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Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno senza povertà, senza violenza, senza guerre” (FT)



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Rapporto di ricerca Euricse-Istat 2021


L’economia sociale in Italia è costituita da 379.176 organizzazioni con un valore aggiunto
complessivo di oltre 49 miliardi di euro, 1,52 milioni di addetti e più di 5,5 milioni di volontari. Rispetto al
settore privato, l’economia sociale rappresenta l’8% delle organizzazioni, il 6,7% del valore aggiunto, il
9,1% degli addetti e il 12,7% dei dipendenti. Peso su valore aggiunto e addetti che sale ulteriormente,
rispettivamente, al 7,0% e al 9,4% se si includono anche le società di capitali controllate dalle cooperative
al vertice di un gruppo d’impresa. Questi alcuni dei dati più significativi contenuti nel nuovo Rapporto Euricse-Istat 2021 sull’economia sociale nel nostro paese. Un rapporto che prende in esame le associazioni, le cooperative, le mutue, le fondazioni
e le altre istituzioni nonprofit come le imprese sociali, su dati 2015-2017.

Guardando all’intera economia italiana, mette in rilievo il Rapporto, ovvero considerando sia la parte pubblica che quella privata, il contributo delle Organizzazioni dell’ economia sociale (OES) alla formazione del valore aggiunto nazionale è del 3,4% (3,5% includendo
le controllate). In particolare, il maggior peso dell’economia sociale si registra nel Nord-Est e nel Centro con
rispettivamente il 4% e il 4,3%; nelle regioni meridionali, invece, la percentuale scende al 2%.

Il 75,7% delle OES è costituito in forma di associazione. Le cooperative, prosegue il Rapporto Euricse-Istat,
rappresentano invece il 15,6% delle unità. Tuttavia, se si considera il peso economico, le proporzioni si invertono: sono le cooperative a contribuire maggiormente alla formazione del valore aggiunto
dell’economia sociale con una quota del 60%, pari a 28,6 miliardi di euro. Le cooperative sono anche il
principale bacino occupazionale dell’economia sociale: impiegano oltre i tre quarti degli addetti (1,15
milioni di cui 380 mila nelle sociali e 771 mila nelle altre).

Le OES operano in tutti i settori di attività, con una concentrazione numerica
maggiore nei settori delle attività artistiche, sportive e di intrattenimento (37%) e degli altri servizi (35%),
attività tipiche delle istituzioni non profit. Sebbene più distanziato, il settore successivo per consistenza
numerica è quello della sanità e assistenza sociale (11,3%). Quest’ultimo settore è però il più rilevante dal
punto di vista economico: le OES che vi operano generano un valore aggiunto pari a 12,7 miliardi di euro
(25,9% del totale). La sanità e assistenza sociale con più di 445 mila addetti (29,3%), i servizi di supporto
alle imprese con quasi 224 mila addetti (14,6%) e il trasporto e magazzinaggio con più di 200 mila (13,6%)
si confermano i settori più rilevanti anche sul fronte dell’occupazione.

Rispetto all’intera economia privata, dal punto di vista del numero di organizzazioni,
l’incidenza maggiore si riscontra nei settori degli altri servizi (64,8%), della ricreazione, sport e cultura
(48,1%) e dell’istruzione (17,1%), e cioè nei settori dove prevalgono le forme organizzative di tipo
associativo. Spostando invece l’attenzione sul valore aggiunto e sull’occupazione, il settore dove le OES
sono di assoluta rilevanza è quello dell’istruzione (che rappresenta oltre il 60% del valore aggiunto e degli
addetti dell’economia privata), seguito dai settori degli altri servizi (71% del valore aggiunto, 23,3% degli
addetti), della sanità e assistenza sociale (35,9% del valore aggiunto, 45,1% degli addetti) e delle attività
culturali, sportive e ricreative (25,3% del valore aggiunto, 21% degli addetti).

A livello regionale, invece, oltre il 15% delle OES è concentrato in Lombardia, circa il 10% nel Lazio e
l’8% in Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. La distribuzione del valore aggiunto per regione delinea una
maggiore capacità di generare reddito da parte delle organizzazioni attive nelle regioni del Nord che, pur
rappresentando il 49,4% del totale delle OES, producono il 59% del valore aggiunto complessivo. In
particolare, oltre un terzo del valore aggiunto totale è prodotto in due regioni: in Lombardia (22%) e in
Emilia-Romagna (15%).
“L’economia sociale contribuisce alla formazione dei redditi e dell’occupazione dei sistemi economici
regionali in modo diversoâ€, si legge ancora nel Rapporto sull’economia sociale, “in Emilia-Romagna, Umbria, Sardegna, Molise e Puglia, caratterizzate da un peso
delle OES sul valore aggiunto dell’economia privata intorno al 10%, il contributo delle cooperative è
predominante. Le cooperative dell’Emilia-Romagna, infatti, contribuiscono al valore aggiunto della regione
con il 9,3% (il resto delle OES con l’1,3%), quelle dell’Umbria con l’8,5% (1,8% per le altre OES), in Sardegna
con il 6,7% (2,4% per le altre OES). “Ancora più evidente è l’apporto delle OES – soprattutto delle
cooperative – al numero complessivo dei dipendenti delle imprese private nelle singole regioni. In
particolare, i dipendenti delle OES di Emilia-Romagna, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Molise, Umbria e
Basilicata contribuiscono a circa il 15% del numero complessivo di dipendenti delle imprese private e, in queste regioni, il peso dei dipendenti delle cooperative risulta sempre superiore all’11% del totale
regionale (in particolare in Emilia-Romagna il 18,6% di dipendenti è impiegato da cooperative)â€.

Il 41,3% delle OES presenta un orientamento market, ovvero vendono ad altri
tutto o gran parte di ciò che producono ad un prezzo economicamente significativo. Questa componente
impiega il 93,9% di addetti dell’economia sociale e genera circa il 90% del valore aggiunto complessivo.
Diversamente, le OES non market – che offrono gratuitamente beni e servizi prodotti o li vendono ad un
prezzo “calmierato†– impiegano meno addetti (il 6,1% del totale), avvalendosi prevalentemente di
personale non retribuito (63,8% dei volontari attivi nell’economia sociale), e generando poco più del 10,1%
del valore aggiunto dell’intero settore.

Nell’85,5% delle istituzioni non profit italiane la fonte di finanziamento
principale è di provenienza privata, mentre nel 14,5% dei casi prevale quella pubblica. Le organizzazioni
che utilizzano maggiormente fonti di finanziamento pubblico sono presenti soprattutto nei settori della
sanità (48,2%) e dell’assistenza sociale e protezione civile (33,4%). Il ricorso a entrate di natura privata è
più diffuso invece tra gli enti che operano nei settori della religione (97,8%), delle relazioni sindacali e
rappresentanza di interessi (94,6%), della cooperazione e solidarietà internazionale (89,6%).

Le donne rappresentano il 57,2% dei dipendenti delle OES contro il 39,2% nelle altre
imprese. Le OES si caratterizzano per un livello di istruzione superiore rispetto a coloro che lavorano nelle
altre imprese: i dipendenti laureati sono il 21,4% nelle prime e inferiori al 15% nelle seconde. Inoltre, il
54,1% dei dipendenti delle OES ha un contratto a tempo pieno, mentre nelle altre imprese la percentuale è
significativamente più elevata (73,2%). La maggior presenza di lavoratori part-time può essere spiegata
come conseguenza del maggior peso della componente femminile sul totale occupati OES e quindi di una
probabile conciliazione dei tempi di vita tra impegni familiari e lavorativi, oltre che dalla concentrazione in
determinate attività economiche.

L’evoluzione dell’economia sociale negli anni più recenti segnala, dal 2015 al 2017, una
dinamica positiva sia del numero di organizzazioni (+4,2%), passate da 379.176 nel 2015 a 394.968 nel
2017, sia del numero di dipendenti (+3,5%), passati da 1,49 a 1,55 milioni. A fronte dell’incremento medio
nazionale, la dinamica delle OES nelle regioni risulta tuttavia molto diversificata. Per quanto riguarda il
numero delle organizzazioni, la crescita maggiore si registra in alcune regioni meridionali, in particolare in
Molise, dove l’incremento tra il 2015 e il 2017 è risultato superiore al 14%, e in Calabria, Basilicata e
Campania (con aumenti superiori all’8%).

L’ultima parte del rapporto è dedicata a focus settoriali su sanità e assistenza sociale,
istruzione e formazione, cultura, sport e ricreazione. L’analisi evidenzia che il processo di policy making a
livello degli enti territoriali e locali ha prodotto un welfare a geometria variabile in cui cambia l’apporto di
amministrazioni locali, mercato ed economia sociale e che restituisce una rappresentazione di quest’ultima
che va oltre la tradizionale separazione tra Nord e Sud del Paese.

(Giuseppe Cionti)

Appunti di ecologia integrale

La road map di Papa Francesco: dalla Evangelii Gaudium alla Fratelli Tutti“: https://fb.watch/dEgsNse8x_/

Oltre l’emergenza per promuovere la cultura della cura” – Don Maurizio Tarantino, Direttore Caritas di Otranto: https://fb.watch/dEgx2k-FER/

“Il processo sinodale: luogo dell’ascolto e della condivisione†– Mons. Francesco Pesce, Incaricato Servizio Pastorale Sociale e del Lavoro e Oliviero Bettinelli, Vicedirettore Servizio Pastorale Sociale e del Lavoro: https://fb.watch/dEgAkckCaK/

Custodi del creato al tempo dei cambiamenti climatici†– Cecilia Dall’Oglio, Direttrice programmi europei “Movimento Laudato Si’â€, Pierluigi Sassi, Presidente Earth Day Italia: https://fb.watch/dEgEzichiA/

“Quando commerciare fa rima con armareâ€- Don Renato Sacco, Consigliere Nazionale Pax Christi, redattore di Mosaico di Pace: https://fb.watch/dEgK32ZCpd/

“Informare per partecipare: dal PNRR ai trattati internazionali†– Monica Di Sisto, giornalista, vicepresidente Fairwatch, osservatorio su commercio internazionale e clima e con Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia WWF Italia https://fb.watch/dEgOrJVYfP/

“Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura†– don Tonio Dell’Olio, Presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, giornalista e redattore di Mosaico di Pace: https://fb.watch/dEgUr2TpWm/

Pace è giustizia sociale†– Nicoletta Dentico, responsabile programma di salute globale, Society for International Development (SID): https://fb.watch/dEgX_UItj9/

La finanza: meccanismi e responsabilità†– Simone Grillo, Banca Etica: https://fb.watch/dEg-LxIDhM/

“Migrazioni e migranti†– Luca Di Sciullo, Presidente Centro Studio e Ricerche IDOS: https://fb.watch/dEh2E6iAkj/

“A proposito di economia trasformativa†– Riccardo Troisi , economista e docente di Economia Trasformativa presso l’Università Cooperativa di Colombia: https://fb.watch/dEh61_WndS/

“Questa economia uccide†– Monica Di Sisto , giornalista, Vicepresidente di Fairwatch, osservatorio su commercio internazionale e clima: https://fb.watch/dEh9hhR_M6/

“Dalle buone prassi alla buona politica†– Toni Mira, giornalista Avvenire, esperto di problemi sociali: https://fb.watch/dEhbZaFxqX/

Il tortuoso mondo del lavoro. Sulle tracce di percorsi possibili†– Soana Tortora (Solidarius Italia) e con Marco Ruopoli (coop. SOPHIA): https://fb.watch/dEhff_xT6s/

Pensare progetti per iniziare processi. La sfida e la pazienza del lavoro di comunità” – Oliviero Bettinelli, Vicedirettore dell’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Roma: https://fb.watch/dEhhQhipux/

“La comunità ecclesiale tra coerenze, impegno e annuncio. Tracce di un cammino†– Mons. Francesco Pesce, Incaricato Servizio Pastorale Sociale e del Lavoro: https://fb.watch/dEhjEhe0ex/

 

Editoriale

Il diritto a “Laudare Deum ” di Oliviero Bettinelli

RIFLESSIONE SULLA LAUDATE DEUM, OLIVIERO BETTINELLI

La carta dei diritti dell’uomo si evolve con la nostra storia. Gli uni non cancellano gli altri, ma li integrano con sempre maggiore consapevolezza. Papa Francesco ne è interprete e guida. La sua riflessione e il suo discernimento nella “Laudate Deum†ci orientano con sapienza a declinare alcuni diritti che come singolo e come comunità siamo chiamati a esercitare.

Abbiamo diritto a governanti che reagiscano di più, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura.

Abbiamo diritto di non nasconderci di fronte agli eventi che ci dicono come “l’impatto del cambiamento climatico danneggi sempre più la vita di molte persone e famiglie.

Abbiamo il diritto di non pagare gli effetti del disastro che si instaura in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti

Abbiamo il diritto di considerare i problemi legati all’ambiente come un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana.

Abbiamo il diritto ad una informazione corretta che non cerchi di negare l’evidenza dei segni del cambiamento climatico, di nasconderli, di dissimularli o di relativizzarli.

Abbiamo il diritto di essere guidati da pastori liberi da opinioni sprezzanti e irragionevoli , che riconoscano che l’origine antropica del cambiamento climatico «non può più essere messa in dubbio» e ne facciano oggetto di riflessione.

Abbiamo il diritto a momenti di sensibilizzazione competenti perché come società possiamo vincere la tendenza a «minimizzare» il problema o addirittura a metterlo in ridicolo, riducendolo a una questione «solo ambientale, “verdeâ€, romantica» e non invece – quale è – un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli.

Abbiamo il diritto di dimostrare che non è vero che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico porteranno a una riduzione dei posti di lavoro quando, al contrario, milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico, come l’innalzamento del livello del mare o la siccità.

Abbiamo il diritto di camminare verso un punto di svolta reale, all’insegna della responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo.

Abbiamo il diritto di essere consapevoli che non possiamo più fermare gli enormi danni che abbiamo causato e, forse, siamo appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici.

Abbiamo il diritto di denunciare le grandi potenze economiche che non si preoccupano di questo, ma solo di ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibile.

Abbiamo il diritto di temere un «paradigma tecnocratico», sottovalutando che il nostro potere è aumentato freneticamente in pochi decenni e siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza.

Abbiamo il diritto di denunciare la logica del massimo profitto al minimo costo e con essa la decadenza etica del potere reale, ormai mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, da meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso di essi.

Abbiamo il diritto di partecipare nello spazio dovuto alle aggregazioni e organizzazioni della società civile che a livello politico e diplomatico auspicano un multilateralismo dal basso che non dipenda dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi ma che abbia un’efficacia stabile.

Abbiamo il diritto di avere governanti che sviluppino più democratizzazione» nella sfera globale, anche tramite una nuova procedura per il processo decisionale e per la legittimazione di tali decisioni, poiché quella stabilita diversi decenni fa non è sufficiente e non sembra essere efficace. Non sarà utile sostenere istituzioni che preservino e tutelino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti.

Abbiamo il diritto di richiedere un’inversione di rotta, che superi la logica dell’apparire sensibili al problema ma che non attivi con coraggio cambiamenti sostanziali.

Abbiamo il diritto a costruire un futuro di speranza per evitare il rischio nel quale corriamo il rischio di rimanere bloccati nella logica di rattoppare, rammendare, legare col filo, mentre sotto sotto va avanti un processo di deterioramento che continuiamo ad alimentare.

Abbiamo il diritto di essere profondamente e dignitosamente umani, responsabili e custodi del Creato che ci è stato dato in Dono, organizzando la speranza in modo efficiente, vincolante e facilmente monitorabile.

In Evidenza

Ascoltare i territori per narrare la speranza

17 aprile 2023

L’Ufficio della “Pastorale sociale, del lavoro e della custodia del creato†della Diocesi di Roma promuove il 17 aprile alle ore 17,30, presso la “sala Poletti†del Vicariato di Roma, un incontro su “RETI DI MUTUALISMO E POLI CIVICI A ROMAâ€: 0sservatorio delle reti romane di mutualismo e sperimentazione di centri civici a supporto dello sviluppo locale integrale delle periferieâ€.

Per leggere il comunicato: https://www.diocesidiroma.it/pastoralesociale/index.php/ascoltare-i-territori-per-narrare-la-speranza/

 

 

 

 

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