e vivere la verità e la forza della celebrazione cristiana» affinché «la bellezza del celebrare cristiano» non venga «deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica, qualunque essa sia».
Padre Giuseppe Midili, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano e docente di Liturgia pastorale al Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo, sottolinea come Desiderio desideravi «non è né un manuale né un direttorio, ma piuttosto una meditazione che aiuta a comprendere la bellezza della verità della celebrazione liturgica, della quale tutti i battezzati sono protagonisti», a dire che «la liturgia è opera di tutto il popolo di Dio». Infatti l’icona evangelica richiamata all’inizio del documento – da cui deriva il titolo – è quella dell’Ultima Cena (Lc 22,15), che Gesù tanto desiderò mangiare con i suoi apostoli e della quale, dice ancora il Papa, «l’Eucarestia non è una rappresentazione sacra» ma è, invece, «il luogo dell’incontro con Cristo vivo e Risorto», cui tutti siamo chiamati e invitati, «attratti dal suo infinito desiderio di ristabilire quella comunione con noi, che era e che rimane il progetto originario». Per riscoprire il valore della celebrazione eucaristica e il suo «senso teologico» occorre allora riconoscere che «l’incontro con Dio non è frutto di una individuale ricerca interiore di Lui ma è un evento donato», sono ancora le parole di Francesco, che richiama alla necessità dell’atteggiamento dello «stupore per il mistero pasquale, che si rende presente nella concretezza dei segni sacramentali».
Midili spiega come «il Papa introduce la categoria dello stupore per dire come il rito non debba essere ritualistico e per distinguere il celebrare dal fare cerimonie», manifestando la consapevolezza della Chiesa che «la riforma liturgica non è completa, sebbene molti buoni risultati siano stati raggiunti e laddove si registra comunque un certo entusiasmo da parte del popolo di Dio». Tuttavia «si rilevano anche una certa stanchezza e una fatica nell’organizzazione e nella preparazione della liturgia, in alcuni casi diventata routinaria – sottolinea ancora il direttore dell’Ufficio diocesano –. Da qui l’importanza e il richiamo alla formazione e alla responsabilità dei pastori, che fin dal Concilio Vaticano II con la costituzione “Sacrosanctum Concilium” sono state centrali per la Chiesa e riprese da Paolo VI, passando per Giovanni Paolo II e fino a Benedetto XVI, e ora con Papa Francesco, che con questa sua lettera apostolica ci provoca ancora con più slancio».
A questa esigenza di formazione «alla e dalla liturgia», come scrive il Pontefice in Desiderio desideravi, rispondono i corsi curati dall’Ufficio liturgico diocesano, che per queste attività formative «collabora fin dal 1975 con il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo», fa sapere Midili, spiegando che «a Roma c’è una lunga tradizione di formazione liturgica». Cinque le proposte in calendario per settembre «affidate a docenti esperti di liturgia e ad alcuni parroci – illustra ancora – e rivolte a presbiteri, diaconi, accoliti, catechisti e ministri straordinari della Comunione». Un primo corso riguarda la musica per la pastorale liturgica e l’animazione della liturgia attraverso il canto, un secondo è relativo alla proclamazione della Parola mentre il terzo è di Liturgia per la pastorale e ha durata triennale. Ancora, un corso relativo all’attuazione dei contenuti teologici nella prassi della celebrazione e infine «stiamo organizzando un corso per spiegare e presentare bene il testo dell’ultima lettera del Papa», conclude Midili.
di Michela Altoviti da Roma Sette
11 luglio 2022