Matrimonio

La convalidazione semplice è l’atto con il quale si trasforma un matrimonio nullo in matrimonio valido.  Consiste nel rinnovo del consenso matrimoniale, senza la necessità di osservare di nuovo la forma canonica ad validitatem (quindi in forma privata e senza alcun testimone). Si esige la previa cessazione dell’eventuale impedimento che aveva determinato la nullità del matrimonio (e che non può sussistere nella forma) per mezzo di una dispensa o di fatti che lo facciano venire meno. Se ambedue i coniugi siano consapevoli dell’impedimento, si richiede ad validitatem il rinnovo del consenso da parte di entrambi; se un coniuge solo conosca la nullità, a lui solo incombe l’obbligo di rinnovare il consenso. È il parroco che provvederà ad istruire la pratica.

La sanazione in radice consiste nella convalidazione di un matrimonio nullo senza rinnovo del consenso, quando entrambi i coniugi vogliano proseguire nella vita coniugale. Si riconosce, completando i requisiti di validità, una situazione di fatto (ad es. matrimonio celebrato solo civilmente da due battezzati) che contenga un’autentica volontà di essere marito e moglie, iniziata con un atto che, nonostante i suoi difetti (impedimento dirimente o difetto di forma canonica), è qualificabile come espressione sufficiente ed inequivocabile di un consenso matrimoniale La richiesta di convalidare il matrimonio nullo senza rinnovare il consenso può essere fatta da parte di un coniuge o di ambedue, rivolgendosi al proprio parroco. Si esige che il consenso di entrambe le Parti persista nel momento in cui il matrimonio venga sanato in radice, nonché l’accettazione delle proprietà fondamentali del matrimonio. Gli effetti canonici retroagiscono sin dalla celebrazione del matrimonio.

Benché si debba fare ogni sforzo per aiutare i coniugi in difficoltà ad evitare il ricorso alla separazione, anche attraverso l’opera di consulenza e di sostegno svolta dai consultori di ispirazione cristiana, tuttavia alle condizioni previste dai cann. 1152 e 1153 (in caso di adulterio subìto o quando uno dei coniugi comprometta gravemente il bene sia spirituale che corporale dell’altro o della prole, oppure renda troppo dura la vita comune) i coniugi hanno il diritto di interrompere la convivenza. “Di norma le cause di separazione tra i coniugi siano trattate avanti l’autorità giudiziaria civile, fatto salvo in ogni caso il diritto dei fedeli di accedere alla giurisdizione ecclesiastica … i coniugi interessati possono chiedere al Vescovo diocesano l’emanazione di un decreto (cf. can. 1692 § 1) oppure rivolgersi al tribunale diocesano†(CEI, Decreto generale sul matrimonio canonico, 5 novembre 1990).

La causa per la dichiarazione di nullità del matrimonio è diretta a verificare se al momento delle nozze esistessero tutti i presupposti che la Chiesa richiede perché sorga il sacramento. Si tratta di mettersi in un percorso di verità davanti a Dio e alla Chiesa. Per intraprendere una causa di nullità matrimoniale è necessario che ci sia almeno la separazione di fatto: fin quando i coniugi continuino a vivere sotto lo stesso tetto non si può avere “la certezza che il matrimonio sia irreparabilmente fallito, in modo che sia impossibile ristabilire la convivenza coniugale†(can. 1675). La causa può essere introdotta da entrambi i coniugi con un “mandato congiuntoâ€, oppure su istanza di uno solo. È sempre necessario tuttavia, per salvaguardare il diritto di difesa, che l’altra parte sia a conoscenza dell’introduzione della causa, a prescindere dal comportamento processuale che vorrà assumere.

Per introdurre una causa di nullità matrimoniale, salvo che la Parte non sia riconosciuta idonea a “stare in giudizio da sola†(in quanto provvista delle necessarie competenze canoniche), è necessaria l’assistenza di un Avvocato. Ci sono tre figure di Avvocato: il Patrono di fiducia, il Patrono stabile ed il Patrono d’ufficio.

La dichiarazione di nullità è un processo giudiziario che prevede la celebrazione dello stesso con rito ordinario, più breve o documentale, e termina con una sentenza. Tale sentenza, in caso di riconoscimento della nullità del matrimonio, diventa esecutiva se non appellata dagli aventi diritto nel termine perentorio di quindici giorni utili dalla notificazione della pubblicazione della sentenza. In caso di appello, da proseguirsi entro un mese dalla sua interposizione, i Giudici di istanza superiore possono respingere tale ricorso, e, quindi, confermare con proprio decreto la sentenza di primo grado, oppure ammetterlo. Se l’appello è stato ammesso, si dovrà procedere allo stesso modo come in prima istanza, con i dovuti adattamenti.

È possibile che nel dispositivo della sentenza sia inserito il “divieto di passare a nuove nozze†ad una o entrambi le Parti. Si tratta di un provvedimento che la Chiesa adotta per verificare l’idoneità del fedele al matrimonio e che prevede un procedimento amministrativo quando l’interessato decida di passare a nuove nozze. In tale procedimento viene coinvolto anche il futuro coniuge.

Il matrimonio non consumato (ossia validamente celebrato, ma cui non è seguita la consumazione) tra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata per una giusta causa può essere sciolto dal Romano Pontefice, su richiesta di entrambe le Parti o di una delle due, anche se l’altra sia contraria. La competenza a ricevere la domanda è del Vescovo diocesano, attraverso il tribunale diocesano.

Si rinvia alle Norme per istituire il processo per lo scioglimento del vincolo matrimoniale in favore della fede (Congregazione per la Dottrina della Fede, 30 aprile 2001.). Per ogni informazione rivolgersi al proprio Tribunale Diocesano.

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