9 Settembre 2025

Papa Luciani, un sorriso che risplende ancora

Il Musal a Canale d'Agordo

Pubblichiamo le riflessioni di monsignor Antonio Panfili, vicario episcopale per la vita consacrata della nostra diocesi, dopo la visita al Musal, il Museo dedicato ad Albino Luciani. La visita risale a qualche giorno fa, durante la vacanza in Val di Fassa promossa dal Servizio diocesano per la formazione permanente del clero.

Può capitare in montagna una giornata in cui sia prevista pioggia. Si cercano allora programmi alternativi con visite culturali. È quello che è successo a noi che eravamo a Soraga – Val di Fassa – per un corso di formazione permanente con i presbiteri del 10°, 20°, 30° anniversario di ordinazione guidati dal cardinale vicario, dal vescovo Libanori e dal vescovo Palmieri. Mercoledì 15 luglio non potendo fare l’escursione in montagna ci siamo recati a Canale d’Agordo (Belluno) per visitare la Casa Natale di Papa Giovanni Paolo I.

Siamo stati accolti dal direttore del Museo Musal (Museo Albino Luciani), che con affabilità e professionalità ci ha guidati prima nella chiesa parrocchiale dove è “cresciuta” la fede di Albino Luciani (che è stato battezzato in casa per motivi di salute) e poi nella casa vatale. Nella parrocchia, intitolata a San Giovanni Battista, il piccolo Albino ha ricevuto la Comunione e la Cresima e vi ha celebrato la prima Messa da neo sacerdote!

Con raccoglimento il cardinale ha presieduto la Santa Liturgia e noi tutti abbiamo concelebrato; il vescovo Paolo Ricciardi, appena unitosi a noi, ha proferito l’omelia ricordando in sintesi che “il Papa del sorriso” aveva cercato di parlare a tutti, piccoli (la sua gente) e colti (con il libro “Illustrissimi”), poveri e ricchi (le sue origini e il ministero a Venezia) fino alla soglia di Pietro dalla quale si è rivolto a tutto il mondo e agli uomini di buona volontà (con l’originalità che gli ha ispirato lo Spirito). Dopo la celebrazione c’è stata la visita alla casa natale di Papa Luciani e al Museo cittadino a lui intitolato.

E se la semplicità e la povertà dignitosa regnava nella abitazione della famiglia di contadini e lavoratori che lo ha generato e forgiato come cristiano e presbitero veneto, nel Museo invece – strutturato in più piani e con un percorso molto intelligente e articolata – abbiamo tutti potuto verificare come la Chiesa Agordina fosse vitalissima nei suoi parroci e nei suoi pastori.

Pur nella mancanza di mezzi, i parroci facevano di tutto per creare lavoro per la loro gente (le prime cooperative furono fondate proprio nella Valle d’Agordo) e cultura per il popolo (anche i primi cinematografi della Valle furono realizzati nei saloni parrocchiali). Tale vivacità di cultura e catechismo generava tante vocazioni sacerdotali e missionarie, frutto e risultato di un tessuto cristiano e popolare “impregnato” profondamente dei valori cristiani ed evangelici più autentici.

Le famiglie patriarcali curavano i figli portatori di handicap nella cerchia domestica (la sorella poco più grande di Papa Luciani era sordomuta eppure ha insegnato al piccolo Albino i fondamenti e le materie scolastiche … poi si sarebbe fatta suora al Cottolengo di Torino) e valorizzavano gli anziani nella custodia della memoria familiare come patrimonio di sapienza!

Anche la guerra, la Grande Guerra del 15-18, è stata vissuta nell’infanzia da Papa Luciani lasciandogli un ricordo di devastazione e profonda esperienza di “fame fisica e morale!” (citava spesso il Papa quei momenti terribili…). Il Museo di Canale d’Agordo ci ha fatto rivivere la vita da seminarista, da giovane prete, da vescovo e da patriarca di don Albino Luciani fino all’inatteso Pontificato.

La registrazione dal vivo del suo racconto: “Questa mattina mi sono recato alla Sistina con gli altri cardinali …” fatta con la sua voce esile e commossa ci ha riportati a quel giorno dell’agosto 1978 in cui il mondo intero si stupì nell’accogliere la Benedizione Urbi et Orbi da un nuovo Pontefice che per primo sceglieva un nome doppio (spiegato da lui stesso: Giovanni in ricordo del Papa Buono e Paolo in ricordo di Montini suo predecessore) e soprattutto che per primo lasciava il “noi” maiatestatico e parlava semplicemente con l’io!

A chi era presente in San Pietro dopo la fumata bianca (a dir la verità le cronache riportano un’iniziale fumata “grigia” che ha disorientato tutti e che poi è diventata decisamente bianca!) e a chi lo ha seguito da casa o al televisore come la maggior parte di noi tutti, ha colpito “il cambio di un’epoca” con il solo tono di voce, con il timido “mi sono recato stamattina alla Sistina” e soprattutto con lo stile umile e profondo insieme, stile di un Papa venuto dalla montagne alte ed esigenti, dalla gente veneta, tenace e credente, e dal Concilio in corso di applicazione, col suo continuo rincorrersi tra novità e tradizione! Era il Papa giusto al momento giusto!

All’uscita del Musal ci ha raggiunto il sindaco per rendere omaggio al cardinale vicario di Roma, vescovi e presbiteri della Capitale e, mentre facevamo una foto ricordo abbastanza importante per noi e per il paese, vedevamo come la vita di Canale d’Agordo scorreva normale e serena, seria e dignitosa come è tipico di questa gente operosa e frugale! Il tempo di risalire in macchina che il caldo sole gustato durante la visita alla casa natale di Papa Luciani e al Musal ha lasciato posto ad un torrenziale acquazzone estivo-montano! Ci ha fatto ricordare come questa visita era stata fatta per il meteo poco favorevole per le escursioni e ci siamo resi conto di aver vissuto un evento provvidenziale, intenso ed evocativo… forse proprio come il Pontificato breve di 33 giorni del nostro Giovanni Paolo I!

Provvidenziale perché lo Spirito Santo e i cardinali elettori hanno chiaramente seguito le indicazioni della Provvidenza nello scegliere un Pontefice che venisse dal popolo fervente, che fosse “esperto in umanità” e che proponesse una dottrina solida ma in modo originale. (Tutti si stupirono alla sua catechesi “Dio è Padre e Madre insieme” che oggi tutti citiamo!). Intenso non solo per la durata (33 giorni), ma anche per la novità con cui ha “rivestito” il Pontificato Romano di gesti semplici ma “fragorosi” come il parlare in prima persona, rinunciare alla Sedia gestatoria e alla Tiara (già omessa da Polo VI), chiamare un bambino all’improvviso all’Udienza Generale per fare come un Parroco al catechismo e così via! Evocativo perché non avremmo avuto Giovanni Paolo II senza Papa Luciani e non solo per la conferma del nome; perché anche Benedetto XVI si è posto nel solco della sua sapienza spiegando la dottrina con semplicità.

Ero presente alla Prima Udienza per il clero romano in cui spiegò, quel 7 ottobre 1978, la “grande disciplina della Chiesa da conservare nella vita dei sacerdoti”. Sarebbe “piccola” tale disciplina se uno la osservasse solo formalmente o esteriormente – disse – ma è Grande quando è frutto di convinzioni profonde e proiezione libera e gioiosa di una vita vissuta intimamente con Dio “generata dal raccoglimento continuo e dall’amore al proprio servizio”! Mi restò impresso ed essendo alla viglia del mio diaconato ne feci un programma di vita … sigillato purtroppo dalla sua morte giunta improvvisa il 28 settembre 1978 a sconvolgere il mondo! “Evocativo” infine perché Papa Francesco ha continuato nella “semplicità” e “normalità” iniziata da Papa Luciani, che poi diventa originalità e novità di un Pontefice “parroco del Mondo” come in quei 33 giorni è stato Giovanni Paolo I!

28 luglio 2020

Pagine di storia religiosa: La Chiesa di Roma durante la peste del 1656/57

di Domenico Rocciolo

Gli studiosi sono concordi nell’affermare che la peste romana del 1656/57 causò la morte di circa 9.000/14.000 persone. Sul piano dei numeri si fu lontani dai 150.000 morti di Napoli e dai 60.000/80.000 di Genova degli stessi anni. Tuttavia, è certo che la chiusura delle porte della città, l’allestimento dei lazzaretti, la recinzione di Trastevere dove si verificò il primo caso di contagio, l’interdizione dalle attività lavorative, il passaggio dei carri pieni di ammalati e il defluire lungo il Tevere dei barconi carichi di cadaveri portati dai monatti dall’Isola Tiberina fino alle fosse di San Paolo, atterrirono il popolo senza distinzione di ceto sociale.

In un primo momento si pensò che la minaccia fosse sotto controllo, ma poi gli effetti della malattia assunsero proporzioni rilevanti. Molti cercarono di fuggire, altri si ammalarono o videro morire i familiari e i conoscenti. Si ritenne che la peste passasse attraverso il contatto e le forme di socialità. La città prese subito un aspetto desolato.

Quando si seppe che a Napoli il flagello stava colpendo pesantemente la popolazione, la Congregazione di Sanità intervenne formando un fitto cordone sanitario e facendo disinfettare le strade e le cloache. Ciononostante, ai primi di giugno 1656 l’infezione varcò le mura cittadine e a metà mese si verificarono i primi decessi. Le voci sul contagio si diffusero rapidamente e si cominciò ad approntare i primi ricoveri per i malati di peste. Le condizioni di vita divennero durissime: scarseggiarono i viveri, si perse il lavoro, i rapporti con i familiari furono interrotti.

Alcuni medici e sacerdoti diedero testimonianza di grande eroismo. Ad esempio, il medico Giovanni Maria Costanzi si coprì «d’una veste di tela incerata, cappuccio e guanti» per poter curare i malati del lazzaretto di San Bartolomeo all’Isola. Non trascurò nessun ammalato, ebbe parole di conforto per tutti e nessuno ignorò la sua opera di carità. Tra i sacerdoti ne morirono diversi per l’esposizione prolungata all’infezione. Una volta varcata la soglia dei lazzaretti e delle case contaminate, corsero pericoli tremendi e persero la vita, come accadde agli assistenti spirituali dell’Ospedale Benefratelli, del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, dei lazzaretti al Casaletto e all’Isola Tiberina. Ricordo, per tutti, gli oratoriani Pierfrancesco Scarampi e Prospero Airoli, sepolti entrambi nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo. Liste dei morti per peste si stilarono nelle parrocchie, come avvenne a Sant’Andrea delle Fratte. I deceduti a causa del morbo furono trasportati alle fosse della basilica ostiense, dove furono svestiti, sotterrati e coperti di calce.

Il Vicariato rivolse l’invito alla comunità diocesana di pregare affinché la città fosse liberata dal flagello. Il Papa Alessandro VII esortò i fedeli a pregare intensamente nel chiuso delle proprie case. Molti accolsero l’esortazione a compiere gesti di penitenza e di digiuno. In molte occasioni i riti religiosi furono vietati per evitare l’accelerazione della trasmissione della malattia. Eppure, la pietà restò la più grande risorsa. Così, i devoti elevarono le loro preghiere dinanzi alla Santissima Vergine del Portico, a moltissime altre sacre immagini mariane e al Santissimo Crocifisso di San Marcello al Corso. La peste finì nell’estate del 1657. La pietà vissuta dai fedeli fu di sostegno alla città sofferente e fu largamente condivisa.

28 luglio 2020

E’ tornata alla casa del Padre Lidia, mamma del diacono Sciolari

Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis,

il Consiglio Episcopale e il Presbiterio della Diocesi di Roma,

sono vicini al dolore del Diacono Alessandro Sciolari,

per la morte della sua cara mamma

Lidia

di anni 89

e, assicurando preghiere di suffragio, invocano Dio Padre,

ricco di misericordia, perché conceda a Lidia il premio

della vita eterna e dia conforto ai suoi familiari.

I funerali si svolgeranno giovedì 30 luglio, alle ore 12.00,

presso la Parrocchia di San Roberto Bellarmino

(Piazza Ungheria)

E’ entrato nella luce della Resurrezione don Vito Francione

Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis,

il Consiglio Episcopale e il Presbiterio della Diocesi di Roma,

annunciano che ieri 26 luglio è entrato nella luce della Resurrezione

 

il Rev.do

Don Vito Francione, sdb

di anni 71,

Vicario parrocchiale della Parrocchia di San Giovanni Bosco

dal 2011 al 2019,

e, ricordandone il generoso e fecondo servizio pastorale,

lo affidano all’abbraccio misericordioso di Dio

e alla preghiera di suffragio dei fedeli,

invocando la pace e la gioia del Signore.

I funerali si svolgeranno domani martedì 28 luglio 2020, alle ore 9.45,

presso la Parrocchia di San Giovanni Bosco

(Viale dei Salesiani, 9)

27 luglio 2020

Family love: vocation and way to holiness

The theme of the upcoming World meeting of families, scheduled to take place in Rome in the month of June 2022, is: “Family love: vocation and way to holiness”. A press release from the Dicastery for Laity, Family and Life, released by the Holy See Press Office, affirms that “On the fifth anniversary of the apostolic exhortation Amoris Laetitia and three years after the promulgation of Gaudete et Exsultate, this meeting has the intent of highlighting family love as a vocation and a way to holiness, in order to understand and share the deep and salvific meaning of family relationships in daily life”.

The meeting will be organized by the Diocese of Rome and by the Dicastery for Laity, Family and Life and will take place on the sixth anniversary of Amoris Laetitia and four years from Gaudete et Exsultate.

The Dicastery in its press release states that: “As marriage and family shape a concrete experience of love, they demonstrate the great significance of human relationships in which joys and struggles are shared in the unfolding of daily life as people are led towards an encounter with God. This journey, when lived with fidelity and perseverance, strengthens love and enables the vocation to holiness that is possessed by each individual person and expressed in conjugal and family relationships. In this sense, Christian family life is a vocation and a way to holiness, an expression of the ‘most attractive face of the Church’ ” according to the expression used by Pope Francis in Gaudete et Exsultate.

 

The World Meeting of Families Rome postponed to 2022

As stated by the Vatican Press Office’s Bulletin published April 10th 2020, “Due to the current health situation and its consequences for the movement and gathering of young people and families, the Holy Father, along with the Dicastery for the Laity, Family and Life, has decided to postpone by one year the next World Meeting of Families, scheduled to take place in June 2021”. Similarly World Youth Day has also been postponed. 

The families will meet in Rome in June of 2022, rather than 2021. Cardinal Kevin Joseph Farrell, Prefect of the Dicastery for Laity, Family and Life, goes into detail to explain the reasons for the postponement in a Q&A interview with Vatican News:

A. – The situation of the world today has changed radically. The World Meeting of Families had been scheduled for June of next year, and World Youth Day for 2022. However these two events are international events, and require ample time for preparation. The organizational, logistical, and economic aspects of planning such events and the fact that we don’t know what the situation of the world will be as this pandemia comes to an end, were important factors in the decision to postpone the events. Other than taking into account the current economic situation of families, it wouldn’t be prudent even from a health standpoint to gather thousands of people from various parts of the world together here in Rome next year. Therefore the Holy Father and we here at the Dicastery, after consulting with the Vicariate of Rome and with our contacts in Portugal, have decided that it would be best to wait a year before we start the preparations for these international events. The gathering for families will take place in Rome in 2022, and that for youth will take place in Lisbon in 2023. But we are worried for what the future might hold. We do wish that things might start to be normal again so we can go back to our daily routines, however this is not realistic. Many people are of the opinion that we will need at least two or three years before we can start to live normally again.

Q. – International gatherings of this kind can easily gather thousands of people from different countries. But we don’t know yet what the future might hold: how do you plan to take action?

A. – Most dioceses throughout the world organize events within their own nations and they hold meetings for families and for youth. We continue in our daily work to sustain bishops as they promote family life within their own diocese and as they work with young people. We do hope to be able to continue to have international gatherings, but for now it’s not realistic to think that people might travel again for at least the next two years. In any case, we don’t just organize international events, that’s not actually our main line of work. We still have our day to day work which consists in promoting family living and christian living for young people.

Q. – The lockdown in many countries of the world has given as an opportunity to think about what is essential and it has put family living at the center of our lives. What kind of teaching can we gather from this kind of situation?

A. – The Pope in his daily Mass has been giving an important message to everyone around the world: family is at the center of our lives, and has a lot to teach us. Having to live each day during this time so close together in family can teach us how to live in an altruistic manner. The situation that we have been through could be considered an opportunity that the Lord has given us in order to learn how to leave behind egotistic lifestyles, and to learn to see in each person a brother or a sister. One thing we learned is that family is a place where we can learn to know each other, because there are so many things in the daily life of each one of us that at times we lack to see the needs of those who are around us, because we are taken in by ourselves. So it has become an opportunity to be less egotistic and more caring.

Rome 2022: signing the agreement between the Dicastery for Laity, Family and Life and the diocese of Rome

The Dicastery for Laity, Family and Life and the diocese of Rome together to organize the World meeting of families, which will take place in Rome in June 2022. This morning, Monday June 24th, in the Hall of Emperors in the Lateran Palace, Cardinal Kevin Joseph Farrell, Prefect of the Vatican Dicastery, and the Cardinal Vicar of Rome Angelo De Donatis, signed an agreement for the organization of the event. The diocese will take care of logistics, communication, hospitality and pastoral awareness.

«My wish is that this extraordinary event not just be a passing moment, that slips away, but that it might be a starting point in order that we might be of greater service to all those families here in Rome that often suffer hardships and difficulties», said Cardinal De Donatis. And the Cardinal continued by stating that these difficulties «are not just of an economic nature, every day we see a cultural fragility, a crisis of values, a lack of identity and of solid roots, as the Holy Father often reminds us».

Cardinal Farrell then made the observation: “I am glad that Rome will be organizing the event”, as he wished for a “greater momentum in pastoral care in the preparation of young couples for marriage” not only during the event itself but already during the preparations.

A bit of history on the World meeting of families

«Dear brothers and sisters, gathered here from a hundred different countries around the world, for this important event for the Year of the Family! Grace to you and peace from God our Father!». It was October 8th of 1994, on a Saturday, when Pope John Paul II thus greeted the participants of the first World meeting of families gathered in Saint Peter’s Square. That year had been declared the “International Year of the Family” by the UN, and the polish pontiff wanted the Church to celebrate with a “Year of the family”. Among the various events that took place, the World meeting was a prominent one, taking place in Rome from October 8th to October 9th. The Pontifical Council for the Family (now the Dicastery for Laity, Family and Life) took care of the organization, as has been the case ever since. The theme that year was “The Family, the Heart of the Civilization of Love”.

The tradition continued every three years going to different cities around the world. In 1997 the event took place in Rio de Janeiro from October 4th to October 5th. It was the second World meeting and the theme was “The Family: Gift and Commitment, the hope of humanity.”.

Three years later, during the Great Jubilee in the year 2000, the event again took place in the Eternal City. Rome welcomed families from all around the world between October 14th and 15th. It was the third World meeting of families, entitled “Children: Springtime of the Family and of the Church”.

Again three years later, in the year 2003, John Paul II was not able to participate in person in the fourth Meeting which took place between January 25th e 26th in Manila, and so he participated by means of a live TV link. “My thoughts and prayers are with you, dear families of the Philippines and from throughout the world”, he said to those participating in the event, who were invited to reflect upon the theme “The Christian Family: Good News for the Third Millennium”.

Between July 8th and 9th the fifth World meeting of families takes place in Valencia, the first that sees the participation of Pope Benedict XVI; the theme is “Handing on the Faith in the Family”. Then in the year 2009 we find ourselves in Mexico City between January 17th and 18th, reflecting on the theme “The Family: Teacher of Human and Christian Values”; the Holy Father participates by means of a live TV link. He will instead be present in Milan in 2012, between June 2nd and 3rd, to talk about “Family, Work & Celebration”.

The sixth World meeting of families takes place in Philadelphia in the year 2015, between September 26th and 27th. The theme: “Love is our mission: The family fully alive”. And it is the first to see the participation of Pope Francis.

The ninth World Meeting takes place in Dublin on August 22nd and August 23rd of 2018; the theme chosen by the Holy Father is “The Gospel of the Family: Joy for the World”, framed in the context of the Apostolic Exhortation “Amoris Laetitia” and coordinated by the new Dicastery for the Laity, Family and Life, presided by Cardinal K. Farrell.

San Gioacchino in Prati, scrigno di indicibile bellezza

Il giorno 26 di questo mese di luglio, ricorre la festa dei nonni di Gesù, Santi Gioacchino ed Anna, e pertanto vogliamo volgere l’attenzione a una parrocchia romana, bellissimo scrigno di indicibile bellezza affidata, già dal 1898 alla custodia dei Padri Redentoristi: San Gioacchino in Prati.

Quando nel 1878, con la costruzione del ponte di Ripetta il quartiere Prati cominciò a popolarsi si eressero tre chiese una delle quali, in omaggio a papa Leone XIII (Gioacchino Pecci), fu dedicata a San Gioacchino. La chiesa fu offerta in dono al pontefice da numerosi paesi del mondo tra cui 14 spiccano per il loro contributo: Argentina, Irlanda, Olanda, Belgio, Italia, Francia, Spagna, Stati Uniti, Inghilterra, Canada, Polonia, Baviera, Portogallo e Brasile. Ognuno di questi paesi appena citati ha, lungo le navate laterali, la propria cappella nazionale. Già dalla facciata della chiesa si comprende il motivo che ne guida la realizzazione: l’adorazione eucaristica riparatrice del mondo cattolico. Quest’ultima, fortemente voluta dal papa Leone XIII trova in questa chiesa il suo luogo prediletto in Roma. Difatti, l’attico lungo la trabeazione, realizzato dalla Società Musiva Veneziana, rappresenta l’adorazione eucaristica dinanzi alla quale cinque donne rappresentano i cinque continenti. Il mosaico è affiancato da quattro statue di santi particolarmente eucaristici realizzate sempre dalla Società Musiva Veneziana nel 1939: Sant’Alfonso Maria de Liguori, Santa Giuliana di Liegi, San Tommaso d’Aquino e Santa Chiara d’Assisi.

Salendo ancora con lo sguardo ci si imbatte nella mirabile statua di San Gioacchino con la Beata Vergine Maria, dietro alla quale spicca il sontuoso timpano musivo dove, due angeli in ginocchio adorano il Santissimo Sacramento. Infine, la maestosa cupola stellata è ancor una volta coronata da un ostensorio per ribadire nuovamente l’identità di questo luogo volto all’adorazione eucaristica delle nazioni cattoliche.

Passando il bellissimo atrio sorretto da sei colonne di ordine corinzio, già si comincia a constatare la straordinaria cooperazione tra le varie nazioni per la realizzazione di tale impresa. I basamenti in granito rosso di Baveno, le pareti ricoperte dal marmo scuro dei Pirenei, il pavimento fatto con il marmo proveniente dall’Aquila, le porte realizzate in cedro del Libano, le colonne fiancheggianti la porta centrale in marmo rosa provenienti dalla Russia. Come detto, un dono dei figli al papa e alla Chiesa.

Una volta varcata la porta d’ingresso la magnificenza della chiesa viene incontro con tutta la sua potenza. Le numerosissime decorazioni parietali in marmo, mosaico, affreschi, ceselli catturano l’attenzione. Il presbiterio è coronato dall’incantevole cupola che mostra all’interno il proprio cielo stellato cosparso di stelle su sfondo turchino. Il cuore però decisivo della decorazione di questa chiesa è l’altare in marmo rosso dei Pirenei che presenta al centro una croce e gli stemmi di Leone XIII in metallo dorato.

Accanto al prezioso tabernacolo a forma di tempietto sono disposti venti tondi di malachite verde che contribuiscono a dare lustro all’altare. Dietro ad esso, la scalinata in marmo rosso di Levante conduce al luogo dove si trova il trono per le solenni celebrazioni eucaristiche donato dalla Francia e composto da quattro grandi angeli bianchi, due con dei candelieri in mano e altri due in ginocchio che tengono in mano una banda con la scritta: “Cuore Eucaristico di Gesù, abbi pietà di noi”. La decorazione parietale dell’abside è uno stupendo affresco realizzato da V. Monti nel quale Gesù in trono, offre il calice e l’ostia all’adorazione.

Tutto in questa chiesa ruota intorno all’importanza dell’adorazione eucaristia, all’incontro con quel cuore palpitante che aspetta gli uomini di tutto il mondo per donargli il suo amore. Amore questo che ogni fedele è chiamato a riversare sul prossimo. E questa chiesa è testimone anche di un fatto di notevole valore. Durante la Seconda Guerra Mondiale, dal novembre del 1943 al giugno del 1944, quando già era stato ordinato ai militari tedeschi di fare irruzione nei monasteri e nei conventi in cerca di ebrei o dei dissidenti, il parroco della chiesa di San Gioacchino, don Antonio Dressino, coadiuvato da Suor Margherita Bernés, dall’ingegnere Pietro Lestini e dalla figlia di quest’ultimo, Giuliana, escogitò un metodo per salvare i loro fratelli.

Questi furono murati vivi tra la volta a botte della chiesa e il tetto a 50 m da terra e da un piccolo rosone, che con prudenza veniva aperto solamente la notte, ricevevano i beni di prima necessità. Con l’aiuto di Dio le quindici persone li presenti si salvarono. Tra questi vi erano anche tre ebrei. Tale notizia fece sì che il sacerdote, la suora, l’ingegnere e la giovane ragazza ricevessero da Israele il titolo di “Giusto tra le Nazioni”.

Possa questa bellissima parrocchia romana non smettere mai di essere quel trono di adorazione dove i fedeli unanimi implorano: “Cuore Eucaristico di Gesù, abbi pietà di noi”.

 

A cura delle Missionarie della Divina Rivelazione

Pellegrinaggio giubilare in Terra Santa nel 75° di fondazione del Centro oratori romani

Pellegrinaggio giubilare in Terra Santa nel 75° di fondazione del Centro oratori romani.

Servizio al Cottolengo di Torino per giovani dai 18 anni (I turno)

Servizio al Cottolengo di Torino per giovani dai 18 anni (I turno), a cura del Servizio per la pastorale giovanile.

E’ entrato nella luce della Resurrezione don Bamela Wayibena Sonta

Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis,

il Consiglio Episcopale e il Presbiterio della Diocesi di Roma,

annunciano che il 23 luglio è entrato nella luce della Resurrezione

il Rev.do

Don Bamela Wayibena Sonta,

di anni 36

Collaboratore parrocchiale presso la Parrocchia di San Frumenzio,

e, ricordandone il generoso e fecondo ministero pastorale,

lo affidano all’abbraccio misericordioso di Dio

e alla preghiera di suffragio dei fedeli,

invocando la pace e la gioia del Signore.

I funerali si svolgeranno presso la Parrocchia di San Frumenzio (Via Cavriglia, 8)

a data da destinarsi

 

24 luglio 2020

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