Una cultura per e nella città: la nuova équipe diocesana per la pastorale culturale

Il 10 novembre, presso la sala incontri Gildea, del pontificio Santuario Scala Santa, si è tenuto il primo incontro dell’équipe per la cultura di Roma. All’incontro sono intervenuti monsignor Baldo Reina, vicegerente della diocesi di Roma e monsignor Riccardo Lamba, vescovo per l’Ambito della Chiesa in uscita ed accogliente. Il vicegerente ha inquadrato le attività dell’Ufficio Cultura e dell’équipe ad esso associata, all’interno di un “perimetro sinodale” che ci porta ad essere chiesa “sempre in ascolto”, dei credenti, dei non credenti, del territorio, della città. Si tratta di un doppio ascolto, verticale ed orizzontale, attento a ciò che lo Spirito dice alla Chiesa, ma anche a ciò che la Chiesa è chiamata ad ascoltare nella sua collocazione all’interno del mondo.

Questo ascolto per l’équipe si traduce in un dialogare con tutti, raccogliere “come una spugna” le varie istanze che provengono dal mondo in cui viviamo, e cercare di aiutare le comunità cristiane della diocesi ad avere un respiro un più grande, andando oltre il già lodevole impegno che in esse si realizza di celebrazioni, catechesi, aiuto caritatevole ecc. Essa è chiamata “favorire un innesto”, cioè far diventare il Vangelo fonte di cultura nel mondo, per tutti, credenti e non.

Il vicegerente ha invitato a guardare all’Équipe, ma anche all’Ufficio Cultura e al Vicariato, come ad una “sponda amica”, non solo come luoghi per vidimare pratiche o l’approvazione di progetti, ma luoghi in cui si vive la promozione umana, e in cui l’Ufficio Cultura ha il compito specifico di “aprire finestre”, di modo che “entri aria da fuori”, da un mondo in costante fermento che non possiamo ignorare.

Monsignor Lamba ha esordito ricordando l’Enciclica di Paolo VI, Ecclesiam suam, in cui viene proposta una “fede incarnata”, consapevole che i cristiani abitano e lavorano in questo mondo insieme a tutti gli altri. Essi dialogano con le problematiche che il mondo vive, e si accorgono che in mezzo a queste ci sono desideri e aneliti di bellezza e giustizia che possono (e devono) essere condivisi con chi è cristiano. Il cristiano a sua volta ha un tesoro prezioso da condividere: la fede! Essa è una realtà che sa “entrare in ogni cultura”: basti pensare al cristianesimo che parte dal lago di Tiberiade per arrivare fino a Roma e poi diffondersi ancora in Cina e in Giappone.

C’è una tentazione che il vescovo esorta a fuggire, tipica del mondo che vuole rimanere “in superficie”, di vivere il “tocca e fuggi”, delle notizie brevi, dei piccoli video. Occorre invece “andare in profondità”, con interventi importanti che superino la paura di non essere più numericamente significativi: l’invito è non preoccuparsi della quantità, il Nazareno cominciò con appena 12 apostoli! E ancora, non avere paura del dialogo: le sfide della tecnologia, della intelligenza artificiale, ecc., sono contesti nuovi da affrontare ma per i quali rimane valido il fatto di uscire da noi stessi, di rimanere “curiosi”, in quanto ciò che è frutto dell’umanità è ancora dono di Dio, nella misura in cui esso è compreso come mezzo per un fine.

Il vescovo ricorda poi il suo ambito di competenza, di Chiesa “in uscita”: essa non può considerarsi “una roccaforte” indipendente e già compiuta, ma deve sottoporsi al “processo del pane”, per il quale occorre mescolare ingredienti differenti e aspettare la levitazione. O con un altro paragone, la chiesa è il luogo ove si lavora e si “scala insieme”: tutti gli ambienti hanno persone generose ma il loro lavoro sarebbe sprecato se avessimo soltanto “arrampicate solitarie”, è preferibile andare “in cordata”.

Dopo i vescovi è stato monsignor Giuseppe Lorizio, direttore dell’Ufficio Cultura, a esortare i membri della neo équipe a lasciarsi guidare da due movimenti: “fare squadra” cioè conoscersi e dialogare fra loro, e “fare rete” con le realtà culturali, religiose e laiche, presenti sul territorio di appartenenza. Anche se tra le persone convocate ci sono differenti scuole di pensiero (insegnanti di religione, movimento culturali, alcuni impegnati nell’accademia, altri sul territorio, alcuni giovani, altri meno) ciò che deve ri-unire tutti è la passione (pathos) per la cultura, che porta sia a coltivarla personalmente ma anche a desiderare per gli altri lo stesso “accesso” al vero e al bello oltre che al bene.

Il luogo della cultura, come per la teologia, non è solo l’università, ma principalmente la chiesa e la città. Attraverso la dimensione sinodale, l’équipe è chiamata non a costruire eventi a tavolino, ma a portare la presenza di tutto il gruppo nelle istanze culturali percepite sul territorio. Mettere insieme singoli differenti non significa farne un’élite accademica, ma esprime la dimensione diffusa della cultura, che si dice e si fa in tanti modi, non solo attraverso la teologia, o la filosofia, ma anche attraverso la musica, il cinema, e tante nuove forme “non classiche”. Si tratta di diffondere una forma mentis, che va ben oltre corsi e sistemi accademici. Nella seconda fase dell’incontro si sono presentati i singoli partecipanti (circa 30) che hanno condiviso le loro competenze e motivazioni, nonché le loro attese nel cammino che sta iniziando.

13 novembre 2023