In un giorno di ottobre dello scorso anno un signore napoletano di novant’anni, Agostino Gragnaniello, si decise a fare la telefonata a cui aveva pensato tanto. Chiamò un amico, don Giuseppe Petrioli, che aveva conosciuto perché in precedenza vice parroco della comunità della sua zona, e parlò: per decenni aveva lavorato con dedizione a un presepe che teneva nel suo magazzino, un’opera enorme e rifinita nel più piccolo dettaglio, e che ora era pronto a donare. Don Giuseppe, che abbiamo incontrato nella sua nuova parrocchia di Sant’Igino Papa, nel quartiere Collatino, ricorda bene quella telefonata, e ci racconta tutto proprio davanti allo sbalorditivo lavoro del signor Agostino. Che, già molto anziano, non ebbe modo di vederlo allestito, perché, ammalato, fu costretto poco prima dell’inaugurazione alle cure in ospedale. Morì nel marzo seguente.
«Ci siamo conosciuti circa dieci anni fa durante la benedizione della casa – spiega don Giuseppe – e subito mi disse che voleva mostrarmi una cosa. Mi accompagnò nello scantinato e lì rimasi a bocca aperta: c’erano trentasei metri quadrati di presepe, composti da pezzi diversi e incastrati gli uni agli altri. Un capolavoro». Questo capolavoro si mostra ai fedeli di questa parrocchia dall’8 dicembre al 2 febbraio; seguendo la tradizione che vuole il presepe esposto dal giorno dell’Immacolata a quello della Presentazione di Gesù al Tempio (la “Candelora”). Il momento dell’inaugurazione, racconta il parroco, è sempre un momento toccante: «Anche per questa edizione erano presenti i familiari di Agostino. C’è stata molta commozione da parte della gente. Un anno fa, durante l’assemblea, ci fu un lungo applauso e una donna spontaneamente gridò una benedizione ad Agostino». Il quale aveva iniziato ad esercitare la sua arte da ragazzino a Napoli, nel Vomero, dove faceva il garzone e contemporaneamente si prestava a realizzare i presepi “dei signori”, cioè delle famiglie più abbienti. E non smise più.
Giunto a Roma da adulto, proseguì con passione e discrezione. «Aveva pensato ogni edificio come un pezzo serrato, stretto agli altri – spiega don Giuseppe mostrandoci l’allestimento attuale, per il quale sono stati necessari due mesi di lavoro e una decina di persone -, insomma una specie di borgo. Per motivi di spazio lo abbiamo ridotto di oltre la metà, scegliendo tra la grande varietà di strutture». La scena proposta per questo Natale colloca intorno alla grotta molti spazi verdi ricreati con piante vere, e concede qualcosa alla curiosità dei bambini per la presenza di elementi meccanici e luci. «Questo presepe era il cuore del suo cuore – dice don Giuseppe -. Ricordo ancora che quando portammo via i pezzi, con un camioncino, Agostino stava in finestra a guardare, in silenzio. Osservava la sua vita andare via. Noi tutti gli dobbiamo qualcosa». (Alessio Nannini)