San Giuseppe dei Falegnami, le opere d’arte in salvo

Stabilire le cause del crollo e progettare la ricostruzione della porzione venuta giù all’improvviso in quel pomeriggio del 30 agosto. Sono questi i due obiettivi degli uffici competenti del Vicariato di Roma, d’intesa con gli altri organismi interessati, a nove giorni dal crollo del tetto di San Giuseppe dei Falegnami, la chiesa del XVII secolo al Foro Romano sopra il Carcere Mamertino. Un fatto improvviso che non ha coinvolto nessuna persona visto che in quel momento l’edificio di culto era chiuso. Sono rimaste la prima capriata in corrispondenza della cantoria, dove è collocato il pregevole organo a canne del XVIII secolo, e la volta dell’area presbiteriale.

A confermare che non c’era stato nessun segnale premonitore era stato già subito dopo il crollo il vescovo Daniele Libanori, gesuita, rettore della chiesa, che risiedeva nell’adiacente casa canonica. Subito è partita la messa in sicurezza da parte dei Vigili del Fuoco di Roma che, di concerto con la Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio del Comune di Roma, il Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale e l’ente proprietario, l’arciconfraternita di San Giuseppe dei Falegnami legata al Vicariato di Roma, hanno provveduto al recupero di opere d’arte presenti nella chiesa iniziata da Giacomo della Porta. E a tutti gli organismi coinvolti, compresa la Polizia locale di Roma Capitale, va il «grazie» di don Pier Luigi Stolfi, direttore dell’Ufficio edilizia di culto del Vicariato di Roma. «Si è avvertita, oltre alla loro preziosa collaborazione, la professionalità e la sensibilità delle persone; tutti, con competenza e professionalità, hanno interagito per far fronte all’inatteso evento».

Tra le opere d’arte recuperate – ora custodite nel Palazzo Lateranense – i dipinti del XVII secolo “La Natività” di Carlo Maratta e “Lo sposalizio di Maria Vergine” di Orazio Bianchi e diverse suppellettili ecclesiastiche tra cui quattro preziosi busti reliquiari. «Le operazioni relative alla gestione dell’emergenza e di prima messa in sicurezza – afferma don Pier Luigi – si sono concluse il 4 settembre e sono state eseguite tempestivamente in considerazione delle previsioni meteorologiche all’indomani dell’evento (erano previste delle piogge, ndr) e al fine di evitare ulteriori crolli».

Intanto, la Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo per il reato di disastro colposo, ha apposto i sigilli alle macerie e alla parte di tetto non crollata: atti necessari per le verifiche dell’inchiesta. I tecnici lavorano su un duplice fronte: stabilire le cause del crollo e progettare la ricostruzione. Già costituita una équipe di professionisti. «L’edificio – aggiunge don Pier Luigi – era stato oggetto di interventi di restauro e risanamento conservativo negli anni 2013–2015 che hanno riguardato le facciate, i prospetti interni e la revisione del manto di copertura». Avviata l’elaborazione del progetto di ricostruzione allo scopo di ripristinare al più presto la funzionalità dell’edificio di culto. Già si pensa al dopo, insomma. «Sono state predisposte tutte le attività necessarie al collocamento di una copertura provvisoria in strutture metalliche che avrà lo scopo di proteggere la chiesa e salvaguardare l’interno dell’area liturgica. Il passo successivo, la messa in sicurezza della cella campanaria e del timpano interno».

di Angelo Zema, da Roma Sette

10 settembre 2018