“Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia, di pace.

Stimolaci a creare societĆ  più sane e un mondo più degno senza povertĆ , senza violenza, senza guerre” (FT)



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Acli di Roma: Laudato Si’ e cibo recuperato


Pubblichiamo il racconto inviato dalle Acli di Roma sulla Laudato Si’ e il cibo recuperato:

Ā«Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, eĢ€ un modo per non affrontare i problemi. Si pretende cosiĢ€ di legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti di un simile consumo. Inoltre, sappiamo che si spreca approssimativamente un terzo degli alimenti che si producono, e ā€œil cibo che si butta via eĢ€ come se lo si rubasse dalla mensa del poveroā€Ā».

(LS 50)

“Ogni giorno assistiamo a un vero e proprio paradosso dell’abbondanza: il cibo c’eĢ€ per tutti ma non tutti vi hanno accesso. C’eĢ€ chi ne ha in abbondanza e butta con disinvoltura alimenti comprati in eccesso o lasciati scadere in frigo, e chi finisce a rovistare tra i rifiuti, magari nei cassonetti dei mercati a fine giornata, per trovare qualcosa da mangiare che non puoĢ€ permettersi di comprare. Alla luce di questo paradosso, quando Papa Francesco ci ha ricordato che ā€œil cibo che si butta via eĢ€ come se lo si rubasse dalla mensa del poveroā€, come ACLI di Roma – associazione di promozione sociale che mette al centro la dignitaĢ€ delle persone – ci siamo sentiti ancora piuĢ€ coinvolti nel nostro impegno contro la cultura dello scarto attraverso ā€œIl cibo che serveā€. La nostra Buona Pratica di recupero delle eccedenze alimentari e di contrasto allo spreco costruita attorno a due parole chiave rete e recupero, e a un principio moltiplicatore di solidarietaĢ€: ā€œaiutare chi aiutaā€.

Siamo partiti recuperando il ā€œpane del giorno primaā€, quello invenduto nei panifici ma ancora buono da mangiare, che grazie al lavoro di matching tra domanda e offerta da parte dei nostri volontari, veniva consegnato alle associazioni, quotidianamente al servizio delle persone piuĢ€ fragili.


Ci siamo subito resi conto che il pane eĢ€ un alimento semplice ma non un semplice alimento. D’altra parte, lo dicevano giaĢ€ i nostri nonni: ā€œvado a guadagnarmi il paneā€ per dire ā€œvado a lavorareā€. E ancora primi i romani, che con l’espressione ā€œcum panisā€ (da cui eĢ€ derivata la parola ā€œcompagniā€) intendevano ā€œche mangia lo stesso paneā€. Ma, soprattutto per noi cattolici, il pane eĢ€ il simbolo del sacrificio eucaristico, il nostro legame con Cristo. Allo stesso modo per noi, da subito, recuperare il pane e consegnarlo alle mense delle associazioni solidali, ha significato costruire legami.

Poi il progetto eĢ€ lievitato, letteralmente. Sono cresciuti i bisogni e aumentate le richieste e questo ci ha spinto a sviluppare una rete che ci consentisse di allargare la platea dei donatori e delle donazioni, in connessione con i Municipi e con le altre organizzazioni solidali. Ai panifici si sono aggiunti cosiĢ€ servizi di catering e ristorazione, negozi di vendita al dettaglio, la Grande Distribuzione Organizzata e i mercati rionali e agroalimentari; mentre sul nostro furgone solidale hanno trovato posto frutta, verdura, cibi freschi di prossima scadenza e prodotti ittici. É cambiata la forma ma non la sostanza.

Con la pandemia poi, il lavoro eĢ€ raddoppiato, le eccedenze sono arrivate anche dai ristoranti alle prese con i continui stop&go. Ma oltre agli ā€œscartiā€, sono aumentati anche gli ā€œscartatiā€, persone impoverite da un minuscolo e brutale virus che all’improvviso si sono ritrovate senza avere niente da mettere a tavola. E noi ci siamo sentiti sempre di piuĢ€ custodi dei nostri fratelli, incarnando il desiderio di contrastare lo spreco alimentare che eĢ€ uno dei segni nefasti della “cultura dello scarto”, che non solo mette in pericolo il destino stesso del pianeta, aumentando le disuguaglianze tra chi nel mondo ha troppo e chi troppo poco, ma rappresenta anche il volto offeso di una cittaĢ€ come Roma dove invece ci sono anche tanti anticorpi buoni che ogni giorno, con le loro azioni, combattono silenziosamente l’indifferenza.

Non solo recuperare. Possiamo dire che la nostra Buona Pratica ci permette ogni giorno di uscire in ascolto del grido della cittaĢ€, attraversando le periferie geografiche ed esistenziali; di incontrare a tu per tu con un’azione di prossimitaĢ€ i bisogni dei piuĢ€ fragili, e di abbracciare la persona in tutta la sua fragilitaĢ€ dai bisogni materiali a quelli spirituali e, allo stesso tempo collegare la comunitaĢ€, facendo rete tra Parrocchie, realtaĢ€ solidali e Istituzioni.

Con il tempo, mettendo insieme tanti tasselli, ā€œIl cibo che serveā€ eĢ€ diventato un esempio di economia circolare per cui il cibo, a un passo dal diventare eccedenza, si trasforma in una risorsa che produce un valore che vale per cinque: ambientale, perché con il recupero si producono meno rifiuti; economico, per gli esercenti che concretizzano la loro responsabilitaĢ€ sociale d’impresa; per la salute perché riusciamo a recuperare anche alimenti ricchi di fibre e vitamine come frutta e verdura, e prodotti ittici a cui tante persone in difficoltaĢ€ sono costrette a rinunciare, contrastando cosiĢ€ un’ingiustizia che non eĢ€ tollerabile; educativo con iniziative e webinar di sensibilizzazione sui temi della prevenzione dello spreco e della salvaguardia dell’ambiente. E infine, la nostra Buona pratica produce valore sociale e relazionale, perché oggi, dopo aver esteso la platea di beneficiari riusciamo ad arrivare direttamente sulla tavola di tante famiglie bisognose.

Valori che ruotano attorno a una idea di welfare inclusivo