12 Luglio 2025

Dedicati alla povertà i testi per le seconde letture

“Possiede Dio chi non possiede nulla”: questo il titolo dei testi per l’Ufficio delle Letture delle ferie di Quaresima, donato dal Santo Padre ai sacerdoti romani in occasione della liturgia penitenziale di giovedì 27 febbraio, alla quale non ha potuto partecipare personalmente per motivi di salute.

«Anche quest’anno la diocesi di Roma – si legge nell’introduzione – propone ai sacerdoti e ai diaconi, per il tempo di Quaresima, un ciclo di seconde letture per l’Ufficio dei giorni feriali, in sintonia con quanto riportato nei “Principi e Norme per la Liturgia delle Ore”, relativamente ai tempi forti. In luogo della seconda lettura ordinariamente riportata sul breviario, si può optare per la lectio continua di uno o più testi di autori teologicamente rilevanti. Cogliendo questa possibilità come un’occasione di specifico approfondimento, la diocesi offre in questo libretto una serie di brani, tratti da varie opere dei Padri della Chiesa, in cui al centro dell’attenzione si colloca, perfettamente in sintonia con lo spirito quaresimale, il tema della povertà».

Ecco, allora, che nel libretto si passa da Agostino a Basilio Magno, da Clemente Alessandrino a Gregorio Nazianzeno, da Giovanni Crisostomo a Leone Magno. La selezione dei testi è stata curata da don Angelo Casarano.

27 febbraio 2020

Dedicata alla pandemia la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei

Si terrà in «casa ebraica», come lo scorso anno, il tradizionale appuntamento romano promosso in occasione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. La XXXIII edizione, in programma lunedì 17 gennaio, sarà infatti ospitata al Museo Ebraico di Roma. Alle ore 18 si ritroveranno nella struttura di via Catalana – situata all’interno del Tempio Maggiore – il rabbino capo della comunità ebraica di Roma rav Riccardo D Segni e il cardinale José Tolentino da Mendonca, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa; dopo il saluto e l’introduzione del cardinale vicario Angelo De Donatis, i due dialogheranno sul tema scelto concordemente: “Le risorse spirituali e umane di ebraismo e cristianesimo, alla prova della pandemia”. Nel rispetto della normativa vigente, l’appuntamento non prevede la presenza di pubblico, ma sarà trasmesso in diretta televisiva su Telepace (canali 73 e 214 in hd; 515 di Sky) e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma.

«In questo tempo eccezionale siamo assieme, fianco a fianco – sottolinea il cardinale De Donatis –, e, come l’autore del Qholet, ci lasciamo interpellare. Siamo inquieti, infatti. Nella pandemia abbiamo toccato con mano, senza equivoci, la verità della nostra fragilità. Ma siamo anche pieni di speranza. Dalla crisi – ci ha esortato Papa Francesco – si può uscire peggiori o migliori. E noi vogliamo uscirne migliori».

«L’intento comune è di offrire a partire dalle proprie radici le risorse spirituali e le indicazioni per affrontare il nostro tempo – spiega monsignor Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso ed i nuovi culti della diocesi di Roma – così eccezionalmente segnato da una fragilità globale, con fiducia, in maniera saggia, sapendo che le prove della storia devono spingere i credenti a misurarsi con esse a partire dalla forza delle Scritture ebraica e cristiana e dalla saggezza e dalla sapienza che esse contengono. Sarà un dialogo – prosegue – corroborato dalla fraternità che ci vede assieme da molti anni; il luogo è significativo come è significativo il desiderio di accoglierci per la seconda volta nel quartiere ebraico».

La Giornata ha radici nelle indicazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II e nel Decreto Nostra Aetate. In questo spirito, la Conferenza episcopale italiana nel settembre 1989, volle istituirla dandole cadenza annuale il 17 gennaio, alla vigilia della “Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani”; intendeva così rimarcare la radice primigenia della loro stessa identità. Scopo della Giornata è quello di sensibilizzare i cristiani verso il rispetto, il dialogo e la conoscenza della tradizione ebraica, aprendoli ai doni e alle suggestioni del popolo dell’ “Alleanza mai revocata”, in un incontro fraterno che arricchisca anche i fratelli e sorelle ebrei di una conoscenza nuova dei cattolici e della loro vita. Nelle differenze di ciascuno è cresciuta una lettura più profonda delle Sacre Scritture e, allo stesso tempo, ci si è trovati più vicini nell’affrontare le sfide del tempo, in vista del bene comune dell’umanità.

13 gennaio 2022

Decreto del cardinale vicario Angelo De Donatis dell’8 marzo 2020

– In relazione al Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020, a cui hanno fatto seguito la “Comunicazione” del Segretario Generale del Vicariato di Roma del 5 marzo 2020 e la “Lettera ai fedeli” del Cardinale Vicario del 6 marzo 2020;

– considerate le nuove e più cogenti disposizioni del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri pubblicato in data odierna, 8 marzo 2020, in particolare l’articolo 2 lettera v): “l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro (…). Sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”;

– considerato, altresì il “Comunicato” 11/2020 in data odierna dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni sociali della CEI, in cui si riferisce: “l’interpretazione fornita dal Governo include rigorosamente le Sante Messe e le esequie tra le cerimonie religiose. Si tratta di un passaggio fortemente restrittivo la cui accoglienza incontra sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. L’accoglienza del Decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica”;

– confermate altresì le restrizioni alle attività ordinarie nelle parrocchie e negli altri luoghi di culto già poste dalla “Comunicazione” del Segretario Generale del Vicariato di Roma in data 5 marzo 2020;

SI DISPONE
quanto segue:
1. sino a venerdì 3 aprile 2020 le chiese parrocchiali e non parrocchiali della Diocesi di Roma rimarranno, come di consueto, aperte per la preghiera personale alle condizioni sopra citate;

2. Papa Francesco, introducendo la preghiera dell’Angelus odierno, ha detto: “Questo modo di oggi di pregare l’Angelus lo facciamo per compiere le disposizioni preventive, così da evitare piccoli affollamenti di gente che possono favorire la trasmissione del virus”. La Chiesa di Roma, fedele al suo Pastore, assume un atteggiamento di piena responsabilità verso la collettività nella consapevolezza che la tutela dal contagio esige misure anche drastiche, soprattutto nel contatto interpersonale. Pertanto, sino alla medesima data del 3 aprile p.v. sono sospese le celebrazioni liturgiche comunitarie (eucarestie feriali e festive, esequie, ecc…).

Il tempo di Quaresima ci aiuti a vivere evangelicamente questa grande prova. Vi benedico affidandovi tutti alla Madonna del Divino Amore.

Dato in Roma, dalla sede del Vicariato nel Palazzo Apostolico Lateranense, il giorno 8 marzo A. D. 2020.
Prot. n. 446/20

8 marzo 2020

Decreto del cardinale vicario Angelo De Donatis del 13 marzo 2020

In relazione al Decreto Prot. n. 468/20, da me emanato ieri, 12 marzo 2020, si rende opportuno precisare e – nella misura del necessario modificare – quanto esposto nel n. 1 della parte dispositiva del medesimo.
La Chiesa di Roma, in piena comunione con il suo Vescovo, Supremo Pastore della Chiesa Universale, è consapevole del significato simbolico della decisione presa col predetto Decreto. L’infezione da Coronavirus si sta diffondendo in maniera esponenziale: in pochissimi giorni il numero dei contagiati è raddoppiato, e di questo passo non è difficile prevedere che in pochissimo tempo raggiunga l’ordine delle decine di migliaia di persone solo in Italia. È evidente il rischio di collasso delle strutture sanitarie, già ventilato da molti, soprattutto per la sproporzione tra le risorse di terapia intensiva disponibili e il crescente numero di malati. Potrebbe essere coinvolto un numero ancor più elevato di persone, soprattutto anziani e soggetti vulnerabili. Possiamo arginare questa tragica eventualità solo applicando misure per frenare il contagio e permettendo al SSN di riorganizzarsi. Gli italiani crescono nella consapevolezza che dietro l’invito di non uscire di casa c’è un’esigenza improcrastinabile di tutelare il bene comune.
Tuttavia, ogni provvedimento cautelare ecclesiale deve tener conto non soltanto del bene comune della società civile, ma anche di quel bene unico e prezioso che è la fede, soprattutto quella dei più piccoli.
Il Decreto Prot. N. 468/20 viene pertanto modificato, ponendo in capo ai sacerdoti e a tutti i fedeli la responsabilità ultima dell’ingresso nei luoghi di culto, in modo tale da non esporre ad alcun pericolo di contagio la popolazione e nel contempo evitare il segno dell’interdizione fisica dell’accesso al luogo di culto attraverso la chiusura del medesimo, la quale potrebbe creare disorientamento e maggior senso di insicurezza.
In particolare

SI DISPONE
Che il n. 1 del Decreto prot. 468/20 del 12 marzo u.s. venga così modificato:

1. Si esortano i fedeli, fino a venerdì 3 aprile p. v. ad attenersi con matura coscienza e con senso di responsabilità alle direttive dei Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri di questi ultimi giorni, in particolare quelle del c.d. Decreto “#Io resto a casa#”. In conseguenza di questo sopra esposto, i fedeli sono dispensati dall’obbligo di soddisfare al precetto festivo (cf. cann. 1246-1248 C.I.C.). Rimangono chiuse all’accesso del pubblico le chiese non parrocchiali e più in generale gli edifici di culto di qualunque genere (cf. can. 1214 ss. C.I.C.); restano invece aperte le chiese parrocchiali e quelle che sono sedi di missioni con cura d’anime ed equiparate. Restano altresì accessibili gli oratori di comunità stabilmente costituite (religiose, monastiche, ecc. cf. can. 1223 C.I.C.), limitatamente alle medesime collettività che abitualmente ne usufruiscono in quanto in loco residenti e conviventi, con interdizione all’accesso dei fedeli che non sono membri stabili delle predette comunità.

La comunione ecclesiale che ci lega continuerà a sostenerci nel nostro sforzo quotidiano di reagire all’emergenza con rapidità, efficacia e autentico spirito di fede.

Vi benedico. Madonna del Divino Amore prega per noi!

Dato in Roma, alla sede del Vicariato nel Palazzo Apostolico Lateranense, il giorno 13 marzo A.D. 2020.

13 marzo 2020

Decreto del cardinale vicario Angelo De Donatis del 12 marzo 2020

– In relazione ai Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 4, 8 e 9marzo 2020, nonché alla “Comunicazione” del Segretario Generale del Vicariato di Roma del 5 marzo 2020 e alla “Lettera ai fedeli” del Cardinale Vicario del 6 marzo 2020;
– considerate le nuove e ancor più cogenti limitazioni poste all’ordinaria circolazione delle persone del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri emanato in data 11 marzo 2020;
– considerati, altresì i “Comunicati” dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni sociali della CEI n. 11/20 in data 8 marzo u.s. e, in specie, quello n. 15/2020 in data odierna, in cui si riferisce: «Viviamo una situazione gravissima sul piano sanitario […] A ciascuno, in particolare, viene chiesto di avere la massima attenzione, perché un’eventuale sua imprudenza nell’osservare le misure sanitarie potrebbe danneggiare altre persone. Di questa responsabilità può essere espressione anche la decisione di chiudere le chiese. Questo non perché lo Stato ce lo imponga, ma per un senso di appartenenza alla famiglia umana, esposta ad un virus di cui ancora non conosciamo la natura né la propagazione»;
– viste le disposizioni di cui al mio Decreto prot. 446/20 dell’8 marzo u.s., tuttora in vigore, e confermate altresì le restrizioni alle attività ordinarie nelle parrocchie, rettorie e negli altri luoghi di culto già poste al medesimo;

SI DISPONE

che il n. 1 del Decreto prot. 446/20 dell’8 marzo u.s. venga così modificato:
1. Sino a venerdì 3 aprile 2020 l’accesso alle chiese parrocchiali e non parrocchiali della Diocesi di Roma, aperte al pubblico (cf. cann. 1214 ss C.I.C.), e più in generale agli edifici di culto di qualunque genere aperti al pubblico, viene interdetto a tutti i fedeli. Rimangono accessibili solo gli oratori di comunità stabilmente costituite (religiose, monastiche, ecc.: cf. can. 1223 C.I.C.), limitatamente alle medesime collettività che abitualmente ne usufruiscono in quanto in loco residenti e conviventi, con interdizione all’accesso dei fedeli che non sono membri stabili delle predette comunità.
I fedeli sono in conseguenza dispensati dall’obbligo di soddisfare al precetto festivo (cf. cann. 1246-1248 C.I.C.).
Sarà cura dei sacerdoti responsabili dell’esercizio di culto nei singoli luoghi (Parroci, Rettori, Cappellani, ecc.) attivarsi per dar seguito a questa disposizione, innanzitutto con la chiusura delle aule di culto e con ogni altra iniziativa idonea allo scopo.
Ricordiamo che questa disposizione è per il bene comune. Accogliamo le Parole di Gesù che ci dice «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt. 18.20). In questo tempo, ancora di più, le nostre case sono Chiese domestiche.

Vi benedico, affidandovi tutti ancora una volta alla materna intercessione della Madonna del Divino Amore.
Dato in Roma, dalla sede del Vicariato nel Palazzo Apostolico Lateranense, il giorno 12 marzo A. D. 2020.
Prot. n. 468/20

12 marzo 2020

Debito, un incontro con Riccardo Troisi

«Non mi stanco di ripetere che il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri pur di soddisfare le esigenze dei loro mercati». Le parole di Papa Francesco, nel suo messaggio in occasione della Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2025, saranno il filo conduttore della riflessione nel prossimo incontro di “Percorsi di ecologia integrale. Un caffè con noi”, promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro per giovedì 16 gennaio, dalle 18.30 alle 20. L’appuntamento si terrà nella Sala Roberto Sardelli di via della Madonna dei Monti 41 e avrà per titolo “Predatori e vittime. Storie di debiti e oppressioni”.

Protagonista sarà Riccardo Troisi, economista, membro del Gruppo Next e Reorient Ong. Interverranno anche il responsabile della Pastorale sociale diocesana, monsignor Francesco Pesce, e il vicedirettore Oliviero Bettinelli. «Il debito dei Paesi più poveri è il segno inequivocabile di uno strumento di controllo attraverso il quale si ricattano e si sfruttano intere popolazioni – osserva Bettinelli –. Non occorrono grandi riflessioni; basta dare ad ogni parola di questa frase la sua definizione per rendersi conto che solo il condono del debito può impedire la morte di chi viene condannato dalla povertà e dalle politiche economiche che la causano. Papa Francesco come sempre è lapidario indicandoci che non ci sono altre strade per la giustizia se non quella di recuperare relazioni che siano umane».

8 gennaio 2025

De Gasperi, un «modello di riferimento per la politica italiana ed europea»

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Di seguito il discorso pronunciato dal cardinale vicario Baldassare Reina nella sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche, fama di santità e dei segni del
Servo di Dio Alcide De Gasperi

La storia della Chiesa è costellata di figure che hanno lasciato una scia luminosa dietro di loro. Fra di esse spicca la figura del Servo di Dio Alcide De Gasperi. È una delle figure più significative della storia italiana del XX secolo, un uomo che, con la sua visione politica e la sua capacità di governo, ha saputo guidare l’Italia in una delle sue fasi più difficili. La sua eredità politica non si esaurisce nella ricostruzione post-bellica, ma si estende al consolidamento delle istituzioni democratiche e alla costruzione dell’Europa unita. La sua capacità di mediazione, il pragmatismo e il forte senso dello Stato lo rendono ancora oggi un modello di riferimento per la politica italiana ed europea.

Nato il 3 aprile 1881 a Pieve Tesino, in un Trentino ancora sotto il dominio Austro-ungarico, Alcide De Gasperi crebbe in un contesto culturale bilingue, che influenzò la sua formazione e la sua apertura internazionale. Dopo essersi laureato in Filologia Moderna all’Università di Vienna, il giovane De Gasperi si dedicò all’attività giornalistica e politica, collaborando con il quotidiano “Il Trentino”, impegnandosi nella difesa degli interessi della comunità italiana all’interno dell’Impero Austro-ungarico.

Nel 1911 venne eletto deputato al Parlamento di Vienna, dove si distinse per le sue battaglie a favore dell’autonomia amministrativa e culturale del Trentino. Con la fine della Prima Guerra Mondiale e l’annessione della sua terra all’Italia, De Gasperi si trovò a dover ridefinire il proprio ruolo politico all’interno di un nuovo contesto nazionale, con il Partito Popolare Italiano e si batté per il riconoscimento della partecipazione politica dei cattolici e per una visione dello Stato basata sul pluralismo e sulla giustizia sociale.
Con l’avvento del fascismo, il Partito Popolare venne sciolto e De Gasperi fu perseguitato dal regime. Arrestato nel 1927 e condannato a quattro anni di reclusione, venne poi graziato, ma visse per anni in condizioni di precarietà economica, trovando rifugio nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Durante questo periodo, affinò le sue riflessioni politiche e sociali, gettando le basi per la rinascita del cattolicesimo politico nel secondo dopoguerra.

Dopo la caduta del fascismo, divenne uno dei principali protagonisti della fondazione della Democrazia Cristiana, partito che avrebbe guidato l’Italia per decenni. Nel 1945 fu nominato Presidente del Consiglio dei Ministri e guidò il paese nei cruciali anni della ricostruzione e dell’avvio del processo democratico. Durante il suo governo, l’Italia aderì al Piano Marshall; entrò nelle istituzioni europee nascenti e consolidò il sistema democratico, ponendo le basi per il boom economico degli anni successivi.

De Gasperi è stato riconosciuto come un uomo di grande fede e integrità morale. Numerosi testimoni e storici concordano nel descriverlo come un politico mosso da una profonda spiritualità e da una visione cristiana della vita e del servizio pubblico. La granitica fede fu per lui una guida costante, che ispirò ogni sua scelta e azione politica. Egli non si limitò a professarla nel privato, ma la tradusse in un impegno concreto nella costruzione di una società giusta e solidale.

Uno dei tratti distintivi del suo carattere era la capacità di affrontare le difficoltà con serenità e speranza. La sua visione dell’Europa, fondata sulla cooperazione tra i popoli, rifletteva un approccio inclusivo e lungimirante, in netto contrasto con le divisioni nazionalistiche che avevano segnato il continente nei decenni precedenti. Per lui, il confine non era una barriera divisoria, ma un ponte tra culture diverse.

De Gasperi esercitò la politica con senso di giustizia e rettitudine. Non cercò mai il potere per interesse personale, ma lo intese come servizio alla nazione. La sua attenzione ai più deboli e il suo impegno per il bene comune dimostrano come la carità cristiana non fosse per lui un principio astratto, ma una virtù concreta da incarnare nella vita politica.
L’eredità politica di Alcide De Gasperi è ancora oggi oggetto di riflessione per il suo approccio pragmatico, la sua capacità di mediazione e la sua visione strategica.

In un contesto di crisi della politica e delle istituzioni, il suo esempio offre spunti importanti per il dibattito contemporaneo. Uno degli aspetti più rilevanti della sua azione politica è la costruzione dell’Europa unita. De Gasperi fu tra i primi a comprendere che la cooperazione tra gli Stati europei fosse la chiave per garantire pace e stabilità. Il suo contributo al progetto europeo è oggi più attuale che mai, in un momento storico in cui l’integrazione europea affronta sfide complesse e in cui il rischio di frammentazione è sempre presente. Anche la sua idea di politica basata sul dialogo tra le diverse forze sociali e politiche rimane un modello di riferimento. In un’epoca segnata dalla polarizzazione e dal populismo, il metodo di De Gasperi, fondato sul confronto costruttivo e sulla ricerca di soluzioni condivise, appare come un approccio necessario per ricostruire la fiducia nelle istituzioni.

Il Servo di Dio è ricordato non solo come un grande statista, ma soprattutto come un uomo di profonda fede in Dio e rettitudine morale. La sua vita è stata segnata da difficoltà e prove, ma ha sempre affrontato ogni ostacolo con spirito di servizio e una visione cristiana del bene comune; non ha mai perso la fiducia nella Divina Provvidenza e la determinazione nel perseguire la giustizia. Il suo impegno politico non era mosso da ambizioni personali, ma da una sincera vocazione a servire il prossimo, tanto che la sua azione è stata definita “profetica, sacerdotale e regale” nella missione di costruire un futuro migliore per la società.

La figura del Servo di Dio continua a essere di straordinaria attualità: il suo contributo alla costruzione della democrazia italiana, il suo ruolo nell’integrazione europea e il suo modello di leadership politica offrono spunti di riflessione per affrontare le sfide del presente.

In un contesto di crisi della rappresentanza politica, il suo esempio invita a riscoprire il valore del servizio pubblico, della competenza e della responsabilità. Il suo pensiero e la sua azione politica non appartengono solo alla storia, ma costituiscono una risorsa per il futuro, un punto di riferimento per chiunque voglia impegnarsi per il bene comune con serietà e dedizione. Chi lo ha conosciuto direttamente lo descrive come un uomo umile e riservato, ma capace di trasmettere con l’esempio di vita una profonda spiritualità.

La figlia Maria Romana ha raccontato che il padre viveva la fede con coerenza, senza ostentazioni, nutrita quotidianamente con la preghiera e la meditazione. Anche figure di rilievo, come San Giovanni XXIII, hanno riconosciuto la grandezza della testimonianza cristiana del Servo di Dio De Gasperi. Il Pontefice, infatti, parlava di lui come di un uomo ispirato da una visione biblica della vita e del servizio agli altri. La sua eredità spirituale e politica è tuttora viva nella memoria di tanta gente. Il suo esempio di integrità, servizio e impegno per il bene comune rimane un punto di riferimento per la società contemporanea, soprattutto in un’epoca in cui la politica appare spesso priva di valori e idealità.

La Fondazione a lui dedicata porta avanti questo messaggio, promuovendo attività culturali e sociali ispirate ai principi che hanno guidato la sua vita.

Dopo la sua morte, la commozione popolare è stata immensa. Migliaia di persone hanno accompagnato il suo feretro da Trento a Roma, manifestando con gesti spontanei il loro affetto e la convinzione di uomo giusto e virtuoso. Alcuni chiedevano persino la sua intercessione, come dimostrano le invocazioni udite lungo il tragitto: “Alcide, prega per noi!”.
Questo sentimento collettivo di ammirazione si è tradotto in una fama sanctitatis, ovvero nella convinzione diffusa che De Gasperi avesse vissuto in modo esemplare le virtù cristiane. La sua morte, accompagnata da un vasto moto di cordoglio popolare, testimonia quanto fosse percepito non solo come un uomo di Stato, ma come una guida morale significativa per la nazione.
Ci auguriamo che la Chiesa voglia riconoscere l’eroicità delle virtù di Alcide De Gasperi. In un momento storico in cui si avverte la necessità di leader credibili e coerenti, la figura del Servo di Dio De Gasperi emerge come un modello attuale, capace di offrire insegnamenti validi per le persone impegnate in politica e nel sociale. La sua eredità spirituale e politica continua a essere un faro per le future generazioni, dimostrando che l’integrità, la dedizione e il senso del dovere possono lasciare un segno indelebile nella storia di un paese.
Grazie!

28 febbraio 2025

De Donatis: «Roma ha bisogno degli artisti»

Il Beato Angelico «volle essere un cristiano che donava i suoi tesori a Cristo». Le sue opere sono «un regalo suo e di Dio al mondo». Il 18 febbraio, giorno in cui ricorre la memoria liturgica di fra Giovanni da Fiesole – così si chiamava il celebre pittore toscano vissuto a cavallo tra i Trecento e il Quattrocento –, patrono degli artisti, il cardinale vicario ha presieduto la Messa nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, dove è sepolto. Al termine della celebrazione eucaristica, animata dalla Cappella Augustea del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, nella stessa chiesa del centro si è tenuto l’incontro del ciclo “Roma by night” – promosso dal Servizio diocesano per la cultura e l’università e dall’Ufficio catechistico diocesano – dedicato a “La luce dell’arte sulla vita degli uomini”, con monsignor Andrea Lonardo, direttore del Servizio diocesano, e Riccardo Lufrani, priore del convento di Santa Maria sopra Minerva e docente di Teologia morale alla Lumsa di Roma.

Il cardinale De Donatis ha concluso la sua omelia con un appello ai tanti artisti presenti nella basilica. «Dobbiamo tornare tutti insieme a far risplendere Roma – ha esortato –, che è stata, era e sarà una luce nel mondo. Io so che ne avete il desiderio e le potenzialità. Roma ha bisogno degli artisti. Roma ha bisogno di testimoni che assicurino che il buono, il bello e il vero esistono e sono raggiungibili. Quando il Beato Angelico rappresentò il Paradiso dipinse uomini e donne che si abbracciano insieme, fra di loro e con gli angeli, perché la vita è condivisione, ed è salvezza raggiunta insieme. Che il Beato Angelico interceda per noi nel raggiungere questa meta».

Leggi l’omelia completa

19 febbraio 2019

De Donatis cardinale, Il Papa: «Servire Cristo nel popolo fedele di Dio…»

A San Pietro sono le 16.35 quando il vicario di Roma si inginocchia davanti al suo vescovo. Sul capo di don Angelo, Francesco impone lo zucchetto e la berretta cardinalizia «rossa come segno della dignità del cardinalato, a significare che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio e per la libertà e la diffusione della Santa Romana Chiesa».
Poi, «dalla mano di Pietro» la consegna dell’anello con l’invito a ricordare che «con l’amore del Principe degli Apostoli si rafforza il tuo amore verso la Chiesa». Infine, dopo la consegna della Bolla di creazione cardinalizia e l’assegnazione del “titulus Marci” (San Marco in Campidoglio ndr.), lo scambio dell’abbraccio di pace tra il Papa e il suo vicario per la diocesi di Roma.

Oltre a De Donatis cardinale, nel Concistoro di oggi, sono stati creati altri due cardinali italiani: Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato vaticana fino ad agosto, quando assumerà la guida della Congregazione per le cause dei santi, e Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila. Con loro, a ricevere la berretta cardinalizia, Luis Raphael I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, in Iraq; Luis Ladaria Ferrer, gesuita spagnolo, dal 1° luglio 2017 prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; Konrad Krajewski, polacco, Elemosiniere pontificio; Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, in Pakistan; Antonio dos Santos Marto, vescovo di Leiria– Fatima, in Portogallo; Pedro Ricardo Barreto Jimeno, gesuita, arcivescovo di Huancayo, in Perù; Désiré Tsarahazana, arcivescovo di Toamasina, in Madagascar; Thomas Aquino Manyo Maeda, arcivescovo di Osaka, in Giappone.

Tre i cardinali non elettori: Sergio Obeso Rivera, arcivescovo emerito di Xalapa, messicano, Toribio Ticona Porco, prelato emerito di Corocoro, boliviano, e Aquilino Bocos Merino, claretiano spagnolo, l’unico non vescovo tra i nuovi cardinali.
A tutti loro, sulla scorta del Vangelo di Marco, il Papa ha ricordato che non serve «guadagnare il mondo intero se si è corrosi all’interno», se si vive «tutti presi da intrighi asfissianti che inaridiscono e rendono sterile il cuore e la missione». In questa situazione – il monito di Francesco – «si potrebbero già vedere gli intrighi di palazzo, anche nelle curie ecclesiastiche».

Ma, niente paura, «mentre siamo sulla strada per Gerusalemme, il Signore cammina davanti a noi per ricordarci ancora una volta che l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo». Il cardinalato non è una promozione, una onorificenza, lo è «servire Cristo nel popolo fedele di Dio, nell’affamato, nel dimenticato, nel tossicodipendente, in persone concrete con le loro storie e speranze, con le loro attese e delusioni, con le loro sofferenze e ferite». Infine il monito del pontefice ai neo cardinali: «Nessuno di voi deve sentirsi “superiore” ad alcuno. Nessuno di voi deve guardare gli altri dall’alto verso il basso. Possiamo guardare così una persona solo quando la aiutiamo ad alzarsi».

da Romasette.it, 28.giugno.2018

De Donatis al Consiglio dei prefetti: «Riconciliamoci con il nostro passato»

«Puntiamo a riconciliarci con il nostro passato, a riconciliarci tra di noi e a riprendere con coraggio il cammino». Così il cardinale vicario Angelo De Donatis esordisce al Consiglio dei prefetti, che si è tenuto ieri, lunedì primo ottobre. Quindi traccia una storia della Chiesa di Roma degli ultimi anni, che «servirà da base – sottolinea –, ma sarà arricchito dalla condivisione dei ricordi e dalla testimonianza di fede di ciascuno di voi».

Poi annuncia: «Il frutto del lavoro di questa mattina sarà poi proposto da vescovi ausiliari negli incontri di settore e dibattuto nelle riunioni dei presbiteri in prefettura. Un momento particolarmente importante (una novità di quest’anno) sarà la realizzazione da qui all’inizio dell’Avvento di un incontro comune di prefettura (una sorta di assemblea comunitaria) a cui tutti sono invitati: laici giovani e adulti, religiosi, diaconi e presbiteri».

Leggi l’intervento completo del vicario

Leggi l’intervento del vescovo Palmieri al Consiglio dei prefetti

2 ottobre 2018

De Donatis ai nuovi sacerdoti: «La vigna che troverete è il miglior seminario»

Omelia del cardinale vicario Angelo De Donatis in occasione delle ordinazioni presbiterali del 3 ottobre 2020

De Donatis a Fatima: «L’umiltà è il nostro “Green pass” per andare in Cielo»

«Ormai questo santuario ci è diventato familiare, è entrato nella “geografia della salvezza” delle nostre vite. Fatima è il punto di ri-partenza che Dio ha scelto per noi quest’anno, in questi tempi così difficili». Lo ha detto stamani il cardinale vicario Angelo De Donatis, nell’omelia della Messa che ha celebrato nel santuario di Fatima, durante il pellegrinaggio diocesano. «Siamo venuti qui cercando Dio e, attraverso Maria, lo stiamo ritrovando – ha osservato il porporato –. A lui abbiamo portato le nostre croci, le nostre prove. E lui ci viene incontro con la sapienza della Croce, stoltezza per il mondo, ricordandoci che solo se siamo crocifissi con Lui potremo gustare la pienezza della Vita». Quindi, la richiesta al Signore di «non toglierci le croci, ma di saperle trovare nella Sua e, con essa, la forza di portarle».

Invitando a guardare a Maria, «madre e maestra spirituale», il cardinale ha ribadito che «se crediamo di essere autodidatti nella fede, facilmente rischieremmo di perderci e di sbagliare». «Se camminiamo soli, lì dove troviamo “buio”, vediamo solo “oscurità”; con lei vediamo il passo prima della luce». Nelle parole del cardinale anche la volontà di «metterci alla scuola di Maria». «Secondo la sua logica, troviamo Fatima» non come «un insieme di segreti che annunciano distruzione e fine; ma una immensa luce di speranza in una storia di difficoltà e di prove». Infine, l’invito all’umiltà, «nostro “Green-pass” necessario per andare in Cielo». «Se vogliamo elevare lo sguardo al Cielo, siamo invitati ad essere piccoli».

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