17 Luglio 2025

Gli auguri del vicario ai sacerdoti della diocesi di Roma

«In questo Natale voglio rendere grazie al Signore per te, che – nella notte del mondo – vegli sul gregge che ti è stato affidato». Sono parole cariche di affetto e di stima quelle che il cardinale vicario Angelo De Donatis rivolge ai sacerdoti della diocesi di Roma, nella lettera di auguri di buon Natale che ha indirizzato loro.

«Ti invito a tornare al momento in cui hai percepito per la prima volta la chiamata al sacerdozio – si legge ancora nella missiva inviata oggi, lunedì 23 dicembre –; a ripensare ai primi anni del tuo ministero. Pensa a quegli inizi con lo stupore dei pastori che vedono la semplicità di una giovane famiglia: Maria, Giuseppe e il Bambino. Come loro, anche tu riparti da lì, rinnovato dalla presenza di un Dio che abita la tua umanità, compresi i tuoi limiti, le tue fragilità, le tue ferite».

Poi un sentito ringraziamento per quello che i presbiteri romani fanno, ogni giorno, nelle parrocchie di periferia come nelle antiche chiese del centro storico. «Grazie perché, oltre ad essere pastore che veglia, sei la vedetta che osserva, che amplia lo sguardo, che ascolta con il cuore. Grazie perché, guardando alle periferie esistenziali della nostra città, tu porti, con il tuo grido, quello dell’umanità che chiede quanto resta della notte (cfr. Is 21,11), in attesa del nuovo mattino. Ti benedico di cuore, con l’affetto di un padre».

«Nella notte di Natale – la conclusione – mi unirò spiritualmente alla tua comunità, pregando per tutti coloro che ti sono cari. In particolare pregherò per i sacerdoti in varie difficoltà, i sacerdoti anziani e malati».

Leggi il testo integrale della lettera

La Betlemme di Roma

La devozione alla Beata Vergine Maria trova nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore uno scrigno regale di singolare bellezza. Seppur circondata oramai da imponenti edifici, la più famosa Basilica romana dedicata a Maria, assume così tutto il tono di quella che è stata la vita nascosta ma incisiva di questa meravigliosa creatura: nel silenzio della sua umiltà sapiente, custodiva nel grembo il Figlio di Dio. È proprio la definizione dogmatica di Theotòkos, Madre di Dio, avvenuta nel Concilio di Efeso del 431 d. C. che spinse papa Sisto III ad erigere questa splendida Basilica. Ora, come ogni corona preziosa, anche Santa Maria Maggiore vede incastonate in sé gemme e diamanti di pari rarità e magnificenza, tuttavia, in questo tempo, ci soffermeremo solamente su alcune di queste bellezze che meglio ci aiutano a camminare su quel tragitto che, illuminato dalle profezie veterotestamentarie, ci accompagna alla grotta di Betlemme dove ogni promessa del Padre, diviene un sì (cfr. 2Cor 1,20)

È proprio del tempo di Sisto III lo splendido arco trionfale che si incontra alla fine della navata centrale. Questo si compone di quattro registri, contenenti scene della vita di Gesù e di Maria. In alto da sinistra vediamo l’Annunciazione, in cui Maria è rappresentata vestita come una principessa romana, l’annuncio a Giuseppe, l’adorazione dei Magi e la strage degli innocenti. In alto da destra, la presentazione al Tempio, la fuga in Egitto con l’incontro della Sacra Famiglia con Afrodisio, governatore della città di Sotine e infine, i Magi al cospetto di Erode. Ai piedi dell’arco le due città di Betlemme a sinistra, e Gerusalemme a destra. Se Betlemme è il luogo dove Gesù nasce e dove avviene la sua prima Epifania, Gerusalemme è la città dove Egli muore e risorge. Questo Bambino nasce per uno scopo, la nostra Salvezza che passerà per la Croce. Sembra proprio a questa sua missione salvifica che alluda il reliquiario in cristallo della Culla di Gesù, realizzato dal Valadier, che si trova precisamente nella Confessione, sotto l’altare e che ci permette di entrare nel clima della grotta di Betlemme con stupore e trepidazione. Su di esso, il bambino Gesù, giacente sulla mangiatoia indica verso l’alto, indica l’altare: come Gesù fu adagiato su quella culla, di cui abbiamo il privilegio di essere custodi, allo stesso modo, il Suo Corpo è adagiato sull’altare ogni qualvolta che viene celebrata la Santa Messa.

Tuttavia, seppur già nel sontuoso arco trionfale, il fedele sia pienamente immerso nel mistero della vita di Gesù e di Maria, è solo nel catino absidale che si entra pienamente nel cuore della fede mariana della Chiesa. La decorazione musiva dell’abside, voluta da Niccolò IV e affidata a Jacopo Torriti, prevede ancora gli episodi più importanti della vita di Maria e dell’infanzia di Gesù. Ci soffermeremo qui in particolare sulla scena della Natività, ispirata al celebre presepe di Arnolfo di Cambio anch’esso realizzato per la Basilica e ad oggi visibile nel museo della stessa.

Il cuore della scena è costituito da Maria con il Bambino in fasce, che emergono dalla voragine oscura della montagna. Quest’ultima ha forma triangolare e si staglia sullo sfondo color oro, entrambi questi elementi alludono al mondo divino che si manifesta nella storia. L’oscurità della voragine, emblema dell’oscurità del mondo senza Dio, è illuminata dal bianco giaciglio finemente ricamato, su cui è adagiata la Vergine Maria. Ella indossa vesti regali, perché è Madre del Re dei re; il blu scuro del manto pone in evidenza tre stelle dorate, due sulle spalle e una sulla testa, esse alludono alla perpetua Verginità di Maria prima, durante e dopo il parto. La Madre depone il Bambino, avvolto in fasce, nella mangiatoia, che ha la forma di una tomba marmorea. Sul capo del Bambino un’aureola crucisignata ci ricorda che Egli è il Figlio di Dio e che è venuto a salvarci.

Le fasce, la mangiatoia e la croce sono tre simboli che prefigurano il sacrificio sul Calvario. La mangiatoia, che è inserita in un tempio, e la stella, che splende sopra la montagna, sono simboli che sottolineano l’origine divina di Gesù: Egli, pur essendo vero uomo, non smette di essere vero Dio. Accanto al Bambino, vediamo l’asino e il bue, questi due animali vengono citati dal profeta Isaia: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende” (Is 1,3), e diventano profezia della futura incredulità del popolo d’Israele. Ai piedi della grotta, è raffigurato l’anziano San Giuseppe, seduto e con il capo rivolto verso la Natività, egli contempla il Mistero, offrendosi quale umile servitore della Madre e del Figlio di Dio. Dietro la montagna, a sinistra, gli angeli adorano stupiti, mentre dal lato opposto, un angelo del Signore si presenta ai pastori con un cartiglio sul quale è scritto: Natus est vobis Salvator (Lc 2, 10-11).

La Solennità del Natale vede la nascita del Salvatore! Sia il nostro cuore aperto e pronto nella preghiera come Maria, nella disponibilità come Giuseppe, nel desiderio come i Pastori, nella lode come gli angeli! Accogliamo il Dio altissimo che si fa bambino perché nessun uomo abbia paura di Lui e apprendiamo da Maria che, seppur giovane e in età da marito, non ha avuto paura a lasciare che i piani di Dio sostituissero i suoi, sicura che i piani del Padre sono sempre più grandi: infatti, da quel suonascosto e fiducioso, la storia cambiò per sempre.

 

A cura delle Missionarie della Divina Rivelazione

Le Messe a San Giovanni in Laterano e gli auguri del cardinale De Donatis: «Un bambino è nato per noi»

«La notte di Natale ascolteremo queste parole del profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia”. Il mio augurio è che queste parole possano arrivare a tutti gli abitanti di Roma, gli abitanti di questa città, a questo popolo numeroso. Che ognuna le possa sperimentare vere nella propria vita. E che questa gioia sia per tutti una gioia sorgiva perché un bambino è nato per noi. Ci è stato dato un Figlio. Il mio augurio è questo per tutti». Così il cardinale vicario Angelo De Donatis augura un buon Natale a tutta la comunità diocesana di Roma. E invita a partecipare alle due celebrazioni che si terranno nella basilica di San Giovanni in Laterano.

Una fiaccola che arriva da Betlemme, portata dagli scout fino a Roma, accenderà le candele sull’altare della cattedrale. Inizierà così, con un lucernario carico di significato, la Messa della Notte di Natale che si terrà il 24 dicembre, alle ore 23.30. A presiederla sarà il cardinale De Donatis.

I canti scandiranno i vari momenti della serata: prima la veglia, con «la preghiera dei salmi e l’ascolto di alcuni testi biblici e patristici», come anticipa il direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato padre Giuseppe Midili. Poi la Messa, concelebrata dai canonici della basilica. Il capitolo lateranense concelebrerà con il cardinale vicario anche la mattina successiva, il 25 dicembre alle ore 10.30, la Messa della Natività.

23 dicembre 2019

In Vicariato partecipa allo scambio degli auguri natalizi con il personale

In Vicariato partecipa allo scambio degli auguri natalizi con il personale.

Nella chiesa rettoria Santa Maria in Ara Coeli al Campidoglio celebra la Messa in occasione del Natale per i dipendenti del Comune di Roma e della Polizia Municipale

Nella chiesa rettoria Santa Maria in Ara Coeli al Campidoglio celebra la Messa in occasione del Natale per i dipendenti del Comune di Roma e della Polizia Municipale.

Celebra la Messa nella Parrocchia di Santa Maria dell’Olivo.

Celebra la Messa nella Parrocchia di Santa Maria dell’Olivo.

Festa di San Nicola della comunità ucraina ai Santi Sergio e Bacco

Festa di San Nicola della comunità ucraina ai Santi Sergio e Bacco (Ufficio Migrantes).

Celebra la Messa nella parrocchia di Santa Brigida di Svezia

Celebra la Messa nella parrocchia di Santa Brigida di Svezia.

In Vaticano partecipa agli auguri di Natale del Santo Padre alla Curia Romana

In Vaticano partecipa agli auguri di Natale del Santo Padre alla Curia Romana.

Monsignor Filippo Tucci tra i premiati dal presidente Mattarella

C’è anche un sacerdote della diocesi di Roma tra le trentadue persone che ieri hanno ricevuto l’onorificenza al Merito della Repubblica italiana, conferita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si tratta di monsignor Filippo Tucci, novantenne, a lungo rettore della chiesa di San Rocco in Augustea e primicerio dell’Arciconfraternita di San Rocco.

La motivazione dell’onorificenza: «Per aver dedicato tutta la sua vita all’accoglienza e all’inclusione delle persone in condizioni di disagio e di abbandono». La chiesa di San Rocco è infatti da mezzo secolo un punto di riferimento per i poveri del centro storico. Le persone assistite sono per lo più senza fissa dimora. L’intervento nei loro confronti si concretizza in assistenza spirituale, sanitaria (inclusa la donazione di farmaci di prima necessità), refezione, docce e servizi igienici, donazione di biancheria nuova, indumenti, coperte.

«E’ una Chiesa che non è un salotto – ha commentato don Filippo -, è un ospedale da campo. Una chiesa che serve, aiuta, accoglie, cura».

Tra i premiati dal presidente, anche suor Gabriella Bottani, coordinatrice della rete internazionale Thalita Kum contro la tratta.

21 dicembre 2019

Al Pontificio Seminario Romano Maggiore celebra la Messa e incontra la comunità

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Presiede in Vicariato il Consiglio Diocesano Affari Economici

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