Da L’Osservatore Romano, 3-4 gennaio 2020.
Un’occasione per ripercorrere l’anno appena concluso partendo da tanti gesti e opere di carità cristiana compiuti da giovani e adulti, accompagnati da musica, parole, momenti di riflessione e testimonianze: anche quest’anno a Torino, come da tradizione, il Servizio missionario giovani (Sermig) – Arsenale della pace ha voluto dare un significato particolare al Capodanno con due appuntamenti, il “Cenone del digiuno†e la “Marcia della pace†sulla scia della Giornata mondiale celebrata il 1° gennaio.
Tra gli obiettivi dell’evento, che ha avuto come tema «La speranza ha già vinto», la devoluzione del denaro che i partecipanti avrebbero speso per la festa dell’ultimo dell’anno alla popolazione siriana tramite padre Ibrahim Alsabagh, parroco ad Aleppo, alla comunità latina della chiesa di San Francesco d’Assisi sempre nella città siriana, e per il finanziamento di opere quali la costruzione di pozzi nei campi profughi in Eritrea e in Etiopia.Durante il “cenone del digiunoâ€, preceduto il 29 dicembre dalla marcia dei bambini di Porta Palazzo che hanno esortato gli adulti a compiere gesti di distensione sul tema di fondo «Felicizia ovunque!», si è svolta una veglia con testimonianze e riflessioni seguite dall’animazione dei giovani dell’Arsenale della pace che si sono poi incamminati insieme agli altri partecipanti nella marcia diretta al duomo di Torino per la celebrazione della messa di mezzanotte con l’arcivescovo Cesare Nosiglia.
«La speranza non è buonismo — ha dichiarato Ernesto Olivero, fondatore del Sermig — ma una scelta del cuore e dell’intelligenza. La vera speranza è quella che nasce da scelte concrete per la giustizia e la pace. Essa non è utopia, non è credere nei buoni sentimenti, ma chiedersi ogni giorno che cosa possiamo fare per rispondere al male e alle ingiustizie con gesti concreti, con scelte personali. Lo abbiamo fatto anche nei giorni di capodanno, per condividere ideali e motivazioni. Un mondo nuovo è davvero alla nostra portata!».
Quel mondo nuovo, fondato su opere di giustizia e di pace a favore dei più poveri che Olivero ha ritenuto possibile fin dalla fondazione del Sermig, nel maggio del 1964. La sede dell’organizzazione, dal 1983 nell’ex arsenale militare di Torino trasformato in una casa di accoglienza per gli indigenti e ribattezzato “arsenale della paceâ€, è la significativa dimostrazione di un progetto che non smette di rinnovarsi. La struttura è una sorta di “monastero metropolitano†— è scritto sul sito dell’organismo — luogo di fraternità e di ricerca. Una casa aperta al mondo e all’accoglienza delle persone in difficoltà , una casa per i giovani che cercano il senso per la propria vita, un laboratorio di idee, un luogo di incontro, cultura, dialogo e formazione».
All’interno della struttura sono ospitati l’“Università del Dialogoâ€, dedicata alla formazione dei giovani su temi quali l’educazione alla convivenza tra culture, la pace e in generale i grandi temi dell’esistenza, una scuola per artigiani restauratori e un laboratorio di musica riconosciuti dal ministero della Pubblica Istruzione: un luogo, insomma, «dove ognuno può ritrovare silenzio e spiritualità , se stesso e il respiro del mondo». E dove il Sermig ha portato avanti oltre duemila progetti di sviluppo a servizio delle comunità più povere in 88 paesi, come quello denominato “Arsenale della speranza†e che ha visto anche qui un “cambiamento di destinazioneâ€.
L’antica “Hospedaria dos imigrantes†di San Paolo In Brasile, un edificio che dal 1886 fino agli anni Cinquanta ha accolto milioni di migranti provenienti da tutto il mondo — quasi un milione dall’Italia — i quali sostavano in questa “casa del dolore†per un periodo di quarantena prima di essere destinati alle piantagioni di caffè e di cotone, è ora diventata una struttura di accoglienza per i sofredores de rua, cioè tutti coloro che emigrano verso le grandi città alla ricerca di opportunità di lavoro e di vita. Il complesso offre ogni giorno a più di mille persone un letto, colazione, il necessario per provvedere all’igiene personale, assistenza medica, laboratori di arte-terapia, corsi di alfabetizzazione, di formazione al lavoro, biblioteca, cinema, musica corale, attività sportive, un bazar e un gruppo di appoggio per alcolisti e tossicodipendenti. Tutto questo con l’obiettivo di restituire dignità ai più poveri e favorirne il reinserimento sociale. Un’esperienza che insegna come, spiegano i responsabili del Sermig, «anche chi si pensa il più povero tra i poveri può riscoprire dentro di sé la forza e i talenti per cambiare non solo se stesso, ma anche un po’ il mondo».