«Sentiamo tutti il bisogno di fermarci, in questo momento buio, e accendere la luce della Parola di Dio, per riflettere e comprendere». Vuole condividere riflessioni e pensieri, il cardinale vicario Angelo De Donatis, con tutta la comunità diocesana. Come faro la Scrittura e le parole pronunciate da Papa Francesco in questo ultimo periodo, nelle sue omelia. L’obiettivo, scrive il cardinale, è «riflettere con voi sul tempo che abbiamo vissuto. Tutto è stato così imprevisto e improvviso! Come sapete, anch’io sono stato malato e in ospedale: una ferita che mi ha permesso di sentire profonda comunione con chi è stato toccato a vari livelli dalla pandemia del coronavirus».
«Come il Papa ci ha detto nella Veglia – scrive il vicario –, ci troviamo anche noi chiusi, sbarrati in casa, come gli apostoli: siamo la Chiesa nel Cenacolo del Sabato Santo. Siamo la Chiesa che, sbigottita di fronte al dolore della morte improvvisa di tante persone, si è blindata in casa, spinta anche dalla paura di incontrare gli altri». Paura degli altri ma anche del futuro: «La pandemia detta tempi lunghi al ritorno alla normalità della vita sociale e la crisi economica già sta facendo sentire i suoi effetti devastanti».
Sembra «tutto finito», sembra non ci siano «strade che possano aprirsi, se non quella del ritorno alla vita “senza Gesù”, come nel caso dei discepoli di Emmaus». Eppure è proprio in frangenti come questo che «l’azione dello Spirito fa germogliare cose inedite e insperate», sostiene il cardinale De Donatis. Infatti, prosegue, abbiamo vissuto una Quaresima «straordinaria», fatta di «spoliazione e digiuno», in cui abbiamo dato prova di «capacità di resilienza e di cambiamento». Ma «c’è un livello molto più profondo – si legge ancora nella lettera – in realtà abbiamo vissuto radicalmente il Mistero Pasquale di Morte e di Resurrezione. Lo abbiamo toccato con mano. Siamo stati messi con forza davanti alla realtà della morte, molto concretamente alla possibilità della “mia” morte e di quella delle persone che amo. E ancora adesso siamo di fronte al pericolo che a morire sia un’intera realtà sociale ed economica, almeno nelle forme con cui l’abbiamo vissuta finora».
«Ci troviamo ad avere vissuto – tutti insieme e contemporaneamente – un’esperienza che ci mette in grado di renderci conto della scommessa che la fede è, della novità entrata nel mondo con Gesù: passare dalla morte alla vita. Stiamo vivendo in un prolungato stato di attesa che succeda qualcosa di liberatorio; di qualcuno che ci annunci che possiamo uscire a tornare a vivere senza preoccuparci di non morire. Ecco: questo è esattamente il senso del termine Vangelo. Questo è il compito che ci eravamo dati come diocesi: annunciare il Vangelo dentro alla vita concreta della nostra gente».
Tra i «frutti importanti» di questa Pasqua, quello di aver riscoperto la dimensione della preghiera all’interno delle famiglie, ma anche la «comunione universale», da intendere «con una intensità diversa, alla luce dell’esperienza di questo tempo, nel quale ci è stato dato di sentire con più verità che siamo realmente fratelli, che la vita degli altri ci interessa e dipende anche dalla nostra, e che nessuno può salvarsi da solo».
Queste considerazioni portano anche a ripensare dal punto di vista pratico alcune attività pastorali: ad esempio, ogni parrocchia potrebbe offrire alle famiglie materiale per vivere al meglio i momenti di preghiera domestica. Il modello, suggerisce il vicario, è quello dei «cerchi concentrici»: ci sono dunque le famiglie, poi le équipe pastorali, chiamate a riprendere il loro cammino e a individuare nuove proposte, grazie anche a nuove schede che la diocesi invierà nei prossimi giorni. Infine, il terzo cerchio potrebbe essere quello delle «piattaforme internet, che saranno almeno all’inizio l’unico luogo possibile, ma progressivamente che riprenderemo ad incontrarci fisicamente con tutte le necessarie misure di sicurezza, cercheremo di realizzare questo ascolto nelle case o in parrocchia». Quando? «Per adesso non siamo in grado di prevederlo, possiamo solo sperare che avvenga al più presto».
L’invito è a «non aspettare da inerti questo momento – suggerisce il vicario –: nei modi che ci sono possibili (e sono tanti) continuiamo la missione di evangelizzare e servire i nostri fratelli, di comunicare loro la speranza del Vangelo, a partire da una crescita interiore, nostra, che vada di pari passo, che ci riguarda e che non possiamo trascurare».
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20 aprile 2020