Pagine di storia religiosa. L’assistenza dei malati poveri negli ospedali (secc. XVI-XVII)

di Domenico Rocciolo

Un aspetto rilevante del pauperismo romano nell’età tridentina e barocca riguarda l’assistenza spirituale e materiale prestata ai malati poveri negli ospedali. Negli ambienti ecclesiali crebbe il sentimento di dover soccorrere e confortare le persone disagiate e ammalate: un’opera considerata espressione di una suprema forma di carità. In modo particolare, i visitatori inviati dalle comunità religiose negli ospedali del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, Santo Spirito in Sassia, Santa Maria della Consolazione, Santissima Trinità dei Pellegrini e Convalescenti, San Rocco, San Giovanni Calibita (Fatebenefratelli), San Giacomo degli Incurabili, Santa Maria della Pietà dei Pazzerelli o negli ospizi come il San Sisto e nelle infermerie confraternali, ebbero la possibilità di vedere da vicino gli effetti della miseria e dell’abbandono.

Così, nelle corsie dei nosocomi e nei luoghi di assistenza aperti nelle sacrestie delle chiese, dove gli ammalati furono accolti e ricevettero le cure, entrarono persone mosse dall’amore di Dio, che decisero di calarsi senza riserve nelle situazioni estreme di precarietà e tribolazione. Sacerdoti, religiosi e laici avvicinarono i poveri stremati dalla miseria e colpiti dalle malattie, che poco prima avevano sostato nelle strade e negli angoli dei palazzi, sotto le panche delle botteghe e dei macelli e si erano nascosti, come constatò san Camillo De Lellis, nelle grotte del Colosseo, nei recessi delle Terme di Caracalla e negli anfratti delle Terme di Diocleziano: schiere di umili piegati dalle affezioni e dai morbi, che finalmente avevano trovato un po’ di sollievo e qualche parola di amicizia, pur restando nei loro lettucci e mostrando i segni delle lunghe e drammatiche privazioni subite.

A visitarli e a confortarli andarono persone capaci di riconoscere nei loro corpi sfigurati l’immagine di Cristo. Da questa straordinaria forma di carità venne la grande pietà religiosa che contraddistinse la diocesi del Papa: una comunità che tenne viva la coscienza verso la condizione dei malati, che operò per limitare il carico di miseria intollerabile mostrata dai sofferenti e cercò di annullare le distanze tra le persone, quando ad alzare il grido di aiuto furono le vittime della fame, della carestia, delle infezioni e delle epidemie. La Chiesa di Roma, nelle sue diverse componenti, ascoltò questa richiesta di soccorso e intervenne con le sue opere di carità.

11 febbraio 2020