8 Maggio 2025

“Ascoltando i maestri”, incontri al via dal 19 novembre

Dai romanzi di Dostoevskji al Piccolo Principe ed Harry Potter, passando per le canzoni di Battiato e le riflessioni di Ildegarda di Bingen. È un programma trasversale quello di “Ascoltando i maestri”, un nuovo ciclo di incontri promossi dall’Ufficio per la cultura e l’università della diocesi.

«Visto che il tema dell’anno pastorale è l’ascolto, come Ufficio abbiamo pensato di declinare questo tema attraverso “Ascoltando i maestri”, perché nella nostra attività ordinaria con il mondo della cultura e dell’università, notiamo che i giovani, cercando il senso della vita, cercano qualcosa di bello per cui valga la pena vivere, e soprattutto dei maestri che possano accompagnarli». A spiegarlo è Francesco d’Alfonso, coordinatore dell’Area Alta Formazione artistica, musicale e coreutica dell’Ufficio, che farà da moderatore durante le serate, organizzate tutte come conversazioni.

Il primo incontro è in programma venerdì 19 novembre alle 19.45 nella basilica di San Lorenzo in Damaso e sarà dedicato a Fedor Dostoevskij. “La bellezza salverà il mondo” è il tema dell’appuntamento, che vedrà la partecipazione di monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio per la cultura e l’università della diocesi di Roma, e di Piero Boitani, professore emerito di Letterature comparate alla Sapienza. La serata sarà arricchita da alcuni passi recitati dall’attore Davide Panizza, e da alcuni brani di musica russa dell’Ottocento eseguiti dal Coro giovanile Iride diretto da Fabrizio Barchi.

Monsignor Lonardo sarà presente a ciascuna delle serate in programma, accompagnato di volta in volta da diversi personaggi della cultura; e differenti saranno anche le chiese che ospiteranno gli appuntamenti. Ci sarà il giornalista e scrittore Pierangelo Buttafuoco, ad esempio, il 10 dicembre, nell’incontro dedicato a Franco Battiato nella basilica dei Santi Apostoli, e il tema che farà da filo conduttore è tratto dalla bellissima “E ti vengo a cercare”.

Lucetta Scaraffia, docente emerito alla Sapienza, parlerà invece di Ildegarda di Bingen nell’appuntamento del 14 gennaio, su “Conosci la via!”, nella basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio. Non solo personaggi storici, ma anche nati dal frutto della fantasia: il maestro che verrà ascoltato l’11 febbraio, a Sant’Ignazio, è Harry Potter, nato dalla penna di J. K. Rowling. Un celebra dialogo tra il maghetto e Voldemort guiderà gli interventi di monsignor Lonardo, di Roberta Tosi, scrittrice e storica dell’arte, e di Alessio Puccio, doppiatore di Harry nei film italiani.

Ancora, l’11 marzo una sera su Giovanna D’Arco con Amedeo Feniello docente di storia medievale all’Università dell’Aquila. A maggio la conclusione con una serata su Antoine de Saint-Exupéry: “È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa importante”. Nella Chiesa del Gesù interverranno Beatrice Masini, scrittrice, traduttrice e direttrice di divisione Bompiani; con Enzo Romeo, giornalista del Tg2 e autore di diversi testi dedicati al “Piccolo Principe”.

15 novembre 2021

“Appunti di ecologia integrale”, percorso con la Pastorale sociale

Foto di Cristian Gennari

Un percorso on line in forma di “appunti” di ecologia integrale come momenti di scambio e di proposte di approfondimento alla luce del magistero di Papa Francesco. Questa la nuova iniziativa dell’Ufficio della Pastorale sociale e del lavoro, giustizia, pace e cura del creato della diocesi di Roma al via da lunedì 18 ottobre dalle ore 18.30. Durante questo primo incontro, che sarà possibile seguire in streaming sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/PastoraleSocialeRoma, verranno annunciati anche i temi e gli esperti che interverranno negli appuntamenti successivi.

«Cercheremo di metterci in ascolto “contemplativo” camminando insieme attraverso alcuni punti fermi, che verremo sollecitati ad approfondire», annunciano monsignor Francesco Pesce, alla guida dell’Ufficio diocesano, e Oliviero Bettinelli, vicedirettore. «Ci fermeremo poi – anticipano ancora – su parole come globalizzazione, commercio delle armi, finanza, economia, diritti, ambiente, lavoro, perché possano interrogare il nostro cammino di fede».

«Il processo sinodale avviato anche nella nostra diocesi di Roma – concludono –, richiama in modo forte e significativo la necessità di ascoltare e di connettere. Non ci si salva da soli, né se si guarda la realtà con superficialità».

Clicca qui per il calendario completo

15 ottobre 2021

“Annunciare il Vangelo”, da Paolo VI a Francesco

Per Papa Francesco, l’Evangelii Nuntiandi è «il più grande documento magisteriale uscito nel dopo Concilio». Per il cardinale vicario Angelo De Donatis, un testo da «meditare», ancora oggi «di grande attualità». All’esortazione apostolica sull’evangelizzazione è stata dedicata anche un’iniziativa sulla pagina Facebook della diocesi: ogni giorno, durante i mesi estivi, sono stati pubblicati post con i passaggi più significativi del documento. Adesso arrivano due incontri di approfondimento, organizzati dall’Ufficio liturgico e dall’Ufficio catechistico, dal titolo “Annunciare il Vangelo da Papa Francesco a Papa Paolo VI”, che si terranno nella basilica di San Giovanni in Laterano.

Il primo è in programma per domenica 13 ottobre dalle ore 18.30 alle ore 20.30; l’introduzione sarà affidata a don Andrea Cavallini, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, su “Dal Cristo evangelizzatore alla Chiesa evangelizzatrice”; seguirà “Le vie dell’evangelizzazione”, a cura di padre Giuseppe Midili, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano. Quanti non riusciranno a partecipare, potranno però seguire lo stesso incontro sabato 16 novembre, dalle ore 9.30 alle ore 12.

Il secondo appuntamento è per domenica 20 ottobre dalle 18.30 alle 20.30, con replica sabato 23 novembre dalle ore 9.30 alle ore 12. Don Cavallini rifletterà su “Cosa significa evangelizzare. Il contenuto dell’evangelizzazione”; mentre padre Midili interverrà su “I destinatari, gli operai e lo spirito dell’evangelizzazione”.

6 settembre 2019

“Accogliere nell’arte”: i murales per Santa Giacinta

La scuola sta cambiando, si evolve verso un percorso più partecipato, che la spinge sempre di più ad uscire dalle aule per arrivare nelle piazze, nei giardini, nei luoghi pubblici, per intervenire nel dibattito sulla città, per lavorare a fianco ad altri enti e istituzioni. È l’esempio del Liceo artistico romano Via di Ripetta che, nell’ambito di un progetto di alternanza scuola-lavoro, ha coinvolto gli studenti delle classi III e IV D nella realizzazione dei murales sulle facciate esterne e interne della Foresteria della Cittadella della Carità della Caritas di Roma, a Ponte Casilino, con l’obiettivo di creare un luogo in cui ospitalità e arte contemporanea possano convivere in armonia.

I lavori per i murales continueranno per tutto il mese di aprile. Alla base del progetto degli studenti c’è una riflessione su temi importanti, dall’attenzione e cura dei luoghi, all’accoglienza e alla promozione umana. Dopo un’esperienza diretta di servizio come volontari alla mensa per i senza dimora, gli studenti e le studentesse hanno voluto esprimere nella maniera che è loro peculiare, cioè quella del fare artistico, la comprensione profonda della “charitas” che vi abita, cioè di un’arte dell’accogliere non scontata, non giudicante, ma sfidante e coinvolgente.

Il cuore del progetto parte dall’idea di creare un ambiente confortevole per i tanti volontari che arriveranno dalle diverse città italiane per prestare servizio alla Caritas.

12 aprile 2023

“Abitare con il cuore la città”: l’intervento del cardinale vicario

Pubblichiamo il testo integrale che il cardinale vicario Angelo De Donatis ha pronunciato questa sera, lunedì 16 settembre, nella basilica di San Giovanni in Laterano, in occasione del primo dei quattro incontri di inizio anno pastorale. Per scaricare il testo integrale, cliccare qui.

1.
Grazie a don Paolo per questo invito a “non temere”, ispirato ai capitoli 3 e 4 dell’Esodo, lì dove Dio aiuta Mosè a non lasciarsi bloccare dalle sue paure e a cominciare la sua missione in mezzo al popolo…
Ho chiesto a don Paolo di offrirci una sua riflessione su questo, perché quando qualche giorno fa mi sono domandato: come hanno reagito molti preti e laici alla presentazione delle linee di cammino pastorale 2019-2020 (presentazione fatta il 24 giugno scorso)? Mi sono detto: senza dubbio, come nell’Esodo, la reazione più diffusa è il timore. Timore del nuovo e del cambiamento, del cercare e andare incontro a chi è lontano dalle nostre comunità, timore di attraversare un terreno mai solcato e di non essere all’altezza di questa impresa… E così, per usare l’immagine dell’auto ferma, rimaniamo impantanati a guardare la ruota senza deciderci a cambiarla e ripartire.
L’Esodo è davvero il nostro paradigma! I timori di Mosè sono i nostri timori. Eppure immagino che Mosè, esaurite le obiezioni, con nel petto un po’ del fuoco del Roveto Ardente, scenda dall’Oreb, silenzioso e pensoso, ma deciso ad abitare nuovamente in mezzo al suo popolo. Questa volta, con il cuore.
La sera di Pentecoste, a piazza san Pietro, dalle labbra del nostro Vescovo Papa Francesco, abbiamo accolto l’invito a portare con noi il fuoco dello Spirito per buttarci nella marea un po’ caotica della nostra città, per incontrare volti, stringere mani, ascoltare il grido; e nel dinamismo di queste relazioni, annunciare il Vangelo, con le parole e con le opere. A piazza san Pietro, mentre il sole accecante tramontava, il Signore dal Roveto Ardente ha acceso qualcosa dentro di noi.
Questa sera, allora, siamo proprio come Mosè che scende dal monte: silenziosi, pensosi, con molti timori non ancora sopiti, ma determinati a fare quello che il Signore ci chiede.
Vi ricordate? Al termine della presentazione del 24 giugno scorso, vi ho lasciato due consegne: rileggere Evangelii Nuntiandi di San Paolo VI e prepararci all’ascolto della città con l’esercizio del silenzio. L’abbiamo fatto anche questa sera, questo esercizio, davanti alla presenza eucaristica del Signore. Lo abbia contemplato mentre, da adolescente, nello stupore generale rivendica il diritto di compiere degli “strappi” pur di fare la volontà del Padre; lo abbiamo udito mentre va dritto per la sua strada, anche se tutti lo considerano uno “fuori di sé”. Nel silenzio abbiamo compreso che il Signore è fatto così: quando saremmo tentati di sederci, ci rialza e ci mette in cammino. Ci chiede di “scomodarci” perché Lui per primo si è “scomodato” per noi e di avere un po’ di coraggiosa ed evangelica follia. Ricordiamoci san Paolo ai Corinti: la follia dei santi, che è la sapienza di Dio, si chiama croce (1Cor 1-2). Papa Benedetto ci ha detto che il Signore spesso ci fa attraversare deserti, per portarci “oltre” le mete raggiunte, così che comprendiamo che nessuna meta posseduta ha il nome di “Dio”, ma che Egli è “oltre”.
Il silenzio è la condizione previa di ogni ascolto: della Parola di Dio e della parola umana. Si tratta far tacere ogni rumore, interiore ed esteriore, per accogliere una parola che è “altro-da-me”. Ritorneremo su questo punto, questa sera. Come Mosè, scendiamo dal monte, con nel cuore la scia del silenzio lasciato dall’incontro con Jhwh, per ascoltare il grido dei nostri fratelli e contemplare la Sua presenza divina nel cuore della città.
Continuiamo tutto l’anno a fare questo esercizio di silenzio. Da soli o negli incontri comunitari, nei presbitèri o nell’equipe pastorali, il silenzio e la preghiera custodiranno il fuoco dell’Oreb, dello Spirito Santo, dentro di noi.

2.
In questa basilica, questa sera vi guardo con stupore, misto a profonda tenerezza. Ho qui davanti la Chiesa di Roma, la Chiesa del Papa. Voi sapete che negli anni passati il programma pastorale era presentato non a giugno, ma a settembre, in due incontri differenti: uno al mattino per i presbìteri e uno serale per tutti gli altri. Quest’anno ho voluto che fossimo tutti insieme: presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, laici dell’equipe pastorali e dei consigli pastorali. È presente qui stasera tutta la Chiesa in stato di sinodo: cioè, pronta a camminare insieme. Il 24 giugno vi ho detto:

«Abbiamo “la necessità di un cammino sinodale. Questo significa un processo in cui si permette a Dio di parlarci. Ognuno si converte all’atteggiamento della povertà di cuore: “non so tutto, non ho capito tutto, non ho in tasca la soluzione per tutti i problemi”. Poi ci si ascolta reciprocamente ed insieme si ascolta la realtà degli uomini e delle donne della nostra città, perché anche lì Dio agisce e ci parla. Infine sotto l’ispirazione dello Spirito Santo si progettano e realizzano nuove vie di evangelizzazione, condividendo quanto ognuno ha vissuto in questi anni e cosa sogna per il tempo a venire, chiedendosi cosa conservare, cosa eliminare, cosa cambiare».

Ecco in breve il cammino dei sette anni. Un cammino di conversione e rinnovamento missionario. Ed è un percorso che si fa tutti insieme, quindi in un perenne stato sinodale, dove ci si ascolta reciprocamente, si ascolta chi non fa parte della comunità cristiana e insieme si ascolta il Signore.
Abbiamo fatto, come sapete, la scelta di mettere a servizio di questo processo sinodale l’equipe pastorale, composta da presbiteri e alcuni laici, massimo dodici. Si tratta di una figura pastorale ben precisa, distinta dal consiglio pastorale. Quest’ultimo infatti è per lo più strutturato con la presenza di rappresentanti di tutti i gruppi parrocchiali e il suo compito, come ci ha ricordato don Paolo, è quello del servizio del “dono del consiglio”, cioè del discernimento sapiente. L’equipe pastorale invece può essere formata anche solo dai preti e tre-cinque laici, ma il suo compito è animare dal di dentro la comunità parrocchiale e coinvolgerla nel cammino di rinnovamento pastorale dei sette anni. L’equipe quindi è il cuore, l’anima, del processo e punta a motivare e accompagnare l’opera di ascolto di tutta la comunità, custodendo il “fuoco”, cioè l’ispirazione dello Spirito Santo che svela e sostiene il senso del cammino, e presentando i passi da fare. Suo interlocutore privilegiato è il consiglio pastorale ma in sostanza tutti gli operatori pastorali. Sono loro, cioè siamo tutti noi, gli “attori” dell’ascolto contemplativo! Se ci pensate bene, questo ascolto fa parte integrante e imprescindibile del processo dell’evangelizzazione. Infatti, se l’evangelizzazione è quell’annuncio della fede che comunica la buona notizia della benedizione di Dio sulla “tua vita concreta”, della salvezza e della misericordia che Gesù è venuto a portare “anche per te”, il discepolo-missionario che voglia servire l’azione di Dio cercherà di ascoltare la vita degli altri per saper declinare questo annuncio in modo che parli davvero al cuore dei suoi fratelli. Nel vangelo ci viene detto che Gesù sapeva bene ciò che c’era nel cuore dei suoi interlocutori: non solo per un dono soprannaturale, ma anche perché egli, fin dall’inizio di ogni incontro e di ogni colloquio, accoglieva e creava spazio dentro di sè per tutte le persone, per le loro vite, per i loro drammi… senza anteporre nulla a questa attenzione totale al volto e alla voce dell’altro. Così siamo chiamati a fare anche noi.

È necessario quindi che l’equipe si riunisca frequentemente, in incontri “ufficiali” ed informali, per decidere come progettare e realizzare l’ascolto dei giovani, delle famiglie e dei poveri del quartiere. Scrive monsignor Luciano Monari, vescovo emerito di Brescia, nell’introduzione ad un libro molto interessante di Ugo Borghello (“Comunione carismatica in parrocchia”, ed Cantagalli 2015): “Si può appartenere ad una comunità cristiana in diversi modi, con legami più o meno solidi; ma se vogliamo che una comunità sia viva bisogna che ci sia, al suo centro, un nucleo sufficientemente significativo di persone che hanno scelto l’appartenenza alla comunità come origine prima della loro identità e quindi della loro attività missionaria. Questo tipo di appartenenza presuppone la radicalità della scelta di fede considerata come orizzonte di vita all’interno del quale si collocano e prendono significato tutte le altre scelte ed appartenenze” (pp.5-8). Ecco, l’equipe pastorale deve avere questa identità forte, e cercare di coinvolgere nella missione evangelizzatrice tutta la comunità parrocchiale. “Custodi del senso, custodi della comunione ecclesiale, custodi del cammino”, come ho scritto nella lettera indirizzata a voi parroci.
Questo processo sinodale, nella misura in cui lo sarà davvero, porterà con sé molti frutti. Sono i regali più belli. In un incontro vissuto quest’inverno con il Consiglio presbiterale, ce ne sono stati elencati quattro, che mi piace sottolineare per voi.

1. Qualcosa cambierà a livello dei laici: passeranno dal sentirsi dei “dipendenti” della parrocchia, mano d’opera a buon mercato, a membri veri del popolo di Dio, capaci di pensiero e di iniziativa. Sperimenteranno la forza del loro battesimo, che li fa re, sacerdoti e profeti, e con l’unzione del senso della fede li rende capaci di testimoniare e contribuire a realizzare il regno di Dio, fuori dei confini parrocchiali
2. Qualcosa cambierà a livello dei sacerdoti, qualcosa che voi preti romani sentite con molta urgenza: essere meno degli organizzatori e gestori di immobili, per essere più padri. Quanto bisogno di paternità vera ha la gente! È uno dei segni dei tempi, che ci interpella profondamente
3. Le parrocchie e le varie comunità ecclesiali cambieranno: meno centralizzate e autoreferenziali, più policentriche e connesse tra di loro. Non frantumazione, ma comunione nella ricchezza delle espressioni e delle sensibilità, comunità grandi dove in maniera anche diversificata i cammini personali di fede sono accompagnati e sostenuti in appartenenze primarie di comunità più piccole ma dense di proposta evangelica
4. Cambierà anche la spiritualità: meno intimista, individualistica, meno new age, ma concreta, capace di dare senso alla vita, di sostanziare e dare motivi alla missione. Mi ha scritto una monaca della nostra città: “iperconnessione, corsa, fretta sono il grido dell’umanità che sta cercando dove posare il cuore!”. Possiamo offrire alle persone un percorso interiore che li aiuti a posare il capo sul petto del Signore.

3.
So che questa sera tra di noi “aleggia” una domanda: si, ma insomma, quest’anno, che dobbiamo fare? In realtà lo abbiamo già condiviso nell’incontro del 24 giugno. Le linee operative date prima dell’estate servono a permettere a tutti di farle oggetto di meditazione e di preghiera silenziosa, in un tempo sufficientemente lungo in cui ciascuno, magari nel riposo di luglio e di agosto, possa chiedersi: Signore, in che modi posso servire, insieme alla mia comunità, il regno di Dio in questo quartiere, obbedendo alla tua volontà?
Riprendete in mano il testo delle linee. Leggetelo insieme in parrocchia con attenzione: lì ci sono tutti i passaggi. Provate insieme a verificare se riescono a interpellare la vostra realtà ecclesiale e come viverle nella vostra concreta situazione parrocchiale: Roma è mille città, mille realtà diverse, e non tutto funziona alla stessa maniera dappertutto. Per questo c’è spazio per la creatività di ognuno. Nelle prossime serate qui in cattedrale non faremo delle conferenze programmatiche, ma vivremo delle esperienze esemplari di ascolto contemplativo: dei giovani, dei poveri e dei malati, delle famiglie. Non ci diremo cosa fare, non ci fermeremo alle parole, ma lo sperimenteremo insieme.

Questa sera, qui con voi, voglio solo invitarvi ad avere attenzione a quattro “snodi”. Aggiungerò poi un approfondimento su cosa significhi “ascoltare con il cuore”, in modo contemplativo.

• Un punto da pensare bene è come raggiungere le persone lì dove vivono per incontrarle e dialogare con loro. Non basta raccogliere storie di vita in maniera anonima (magari mettendo una cassetta postale in fondo alla chiesa!), ma cerchiamo di entrare in relazione con le persone. Oltre alle occasioni spontanee e informali ci sono quelle organizzate, e richiedono un po’ di fantasia.
• Non bisogna girare dappertutto con taccuino e penna, non siete intervistatori! L’incontro deve essere un vero volto a volto, un esercizio di ascolto fatto con il cuore. Provocate gli altri alla condivisione e alla confidenza: vi accorgerete di quante persone hanno desiderio di essere ascoltate! Quando venite in contatto con una storia di vita significativa (non importa se a lieto fine o no), custoditela dentro di voi come un regalo prezioso, meditatela nel silenzio davanti a Dio. Nell’intimo toglietevi i sandali della supponenza e del giudizio facile. Affidate a Dio chi incontrate, pregate per loro
• Quando poi vi riunirete con gli altri operatori pastorali e con l’equipe, condividete le storie. Questo è un momento fondamentale, da vivere insieme nella preghiera. Nel chiedervi cosa vivono i giovani, le famiglie, i poveri del vostro quartiere, provate ad esercitare quello che il Papa ha definito un ascolto o uno sguardo contemplativo: dov’è Dio in questa storia? Cosa sta facendo nella nostra e nella loro vita? Sono sicuro che da questo ascolto orante e silenzioso, emergerà una ricchezza straordinaria. Perché c’è di mezzo lo Spirito Santo. Ma ci ritorniamo subito dopo.
• Un quarto snodo a cui fare attenzione è la condivisione delle storie di vita con la comunità parrocchiale durante l’eucarestia domenicale. Evitando che si capisca che si sta alludendo concretamente a “quella persona”, si portano davanti a Dio e all’assemblea liturgica le gioie e i dolori di tutti. L’intercessione è un atto d’amore. Questi fratelli e sorelle per i quali preghiamo sono quelli che il Signore ci chiede di servire, perché possano sperimentare un po’ di più di speranza, di libertà, di vita. Quante preghiere dei fedeli, durante la Messa, sono così generiche e formali (lette nei foglietti stampati a livello nazionale) da non esprimere per niente le intenzioni contenute nei cuori dei fedeli! Invece queste preghiere avranno il sentore della carne viva del vostro quartiere. Sapranno di vita, finalmente!

Quest’ultima parte non è stata pronunciata dal cardinale vicario, ma ha rimandato alla lettura personale del discorso:

E ora entriamo più profondamente nell’ascolto con il cuore. Toccherò tre punti: ascoltare con il cuore – ascoltare con il cuore abitato dallo Spirito – ascoltare il cuore dell’altro, anch’sso abitato dallo Spirito

1. Prima di tutto: con che cosa ascoltiamo?
L’organo dell’ascolto non è l’orecchio ma il cuore. Ce lo suggerisce Maria che meditava e custodiva nel cuore tutto ciò che udiva (Lc 2,19). Il cuore nella Bibbia è il centro della persona, è tutta la sua interiorità: pensieri, sentimenti, volontà, coscienza, memoria… Il cuore dell’uomo è un abisso e lì è depositata tutta la nostra vita: ciò di cui siamo consapevoli e ciò di cui non siamo consapevoli. Noi ascoltiamo inevitabilmente con il cuore, cioè con tutto noi stessi, con tutto ciò che siamo e che abbiamo vissuto.
Questo però ci fa già intuire quale difficoltà possiamo incontrare quando decidiamo di ascoltare l’altro e ciò che ci è richiesto per poterlo fare davvero: dobbiamo fargli spazio dentro di noi, accoglierlo nel cuore, evitando di proiettare su di lui, di attribuire a lui, percezioni, sensazioni, intenzioni, valutazioni che in realtà sono solo nel “nostro” cuore. E’ un vero e proprio lavoro di ascesi: far tacere le mille voci che ci abitano per poter accogliere ed ascoltare davvero l’altro come “altro-da-me”.
Quanto è decisivo, per saper ascoltare, quest’atteggiamento ospitale del nostro cuore! Ed è essenziale avere una predisposizione d’animo di “simpatia” nei confronti dell’altro: accoglierlo nel cuore con un atteggiamento di benevolenza, perché è nostro fratello, preparandoci ad una relazione vera, alimentata dall’ascolto e dal dialogo reciproco.
In questo, il bagaglio di esperienze vissute che si è depositato nel nostro cuore, invece di essere un “elemento di disturbo” che altera l’ascolto proiettando sull’altro ciò che è solo “nostro”, può diventare il motivo che spinge ad ascoltare con benevolenza e simpatia: l’altro non è diverso da me, ma come me ha vissuto e vive gioie e tristezze, angosce e speranze. Abbiamo in comune la vita, l’umanità. Certo, alcune esperienze dolorose subìte, soprattutto se sono la conseguenza di inganno e cattiveria, possono alimentare la diffidenza e il pregiudizio nei confronti degli altri; ma se ho lasciato che il Signore consoli e guarisca il mio cuore, lo Spirito Santo mi ha liberato dal risentimento e ha forgiato dentro di me un cuore capace di compassione nei confronti delle sofferenze e delle miserie degli altri, dovunque si trovino e a qualunque realtà appartengano.

2. Il cuore abitato dallo Spirito
Ma la riflessione su “con che cosa si ascolta” deve tener conto anche di un altro aspetto: nel cuore dell’uomo abita lo Spirito Santo, la presenza di Dio. Lo Spirito, che ci ricorda le parole di Gesù perché “prenderà del mio e ve lo annunzierà” (Gv 16,14-15), agisce nell’intimo del nostro cuore; per cui quando ascoltiamo la Parola di Dio, nella proclamazione liturgica o nella testimonianza dei fratelli, lo Spirito freme e conferma “come dal di dentro” che è proprio la Parola di Dio quella che ascoltiamo con le nostre orecchie. La Parola che ci raggiunge dall’esterno trova corrispondenza nella risonanza interiore suscitata dallo Spirito. Per lo più è il sentimento della gioia che accompagna l’ascolto della Parola di Dio: nella prima lettera i Tessalonicesi San Paolo scrive: “Avete seguito l’esempio del Signore e accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo” (1Ts 1,6). Tuttavia, quando il Signore ha bisogno di convertirci da una via di male nella quale ci siamo incamminati, lo Spirito fa risuonare la Parola dentro di noi suscitando turbamento, tristezza, pentimento.
Così comprendiamo che ascoltare con il cuore significa ascoltare nella potenza dello Spirito Santo. Sant’Agostino scriveva del Maestro interiore: il Cristo, Logos-Parola del Padre, grazie all’unzione dello Spirito, è colui che insegna nella cattedra del nostro cuore la verità di Dio e dell’uomo: «Ti sarà maestro solo colui che è il Maestro interiore dell’uomo interiore, il quale nella tua mente ti mostra che è vero ciò che viene insegnato» (Lettera 266).

3. Ascoltare con il cuore le vite degli altri, nel cuore agisce lo Spirito
Dio, che ha un cuore immenso nel quale c’è posto per ciascun uomo, ha ascoltato il grido degli abitanti di Roma e ha mandato noi in mezzo alla città per fare “esercizio di ascolto”, perché quel grido spesso noi non vogliamo o non siamo in grado di udirlo.
La verità è che noi raramente ascoltiamo con il cuore. Per di più il nostro cuore è spesso stretto, non ospitale, non c’è spazio per le vite degli altri. Oppure crediamo di saper già ascoltare, ci diciamo che in fondo già sappiamo ciò che gli altri stanno gridando, che i lamenti degli abitanti della nostra città di Roma li abbiamo già uditi tante volte nell’autobus, tra colleghi di lavoro, al bar o in fila alla posta… Non c’è niente di interessante nelle esistenze degli altri, sono banali e vuote, spesso segnate da un tram-tram che rende noioso il loro e il nostro quotidiano.
Quanto è riduttivo e condizionato da pregiudizi questo modo di osservare la realtà! Dirò di più: è un modo di pensare da “discepoli-evangelizzatori atei”! Perché? Perché è un ascolto delle vite degli altri che rivela di non credere nel Signore Risorto e nella potenza dello Spirito Santo. È fatto da un cuore che non è consapevole di essere abitato dallo Spirito di Dio e che non crede che lo Spirito santo abiti il cuore dei fratelli. Non coglie neppure che la storia umana è guidata dallo Spirito. L’orizzonte è assolutamente piatto. Lo sguardo è irrimediabilmente ristretto, troppo concentrato in basso.
Invece il cuore contemplativo sa riconoscere con lucidità autenticamente spirituale la presenza e l’azione di Dio nelle vite degli altri e nella storia umana. Pensiamo a Maria: il Mistero di Dio nella storia è per il momento solo un bambino piccolissimo concepito nel suo grembo, eppure il suo cuore già esulta e vede delinearsi all’orizzonte il sovvertimento della società umana: “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”.
Questo è avere un cuore contemplativo, questo è essere inabitati dallo Spirito! E solo questo cuore mariano sa ascoltare. Ella ascolta, “mette insieme” (sun-ballo) le parole udite dall’angelo, dai pastori e dai vecchi Simeone ed Anna, le medita nello Spirito Santo cogliendo il nesso che le lega, cioè l’opera di Dio, e le custodisce con amore nel suo cuore.
I piccoli, i poveri, meritano che noi li ascoltiamo così. Prendendoli sul serio, come fa Dio. E soprattutto riconoscendo la storia che Dio intesse con loro, a partire dalle loro esistenze solo apparentemente banali. Come lo Spirito freme e gioisce in noi quando ascoltiamo la Parola di Dio proclamata nella liturgia o meditata nella Scrittura, così il nostro cuore può riconoscere la Parola di Dio che si incarna nelle vite degli altri e costruisce cammini di santità.
Gli esempi possono essere tantissimi. Prendo in prestito l’elenco che Papa Francesco fa all’inizio di Gaudete et exsultate:
Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio (GeE 7)
Quando, in un momento di confidenza, l’altro ci racconta ciò che sta passando in questa fase della sua vita, e ci comunica i desideri per sé e per la sua famiglia, i suoi sogni e le sue speranze, la preoccupazione per il domani unita alla fiducia che i nodi si scioglieranno e che una porta si aprirà… non è questa una spinta che viene dallo Spirito Santo? Su che cosa si fonda questa fiducia se non nella forza dello Spirito, caparra del futuro che ci attende? Quando un giovane si appassiona dei temi ecologici o di quelli sociali e li approfondisce, informandosi e confrontandosi con gli altri, e decide di dare il suo piccolo ma grande contributo, attraverso la condivisione delle idee, la affermazione dei principi giusti, avendo il coraggio di dire “a me nun me sta bene che no” e “nessuno deve essere lasciato indietro” (il quindicenne Simone di Torre Maura)… Che cosa c’è dietro questa bellissima ostinazione se non lo Spirito della verità, del regno di Dio che è amore, giustizia, pace? Quando una famiglia sperimenta che i loro nuovi vicini di casa vengono da un paese straniero, con tradizioni culturali e religiose differenti, ma che è profondamente arricchente imparare a conoscersi, a rispettarsi, ad aiutarsi, e che i pregiudizi vengono meno per lasciare lo spazio a ciò che accomuna… non è un anticipo di quel mondo nuovo che lo Spirito sta realizzando nel mondo, attraverso il parto e i gemiti della storia umana?
La nostra città è piena di persone e di famiglie che vivono le beatitudini, che ogni giorni lottano e si impegnano per il bene dei loro figli e per il futuro di tutti. E dai piccoli come Maria e Giuseppe, è dalle periferie umane come la Nazareth del Vangelo, che il Signore vuol far ripartire una nuova fase della vita della Chiesa e del mondo. A noi è chiesto di ascoltare il grido del dolore e del parto del mondo nuovo, di riconoscere la presenza di Dio e dello Spirito nella vita delle persone e della storia umana. Lì Dio agisce. Solo un cuore abitato dallo Spirito lo sa ascoltare e riconoscere.
Buon anno a tutti!

“Abbà Padre”: con l’Ufficio catechistico un percorso sul Padre Nostro

Un percorso per «comprendere il significato delle parole che diciamo quando recitiamo il Padre Nostro, e per imparare concretamente a pregare secondo lo stile di Gesù». Così don Andrea Cavallini, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, spiega il senso del nuovo itinerario formativo proposto dal suo Ufficio: “Abbà Padre. Catechesi e scuola di preghiera sul Padre Nostro”.

Il percorso dura sette incontri, ciascuno dei quali prevede una catechesi, un momento di riflessione, e un momento di preghiera comunitaria. Il via sabato 12 gennaio; dalle 16 alle 19. I successivi si svolgeranno sempre di sabato, nello stesso orario, ogni due settimane. La sede sarà sempre quella del Seminario Romano Maggiore, con possibilità di parcheggio interno.

Il cammino formativo, sottolineano dall’Ufficio catechistico, vale anche come preparazione al sacramento della Cresima.

Per ulteriori informazioni, consultare il sito internet www.ucroma.it.

2 gennaio 2019

“A World of 3 Zeros”: la prima nazionale del documentario e il primo 3ZERO Club intitolato a Papa Francesco

La diocesi di Roma invita alla prima nazionale del documentario “A World of 3 Zeros”, che si terrà il 15 novembre alle ore 11 nella Sala Poletti, al piano terra del Palazzo Lateranense. In questa occasione verrà anche annunciata la costituzione del Pope Francis-Yunus 3ZERO Club, un’iniziativa ispirata alla visione di Papa Francesco e del Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus. Interverranno l’arcivescovo monsignor Baldo Reina, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma; Áine Clarke e Michel Van der Veken, registi e autori del documentario; Elena Beccalli, rettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’incontro sarà moderato da padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali del Vicariato.

Il Pope Francis-Yunus 3ZERO Club è il primo passo per superare le disuguaglianze a Roma, come auspicato nell’assemblea diocesana dello scorso 25 ottobre a cui è intervenuto il Santo Padre. Rappresenta un progetto innovativo, il cui obiettivo è creare nuove opportunità imprenditoriali nelle periferie romane, valorizzando i giovani come protagonisti attivi nella creazione di imprese sociali. Questo modello, unico nel suo genere in Europa, si associa al network internazionale dei 3 Zero Club, promosso dal professor Muhammad Yunus, e risponde alla visione di un’economia cristiana, comunitaria e condivisa, che coinvolge le periferie come centri propulsivi di cambiamento e sviluppo sostenibile. In particolare, la diocesi di Roma sosterrà in questo modo due iniziative portate avanti dalla Cooperativa Sociale Manser, insieme all’associazione di volontariato FuoriDellaPorta, che affianca progetti di impresa sociale ai servizi di cura e presa in carico di persone con fragilità. Si tratta della sartoria sociale WinOut e della pizzeria Fermentum. In entrambe le imprese sono impiegati giovani con problemi di salute mentale e altri tipi di fragilità.

La proiezione del documentario “A World of 3 Zeros” offrirà una visione approfondita dell’impegno del professor Yunus verso una società fondata su tre obiettivi: zero povertà, zero disoccupazione e zero inquinamento, tramite l’imprenditorialità diffusa.

Come ha affermato Papa Francesco lo scorso 25 ottobre: «Per ricucire lo strappo serve la pazienza del dialogo senza pregiudizi, confrontandosi con passione sulle idee, sui progetti e sulle proposte utili a rinnovare il tessuto della città. Insieme possiamo rischiare delle strade nuove, vincendo il virus dell’indifferenza, che tutti ci contagia come se quanto accade, negli angoli della nostra città e del pianeta, non ci riguardasse. Per ricucire abbiamo bisogno innanzitutto di uscire dall’indifferenza e lasciarci coinvolgere in prima persona!».

6 novembre 2024

“(Dis)uguglianze”, incontro sull’abitare a Bastogi

Si parlerà di politiche abitative a Roma in una delle periferie della città: a Bastogi, un complesso di case popolari nella zona nord-ovest della città. Qui, nella Sala Teatro della parrocchia di Santa Maria della Presentazione (via di Torrevecchia 1104), giovedì 23 maggio a partire dalle 15, si terrà il nuovo incontro “(Dis)uguglianze”, promosso dalla diocesi di Roma nell’ambito delle celebrazioni per i 50 anni del convegno passato alla storia come “I mali di Roma”.

I lavori dell’appuntamento, dal titolo “Abitare a Roma…germogli di speranza”, saranno aperti alle ore 15 dall’introduzione del vescovo Baldo Reina, vicegerente della diocesi di Roma. Seguiranno i saluti di don Antonio Granio, parroco di Santa Maria della Presentazione; Tobia Zevi, assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative di Roma Capitale; e Sabrina Giuseppetti, presidente del Municipio XIII. Spazio poi alle relazioni degli esperti, attraverso gli interventi di Gianluca Chiovelli, studioso del territorio e socio di “Primavalle in rete” e di “Cornelia Antiqua”; Paolo Berdini, urbanista e saggista; Salvatore Monni, professore ordinario presso il dipartimento di economia aziendale dell’Università degli Studi Roma Tre; Gianluigi Chiaro, economista, consulente di Caritas Italiana e Caritas diocesana di Bologna in materia di politiche abitative.

Non mancheranno testimonianze dal territorio ma anche gruppi di confronto e discussione sulla tematica. Durante l’incontro verrà anche presentato il nuovo progetto di housing sociale intitolato a “Don Roberto Sardelli”, sacerdote che negli anni Settanta visse con i “baraccati” dell’Acquedotto Felice. Il progetto della Caritas diocesana contribuirà ad offrire un alloggio adeguato e sicuro a persone senza dimora, famiglie in difficoltà, titolari di protezione internazionale, nonché consulenza e assistenza in ambito locatizio per le persone più fragili.

«Lo scopo del convegno non è quello di sottolineare le ben note criticità e le gravi problematiche abitative che affliggono la città di Roma – sottolinea monsignor Reina –, colpendo accanto agli strati sociali più fragili anche fasce della popolazione che hanno un lavoro e un reddito dignitoso. L’obiettivo è invece quello di condividere, in una dialettica e scambio dinamico, esperienze, iniziative concrete e percorsi intrapresi che possano costituire uno spunto di riflessione, finalizzato a individuare buone prassi per la gestione del problema abitativo, che affligge non solo la città di Roma, ma tutte le città metropolitane».

Per Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma, «sono troppe le disuguaglianze che Roma vive e che trovano la massima visibilità nel campo dell’abitare – dichiara –. Non è più il tempo per limitarsi al generico grido di allarme, al generico appello alle istituzioni e alle forze politiche. Il tempo che abbiamo dinanzi è ormai quello di una mobilitazione più ampia della città; accanto, ovviamente, a quella della richiesta di una più forte assunzione di primarie e insostituibili responsabilità da parte delle istituzioni».

L’ingresso è libero e gratuito, ma si prega di compilare il form on line https://forms.gle/daZ2shrrMpvm72tn6

13 maggio 2024

“(Dis)uguglianze”, incontro sul lavoro

Lavoro povero, salario minimo, ruolo delle cooperative. E le sfide da intraprendere con coraggio per dare al lavoro il senso di un percorso di dignità. Saranno questi i temi al centro dell’incontro “Quando il lavoro non genera la vita”, quarto appuntamento tematico del ciclo sulle “(Dis)uguaglianze” voluto dalla diocesi di Roma, promosso in occasione dei cinquant’anni del convegno sui “mali di Roma”. Sarà la cooperativa La Nuova Arca, a via di Castel di Leva 416, a ospitare i lavori, venerdì 14 giugno dalle 16.30: un luogo simbolico, poiché la cooperativa sociale nata nel 2007 si occupa di inclusione e reinserimento di donne sole con bambini, persone con disabilità, rifugiati e migranti.

Ad aprire il pomeriggio di approfondimento saranno i saluti del vicegerente della diocesi di Roma, il vescovo Baldo Reina, e di monsignor Francesco Pesce, incaricato diocesano della Pastorale sociale, del lavoro e della cura del creato. Interverranno poi Daniele Leppe, avvocato del lavoro; Paolo Naticchioni, professore associato a Scienze politiche all’Università di Roma Tre; Antonio Finazzi Agrò, promotore e presidente de La Nuova Arca; Lidia Borzì, presidente delle Acli di Roma aps; Vittorio Pelligra, professore di Economia politica all’Università di Cagliari. Seguiranno alcune testimonianze ed esperienze. Modererà i lavori Oliviero Bettinelli, vicedirettore dell’Ufficio diocesano della pastorale sociale, del lavoro e della cura del creato.

«Il lavoro è dignitoso quando è liberante – riflette monsignor Pesce –. Non dimentichiamo che siamo stati cacciati dal paradiso terrestre perché presuntuosi e che per conquistarci di nuovo la nostra dignità dobbiamo pagare con il sudore della fronte. Il lavoro va tutelato per questo motivo: ci offre l’opportunità di liberarci dalla nostra arroganza mettendosi al servizio della nostra crescita come soggetti di una rinnovata collettività».

Si tratta «di un percorso tanto lineare quanto necessario – aggiunge Bettinelli –. Ecco perché il lavoro non deve limitarsi a garantirci un salario per vivere, ma ci deve offrire soprattutto la possibilità di “essere”. Non un castigo penoso da sopportare, ma il riconoscimento di una identità non schiava del profitto ma in grado di alimentare una creatività troppo spesso soffocata, la realizzazione di sogni possibili, la partecipazione con competenza alla vita comune. Il lavoro ha a che fare con la fatica e la libertà e ha bisogno di politiche che non siano residuali o occasionali, ma di scelte strategiche che tutelino il presente e garantiscano il futuro». Ecco perché temi come precariato e cura del lavoratore saranno al centro dell’incontro del 14 giugno. «Il lavoro – conclude Bettinelli – va inteso come fonte di reddito e di qualità della vita».

3 giugno 2024

“We believe in love”, l’inno di monsignor Frisina e il videoclip di Luigi Pingitore

Piazza del Popolo e il Colosseo, le strade della Garbatella e i murales di Tor Marancia, un papà che vende fiori al mercato e una mamma che fa volontariato alla mensa della Caritas, l’Aula Paolo VI vuota, quasi in attesa, e il Coro della Diocesi di Roma che prova nella basilica di San Giovanni deserta. “We believe in love, alleluja”, cantano. Le immagini girate dal regista Luigi Pingitore si fondono perfettamente alle parole scritte e alla musica composta da monsignor Marco Frisina. Nel corso della conferenza stampa organizzata giovedì 30 settembre nella Sala Stampa vaticana sono stati presentati sia l’inno ufficiale del X Incontro mondiale, sia il videoclip che lo accompagna.

L’inno è cantato in nove lingue diverse ed «è stato pensato per accompagnare i grandi momenti dell’Incontro – sottolinea monsignor Frisina –, uno strumento con cui poter coinvolgere in canto tutte le famiglie. Il ritornello in lingua inglese, composto da una melodia molto semplice e orecchiabile, proclama con entusiasmo i grandi valori fondamentali della famiglia: l’amore e la vita. Lo stile musicale dell’inno è volutamente popolare e internazionale, per favorire la partecipazione da parte di tutte le famiglie del mondo».

Il regista del videoclip è Luigi Pingitore. «Mi sono accostato a questo lavoro – racconta – con lo stupore che chiunque di noi può provare di fronte all’immensa bellezza che si nasconde in certi scorci romani, nelle navate silenziose delle chiese, nei gesti intimi e spesso anonimi dei tanti uomini che ogni giorno accolgono e sorreggono gli altri, nella meravigliosa luce romana che si imbeve nelle pietre millenarie rendendole all’improvviso l’unico oggetto che valga davvero la pena guardare. Questo stupore era felicità. E cosa ci può essere di più intimamente spirituale che riconoscere la felicità della bellezza e provare a raccontarla?».

30 settembre 2021

“Vocazioni felici”: la presentazione del libro

«Parlare di vocazioni e alle vocazioni significa farsi vicino alle gioie e alle sofferenze di un servizio spesso non apprezzato. Eppure il mondo ha bisogno di sentir parlare di Dio, di incontrare e riconosce i testimoni di un amore che include, che perdona, che non delude, che non segue le mode del tempo. L’Amore per sempre e per tutti, tutti, tutti». Sono parole che Papa Francesco scrive nella prefazione al libro “Vocazioni felici. Integrare orientamento sessuale, affetti e relazioni” (Ed. San Paolo), curato dalla psicologa Chiara D’Urbano, consultrice del Dicastero per il Clero. Il volume sarà presentato mercoledì 9 aprile alle ore 17 nella Sala della Conciliazione del Palazzo Lateranense; all’evento interverranno il cardinale Baldo Reina, vicario del Santo Padre per la diocesi di Roma; il cardinale Lazzaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero; il vescovo Michele Di Tolve, rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore; e suor Alice Callegari, delle Figlie della Chiesa. Modererà l’incontro Alessandro De Carolis, giornalista vaticanista. Sarà presente l’autrice.

Il testo, spiega l’autrice, «si rivolge a uomini e donne, che vogliono vivere la loro vocazione in modo autentico e felice. È possibile la felicità in ambito vocazionale? Certamente. E il benessere, la felicità passano attraverso il riconoscimento dell’umanità di sacerdoti, religiose e religiosi, e l’integrazione del mondo dei sentimenti e degli affetti, al di là dell’orientamento eteroaffettivo e omoaffettivo. Non è l’orientamento sessuale, infatti, la questione centrale, ma l’integrazione affettiva. La pratica psicologica, la letteratura scientifica, l’esperienza di formatori e formatrici, e infine la testimonianza diretta di sacerdoti e religiose, aprono la via, come questo libro documenta, a una visione positiva, di fatto più evangelica e più vera sul tema vocazionale».

Chiara D’Urbano è psicologa e psicoterapeuta, consultrice del Dicastero per il Clero, perito dei Tribunali Ecclesiastici (Rota Romana, Tribunale SCV, Tribunale di Istanza del Vicariato di Roma). Da molti anni opera in sede clinica e formativa nell’accompagnamento dei processi vocazionali maschili e femminili. Al libro hanno collaborato don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni; una monaca formatrice di giovani religiose; e alcuni sacerdoti, religiosi e religiose che hanno raccontato, sotto forma di intervista, la loro esperienza. Chiude il volume un’accorata lettera aperta di 50 sacerdoti con orientamento omoaffettivo.

LocandinaDUrbano

4 aprile 2025

“Villaggio Oratorio Senior Weekend” – formazione per responsabili e assistenti di oratorio (COR)

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