Tutti i santi. Giornata di santificazione universale. Messa del Santo Padre in uno dei cimiteri della diocesi.
Tutti i Santi. Giornata di santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata di santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale.
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi. Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
TUTTI I SANTI Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi – Giornata della santificazione universale
Tutti i Santi – Giornata della santificazione universale
Tutti chiamati a un’assunzione di responsabilità
Dieci anni or sono il cardinale Jorge Mario Bergoglio venne eletto al soglio pontificio. Da subito fu chiaro come intendesse affermare – in quanto 266° successore dell’apostolo Pietro, primo papa non europeo dopo 1.272 anni – una visione missionaria aperta all’universalità. Quella sera, a Roma, il cielo era plumbeo e proprio all’imbrunire era scesa la pioggia. Eppure piazza San Pietro, circoscritta dal suggestivo colonnato del Bernini, radunava fedeli e pellegrini d’ogni età e nazionalità, tra cui naturalmente molti romani. Augurando a tutti un conviviale e per certi versi disarmante “buonasera”, parlò a braccio, con semplicità e immediatezza, riuscendo col sorriso ad andare al di là di ogni formalismo. In quella circostanza, affacciandosi dalla loggia centrale della Basilica Vaticana, senza esitazione, invocò la comunione con tutte le Chiese nel mondo. Implorò poi la preghiera del popolo per intraprendere un cammino, furono sue testuali parole, “vescovo e popolo”. Un evidente preludio al percorso sinodale da noi intrapreso all’insegna del discernimento comunitario. Citando sant’Ignazio di Antiochia, precisò che si trattava di un cammino del quale la Chiesa di Roma, «che presiede nella carità tutte le Chiese» deve farsi interprete a servizio della causa del Regno.
Un concetto ribadito nuovamente nella recente costituzione apostolica In Ecclesiarum communione, laddove, proprio nell’incipit del documento, dichiara: «Nella comunione delle Chiese, alla Chiesa di Roma è affidata la particolare responsabilità di accogliere la fede e la carità di Cristo trasmesse dagli Apostoli e di testimoniarle in modo esemplare. È quindi primaria preoccupazione del suo vescovo provvedere a quanto è necessario perché questa Chiesa corrisponda a ciò che le dice lo Spirito del Signore Gesù Cristo (cfr Ap 3,22)». Questo in sostanza significa che per celebrare degnamente il decimo anniversario del pontificato di Papa Francesco siamo tutti chiamati ad una decisa assunzione di responsabilità. Per rispondere a coloro che hanno una visione della Chiesa come “societas iuridicae perfecta”, Papa Bergoglio ci rammenta che la Chiesa, in quanto “Corpo mistico”, santo per elezione e vocazione, è composto comunque di persone in carne e ossa, tutte bisognose di conversione.
Ma per poter davvero comprendere la portata profetica del suo pensiero, soprattutto in riferimento alla Chiesa “in uscita”, è fondamentale la lettura dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Si tratta del testo programmatico del suo pontificato; documento di oltre 220 pagine, diviso in 5 capitoli e 288 paragrafi. Con linguaggio diretto, dalla forte valenza pastorale, il papa ha offerto ai credenti una straordinaria riflessione sul tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo. Leggendo questo documento si evince che la sua elezione alla Sede di Roma, è stata davvero espressione di una restituzione della fede dalla “fine del mondo”, dalla periferia oltreoceano del “Nuovo Mondo”, per ridare impulso laddove il progresso non è sempre coinciso con le istanze umane e spirituali.
Ecco che allora la missione, secondo Papa Bergoglio, non può essere percepita come una realtà a sé stante, rispetto alle attività pastorali delle Chiese particolari, ma piuttosto come un elemento imprescindibile per dirsi davvero cristiani. Se la dimensione religiosa è stata spesso percepita nella nostra società globalizzata come un qualcosa di accessorio è perché non si è compreso che la missione non può rimanere confinata all’interno della nostra città, ma abbraccia il mondo intero. Ma la realizzazione di questo indirizzo sarà possibile, nella misura in cui, come chiede Papa Francesco, sapremo esporci ai lontani, ai poveri, a coloro che sopravvivono nei bassifondi della storia, promuovendo una relazione di vita da cui far scaturire la bellezza dell’essere cristiani.
Editoriale di padre Giulio Albanese uscito su Roma Sette
Tutta l’Italia in preghiera nella festa di san Giuseppe
«In questo momento di emergenza sanitaria, la Chiesa italiana prega e invita a pregare per tutto il Paese. Lo facciamo in questo giorno dedicato alla festa di san Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria, patrono della Chiesa universale, invitando ogni famiglia, ogni fedele, ogni comunità religiosa a recitare in casa il Rosario». La diocesi di Roma invita a partecipare all’iniziativa di preghiera promossa dalla Conferenza episcopale italiana per il 19 marzo: tutti uniti nel recitare il Rosario, con i Misteri della Luce, alla stessa ora, alle 21. Come segno concreto, i vescovi italiani invitano anche ad esporre alle finestre delle case un piccolo drappo bianco o una candela accesa, «segni della speranza e della luce della fede». La preghiera verrà condivisa in diretta da Tv2000.
«Dalle nostre abitazioni – si legge nell’introduzione al sussidio di preghiera – si eleva al Padre la supplica dei suoi figli, affinché il Signore, buono e misericordioso, dia la forza del suo Spirito ai medici e agli operatori sanitari, illumini i ricercatori, guidi i governanti, infonda vigore ai corpi degli anziani e dei bambini, allontani la paura, doni a tutti la consolazione del suo Figlio Gesù».
16 marzo 2020
Tutela dei minori, prevenire e sanare. A colloquio con la referente diocesana Vittoria Lugli
di Giulia Rocchi da Roma Sette
«Quando si addestrano i piloti delle Frecce Tricolori, bisogna evitare che accada qualsiasi incidente. Così in qualche modo è con i reati che hanno come vittime i minori: bisogna evitare che vengano commessi». A parlare è Vittoria Lugli, referente diocesana e coordinatrice regionale del Lazio per la tutela dei minori (vescovo ausiliare referente per questo Servizio è monsignor Guerino Di Tora). Nell’ufficio, al piano terra del Palazzo del Vicariato, è attivo il centro di ascolto, che funziona previo appuntamento telefonico al numero 06.69886100. «Qui si possono presentare denunce ed essere ascoltati anche su situazioni datate, perché nessun tipo di reato sessuale va in prescrizione, come ferita nelle persone… Ferite ancor più profonde se provocate da un sacerdote, un catechista, un educatore».
Non solo. Il Servizio diocesano si occupa di formazione e prevenzione, in linea con le indicazioni del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori, che giusto la scorsa settimana – mercoledì 23 settembre – ha pubblicato on line i primi due sussidi per formatori, educatori e operatori pastorali: uno sulle “Buone prassi di prevenzione e tutela dei minori in parrocchia” e l’altro su “Le ferite degli abusi”.
Psicoterapeuta sistemico–relazionale, esperta di famiglie, coppie e dinamiche intrafamiliari, Lugli ha nel suo curriculum anni di collaborazione con l’Aeronautica militare italiana. «Sento come una missione questo nuovo compito – dice –; penso sia fondamentale dare strumenti educativi nuovi e diversi. I Servizi diocesano e nazionale rappresentano la grande attenzione da parte della Chiesa e di Papa Francesco ai minori e alle famiglie. Vogliamo dire che ci siamo per chiedere perdono, ascoltare, indirizzare e sanare anche le ferite. Questo non è un tribunale, ma è un accompagnamento, perché la giustizia deve comunque seguire il suo percorso: laddove non c’è sanzione non c’è neanche reale riconoscimento del reato». Fondamentale è «la prevenzione: in un ambiente che previene – spiega –, dove si è a norma, l’incidente non avviene quasi mai. Dove invece c’è degrado ambientale spesso c’è anche degrado comportamentale».
Quello che viene proposto è «un approccio agli abusi di tipo sistemico». Non basta «la buona volontà, serve una preparazione idonea degli operatori – ribadisce la responsabile –; deve passare l’idea che la tutela del minore appartiene a tutta la comunità». In poche parole «tutta la parrocchia è responsabile dei minori che le sono affidati», come si legge anche nel sussidio Cei sulle “Buone prassi” curato da don Gianluca Marchetti e don Francesco Airoldi, del Servizio nazionale. Nel volume, una serie di regole e raccomandazioni anche puntuali su come gestire determinate attività affinché i più piccoli possano sempre sentirsi al sicuro, e un eventuale “orco” sia neutralizzato a priori. «Essere sempre visibili agli altri operatori pastorali o comunque ad altri adulti quando si svolge qualche attività con i minori», si legge, ad esempio, a pagina 14. Ancora, prestare attenzione particolare durante l’oratorio estivo o attività sportive ospitate negli spazi parrocchiali, quando circola un maggior numero di ragazzini; chiudere con accuratezza cantine, seminterrati, magazzini, ripostigli; informare le famiglie delle attività che vengono proposte e delle relative modalità organizzative ottenendo le opportune autorizzazioni. Ma non basta.
Serve una formazione e attenzione continua. «Ad aprile – spiega Lugli – avrei dovuto iniziare un percorso formativo nei quattro Seminari diocesani, che purtroppo è stato posticipato per via del coronavirus, ma inizierà a breve. Il corso mira a coniugare informazioni scientifiche, come ad esempio delineare la personalità dell’abusatore, e a creare una cultura che sia di aiuto nel rapportarsi con educatori e famiglie». In programma anche percorsi di approfondimento per chi è già sacerdote e per i laici impegnati nella pastorale. «Bisogna avere gli strumenti giusti nella propria borsa: questo vuol dire fare prevenzione», dice la psicoterapeuta. «Per fortuna – aggiunge – non parliamo di fenomeni diffusi, ma il problema non è tanto quante mele marce ci siano, ma quanto la presenza anche di una sola sia un fallimento per tutti. Se ci sono minori che non vengono tutelati vuol dire che tutta la comunità non ha vigilato abbastanza. Bisogna occuparsi delle emergenze prima che succedano».
Come dice Papa Francesco, nel motu proprio del 7 maggio 2019. «I crimini di abuso sessuale offendono Nostro Signore – si legge nella lettera del Pontefice –, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli. Affinché tali fenomeni, in tutte le loro forme, non avvengano più, serve una conversione continua e profonda dei cuori, attestata da azioni concrete ed efficaci che coinvolgano tutti nella Chiesa, così che la santità personale e l’impegno morale possano concorrere a promuovere la piena credibilità dell’annuncio evangelico e l’efficacia della missione della Chiesa».
5 ottobre 2020