A mezzo secolo dal convegno sui “Mali di Roma”, la diocesi torna ad analizzare i disagi e le disuguaglianze che affliggono la società. Un’analisi che abbraccia tutte le povertà e dopo un focus su quella educativa si è passati a quella sanitaria perché «tanti non riescono ad accedere alle cure e questo è grave in un Paese che faceva della sanità pubblica la sua punta di diamante». Lo ha detto ieri, 22 aprile, il vicegerente Baldo Reina, intervenendo al convegno “(Dis)uguglianze nella sanità”, nell’aula “Anfiteatro Giubileo 2000” del Policlinico di Tor Vergata. «Le persone vanno curate a prescindere dal reddito. Non possiamo accettare l’idea di una sanità in cui chi è ricco può permettersi le cure e chi è povero viene lasciato indietro», ha aggiunto.
Anche per il vescovo Benoni Ambarus, delegato per l’Ambito della diaconia della carità, «preoccupa che con troppa facilità i cittadini ottengono prestazioni immediate se a pagamento, altrimenti attendono mesi. In vista del Giubileo – ha aggiunto – scriverò a tutte le strutture per chiedere quali e quante prestazioni sono disposte a fare per gli esclusi». Ricordando che «il compito di garantire il diritto alla salute spetta alle istituzioni», ha invitato a «entrare nell’ottica della complementarità». La strada su cui sono incamminati, ad esempio, il servizio Tobia, che garantisce un approccio empatico e non invasivo alle cure per i pazienti disabili; o la onlus Co.n.o.s.c.i., che promuove il benessere socio-sanitario dei detenuti attraverso progetti di solidarietà sociale. Esperienze di “luce”, contro le tante “ombre” nella sanità di cui le cronache sono piene, delle quali si è parlato nel corso del convegno.
Non sono mancate le testimonianze. Come quella di Maria Grazia, mamma di un ragazzo con disturbo psichico, che ha trovato «un valido supporto» nel Centro di ascolto della Fondazione Don Luigi di Liegro, che l’ha aiutata a trovare percorsi fondamentali per gestire la comunicazione con il figlio. «Un gruppo di familiari di pazienti psichiatrici, guidato da psicologi e psichiatri, si è rivelato un sostegno importante al quale non potrei rinunciare». Giovanni Giudotti, dell’hub per la prevenzione e promozione della salute della Comunità di Sant’Egidio allestito al San Gallicano, ha parlato del diritto alla salute offerto agli invisibili. «Indirizziamo verso strutture sanitarie pubbliche cittadini stranieri che non hanno mai fatto cure – ha detto -. Grazie a medici di base volontari abbiamo effettuato circa 2mila visite di medicina generale e 500 cardiologiche». C’è poi chi è costretto a rinunciare a farmaci perché non mutuabili. Teresa, 84 anni, ha una pensione sociale e deve «scegliere quali medicinali assumere». Ulteriori ostacoli le prenotazioni telefoniche con voci registrate e le visite in luoghi lontani senza un accompagnatore.
Leggi l’articolo completo su Romasette.it
23 aprile 2024