In una nota spedita nei giorni scorsi al clero di Roma, il Consiglio episcopale diocesano ha sintetizzato i criteri teologici e pastorali che sono stati formulati nei vari testi sul Triduo Pasquale dal Concilio Vaticano II a oggi.
In essa sono racchiuse una serie di indicazioni che nella Diocesi hanno già trovato generalmente piena applicazione. Tuttavia, si legge nel documento, «è necessario che il popolo di Dio celebri e viva le azioni liturgiche che si compiono nel Triduo con la consapevolezza che esse sono il centro di tutta la vita cristiana, tanto per la Chiesa universale, quanto per le comunità locali della medesima». E, per garantire a tutti i fedeli affidati alla nostra cura pastorale un’esperienza viva di incontro con il Signore Crocifisso e Risorto, è sembrato opportuno richiamarli all’attenzione, offrendo alcune chiarificazioni pastorali, che conferiscano uniformità alla vita della Diocesi.
In questo modo le parrocchie (e le istituzioni pastorali che hanno cura d’anime, quali le chiese nazionali, le missioni in cura d’anime per i migranti, le cappellanie ospedaliere e carcerarie) divengono il cuore pulsante della vita liturgica nelle celebrazioni del Triduo Pasquale. Le altre realtà ecclesiali possono invece riscoprire il proprio carisma di luoghi privilegiati per la preghiera personale e la celebrazione della riconciliazione.