Tutela dei minori, prevenire e sanare. A colloquio con la referente diocesana Vittoria Lugli

di Giulia Rocchi da Roma Sette

«Quando si addestrano i piloti delle Frecce Tricolori, bisogna evitare che accada qualsiasi incidente. Così in qualche modo è con i reati che hanno come vittime i minori: bisogna evitare che vengano commessi». A parlare è Vittoria Lugli, referente diocesana e coordinatrice regionale del Lazio per la tutela dei minori (vescovo ausiliare referente per questo Servizio è monsignor Guerino Di Tora). Nell’ufficio, al piano terra del Palazzo del Vicariato, è attivo il centro di ascolto, che funziona previo appuntamento telefonico al numero 06.69886100. «Qui si possono presentare denunce ed essere ascoltati anche su situazioni datate, perché nessun tipo di reato sessuale va in prescrizione, come ferita nelle persone… Ferite ancor più profonde se provocate da un sacerdote, un catechista, un educatore».

Non solo. Il Servizio diocesano si occupa di formazione e prevenzione, in linea con le indicazioni del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori, che giusto la scorsa settimana – mercoledì 23 settembre – ha pubblicato on line i primi due sussidi per formatori, educatori e operatori pastorali: uno sulle “Buone prassi di prevenzione e tutela dei minori in parrocchia” e l’altro su “Le ferite degli abusi”.

Psicoterapeuta sistemico–relazionale, esperta di famiglie, coppie e dinamiche intrafamiliari, Lugli ha nel suo curriculum anni di collaborazione con l’Aeronautica militare italiana. «Sento come una missione questo nuovo compito – dice –; penso sia fondamentale dare strumenti educativi nuovi e diversi. I Servizi diocesano e nazionale rappresentano la grande attenzione da parte della Chiesa e di Papa Francesco ai minori e alle famiglie. Vogliamo dire che ci siamo per chiedere perdono, ascoltare, indirizzare e sanare anche le ferite. Questo non è un tribunale, ma è un accompagnamento, perché la giustizia deve comunque seguire il suo percorso: laddove non c’è sanzione non c’è neanche reale riconoscimento del reato». Fondamentale è «la prevenzione: in un ambiente che previene – spiega –, dove si è a norma, l’incidente non avviene quasi mai. Dove invece c’è degrado ambientale spesso c’è anche degrado comportamentale».

Quello che viene proposto è «un approccio agli abusi di tipo sistemico». Non basta «la buona volontà, serve una preparazione idonea degli operatori – ribadisce la responsabile –; deve passare l’idea che la tutela del minore appartiene a tutta la comunità». In poche parole «tutta la parrocchia è responsabile dei minori che le sono affidati», come si legge anche nel sussidio Cei sulle “Buone prassi” curato da don Gianluca Marchetti e don Francesco Airoldi, del Servizio nazionale. Nel volume, una serie di regole e raccomandazioni anche puntuali su come gestire determinate attività affinché i più piccoli possano sempre sentirsi al sicuro, e un eventuale “orco” sia neutralizzato a priori. «Essere sempre visibili agli altri operatori pastorali o comunque ad altri adulti quando si svolge qualche attività con i minori», si legge, ad esempio, a pagina 14. Ancora, prestare attenzione particolare durante l’oratorio estivo o attività sportive ospitate negli spazi parrocchiali, quando circola un maggior numero di ragazzini; chiudere con accuratezza cantine, seminterrati, magazzini, ripostigli; informare le famiglie delle attività che vengono proposte e delle relative modalità organizzative ottenendo le opportune autorizzazioni. Ma non basta.

Serve una formazione e attenzione continua. «Ad aprile – spiega Lugli – avrei dovuto iniziare un percorso formativo nei quattro Seminari diocesani, che purtroppo è stato posticipato per via del coronavirus, ma inizierà a breve. Il corso mira a coniugare informazioni scientifiche, come ad esempio delineare la personalità dell’abusatore, e a creare una cultura che sia di aiuto nel rapportarsi con educatori e famiglie». In programma anche percorsi di approfondimento per chi è già sacerdote e per i laici impegnati nella pastorale. «Bisogna avere gli strumenti giusti nella propria borsa: questo vuol dire fare prevenzione», dice la psicoterapeuta. «Per fortuna – aggiunge – non parliamo di fenomeni diffusi, ma il problema non è tanto quante mele marce ci siano, ma quanto la presenza anche di una sola sia un fallimento per tutti. Se ci sono minori che non vengono tutelati vuol dire che tutta la comunità non ha vigilato abbastanza. Bisogna occuparsi delle emergenze prima che succedano».

Come dice Papa Francesco, nel motu proprio del 7 maggio 2019. «I crimini di abuso sessuale offendono Nostro Signore – si legge nella lettera del Pontefice –, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli. Affinché tali fenomeni, in tutte le loro forme, non avvengano più, serve una conversione continua e profonda dei cuori, attestata da azioni concrete ed efficaci che coinvolgano tutti nella Chiesa, così che la santità personale e l’impegno morale possano concorrere a promuovere la piena credibilità dell’annuncio evangelico e l’efficacia della missione della Chiesa».

5 ottobre 2020