7 Maggio 2025

Colloqui con gli insegnanti, tanti dettagli e le proiezioni sui figli

La scorsa settimana sono stato ai colloqui pomeridiani con gli insegnanti di mio figlio. Il giorno dopo ho incontrato i genitori degli studenti della mia scuola.  Mio figlio frequenta il secondo anno, io insegno al triennio. Avendo ricevuto anche i genitori della mia classe terza, mi sono trovato in due giorni nella doppia veste di insegnante e genitore di ragazzi praticamente coetanei. Un punto di vista particolare, che vorrei raccontare.

Nella scuola di mio figlio i colloqui sono iniziati presto. Ho cercato di arrivare per tempo ma la fila era già lunga. Una volta entrato ho provato a saltare da una coda all’altra, con la speranza di parlare con più professori possibili. Come spesso capita c’erano insegnanti che riuscivano a fare progredire i colloqui velocemente ma, come spesso capita, c’era anche l’insegnante che aveva creato una coda infinita. Incontrati tutti i professori più rapidi mi sono fatto coraggio, con un «te tocca» mi sono messo in coda, nell’attesa mi sono messo a chiacchierare (poco) e ad ascoltare (molto).

A un certo punto ho assistito a uno scambio tra genitori che discutevano sugli impegni scolastici dei figli. Ciò che mi ha colpito è stato il grado di precisione con cui descrivevano le verifiche, gli argomenti svolti, il lavoro di gruppo e mille altri definitissimi dettagli che a un certo punto mi hanno fatto temere di essere finito nella fila sbagliata, perché io di quella valanga di informazioni ero assolutamente all’oscuro. Tornato a casa racconto a mia moglie dei colloqui ma soprattutto le condivido un dubbio: «Ma gli altri genitori sapevano tutto! Ma non è che noi saremo troppo assenti?». «Ma no – mi rassicura lei – mica ci andiamo noi a scuola! Dai ne parliamo domani, ora ceniamo». Ma il dubbio era lì.

Il giorno dopo anche nella mia scuola i colloqui iniziano presto. Cerco di gestire la coda, avendo tre classi è semplice. Dopo un po’ entrano la madre e il padre di un’alunna dal rendimento discreto. Inizio a parlare ma dopo poco sono loro che indirizzano il discorso su dettagli di verifiche, compiti e attività svolte dalla figlia in modo per me assolutamente sorprendente. E non che mi dia fastidio, tutt’altro. Resto però stupito dal grado di consapevolezza, ma soprattutto di partecipazione giornaliera, che immagino una tale presenza comporti. Li saluto, vado avanti con i genitori, constato che la coppia super informata non è l’unica, entrano altri genitori con lo stesso piglio. Terminati i colloqui, in macchina verso casa, penso ancora a quei due, su per giù miei coetanei. Lo spettro del dubbio del giorno prima inizia di nuovo ad aleggiare: già mi vedo alle prese con mia moglie e con un «quei genitori sapevano tutto! Ma non è che noi saremo troppo assenti?», e lei: «Ma no dai, mica ci andiamo noi a scuola! Ne parliamo domani, ora ceniamo».

Ovviamente i temi da tirare in ballo sarebbero molti. La questione della libertà e della responsabilità nella relazione educativa, oppure molto più mediaticamente tutta la tirata su genitori “spazzaneve” e figli inabilitati al fallimento, tanto per citarne qualcuno. Eppure, pur riservandomi il dubbio di un eccesso di retorica in certe discussioni, mi trovo a riflettere su un altro aspetto. Al netto del rischio semplificatorio, a me pare che dopo la generazione dei nostri genitori (oggi nonni dei nostri figli), nella gran parte dei casi fatta di storie familiari, lavorative, personali in genere riuscite, complice il periodo storico e sociale favorevole, oggi i genitori degli adolescenti vivano un paradosso comune. Le esistenze si sono complicate, le precarietà di ogni tipo aumentate. Succede allora che in modo più o meno inconscio le proiezioni sui figli aumentino in modo smisurato.

C’è sempre stata questa cosa, si dirà. È vero, ma oggi più che mai mi pare che, in un’epoca di difficoltà generalizzata, se c’è un fallimento che non possa essere più tollerato, questo sia proprio quello dei figli. Ma non da parte del figlio, come spesso si dice, quanto proprio da parte dei genitori che almeno su quel figlio ripongono speranze di riscatto, anzitutto per loro stessi. Ecco allora come ogni impegno, sforzo, attimo di tempo venga sempre più investito in una guerra che a un certo punto non si sa più per chi sia combattuta.

Il problema, o per l’appunto il paradosso, è che tali propositi poggiano su un tavolo per definizione precario: l’adolescenza, il momento in cui tutto deve traballare, proprio perché un nuovo equilibrio si crei; il tempo in cui il panorama è continuamente mutevole, dove i fallimenti spesso sono passaggi di ulteriori sviluppi non per forza funesti. Nasce quindi la domanda su quanto sia legittima questa corsa a cercare di imballare a prova d’urto un sistema che per definizione è del tutto instabile, su quanto questo concorra realmente al bene dei nostri ragazzi. A riguardo non ho risposte nette e certe, non angustierei continuamente mia moglie in caso contrario. Credo però che la domanda vada posta e che soprattutto il porcela sia assolutamente utile per i nostri figli (e questo lo si dice spesso) ma soprattutto utile per noi stessi (e questo lo si dice un po’ meno spesso). A tra quindici giorni.

20 dicembre 2017

Colloqui con alcuni sacerdoti

Colloqui con alcuni sacerdoti

Colletta per la Terra Santa: l’appello del cardinale De Donatis

La basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme

«Ci sono, ancora viventi e operanti pur fra mille tragedie e difficoltà spesso causate dall’egoismo dei grandi della terra, i cristiani della Terra Santa. Molti nella storia sono morti martiri per non vedere recise le radici della loro antichissima cristianità. Ma oggi molti di loro non ce la fanno più e abbandonano i luoghi dove i loro padri e le loro madri hanno pregato e testimoniato il Vangelo. Lasciano tutto e fuggono perché non vedono speranza. E lupi rapaci si dividono le loro spoglie. Se partiranno, se a Gerusalemme e in Palestina lasceranno i loro piccoli commerci destinati ai pellegrini che non vi si recano più, l’Oriente perderà parte della sua anima. I cristiani di Iraq, Siria, Libano e di tante altre terre si rivolgono a noi e ci chiedono: “Aiutateci a diffondere ancora in Oriente il buon profumo di Cristo” (2 Cor 2, 15)». L’accorato appello risuona nelle parole del cardinale vicario Angelo De Donatis, che si rivolge ai sacerdoti e ai fedeli della diocesi di Roma ricordando la tradizionale colletta del Venerdì Santo destinata a sostenere le popolazioni della Terra Santa.

«Fin dalle sue origini – ricorda il vicario del Papa per la diocesi di Roma – la Chiesa ha coltivato ininterrottamente e con passione la solidarietà con la Chiesa di Gerusalemme. In epoca tardo-medievale e moderna più volte i Sommi Pontefici intervennero per promuovere e regolamentare la colletta a favore dei luoghi santi. L’ultima volta fu riformata dal santo Papa Paolo VI nel 1974 attraverso l’esortazione apostolica Nibis in Animo. Anche Papa Francesco ha spesso sottolineato l’importanza di questo evento ecclesiale».

La colletta per la Terra Santa, con la raccolta di offerte in tutte le chiese, è la fonte principale per il sostentamento della vita che si svolge intorno ai Luoghi Santi. Numerosi i territori che ne beneficiano sotto diverse forme: Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq. Di norma, la Custodia di Terra Santa riceve il 65% della colletta, mentre il restante 35% va al Dicastero per le Chiese orientali, che lo utilizza per la formazione dei candidati al sacerdozio, il sostentamento del clero, l’attività scolastica, la formazione culturale e i sussidi alle diverse circoscrizioni ecclesiastiche in Medio Oriente. Grazie alla colletta 2023 la Custodia di Terra Santa ha realizzato numerosi progetti e opere, molte delle quali rivolte ai pellegrini (chiese, santuari, conventi, case di accoglienza, scuole, ecc.) e tante altre destinate alla comunità locale. Nel primo caso, alcuni interventi hanno interessato luoghi cari a tutti i pellegrini come la basilica del Santo Sepolcro e quella del Getsemani e il sito del Battesimo di Gesù sul fiume Giordano.

«Invito tutti i fedeli della nostra diocesi ad essere generosi in questa circostanza – conclude il cardinale De Donatis –, certo che il Signore ricompenserà tutti coloro che verranno in aiuto alle necessità e alle sofferenze di questi nostri fratelli». Come di consueto, la somma raccolta potrà poi essere versata presso l’Ufficio Amministrativo del Vicariato.

Il testo integrale della lettera del cardinale

20 marzo 2024

Colletta per la Terra Santa, l’appello del vicario

Un appello al sostegno delle comunità cristiane di Terra Santa: a rivolgerlo è il cardinale vicario Angelo De Donatis, in una lettera indirizzata ai parroci della diocesi.

«Da numerosi anni per volontà dei Sommi Pontefici – scrive il porporato – il Venerdì Santo, giorno della manifestazione suprema dell’amore di Gesù, ogni comunità cristiana è chiamata a compiere un gesto di carità e di solidarietà verso i fratelli che vivono nella Terra Santa attraverso una speciale colletta».

De Donatis ricorda che «ancora oggi il Medio Oriente assiste a un processo che ha lacerato i rapporti tra i popoli della regione» e sottolinea l’impegno dei Frati Minori della Custodia di Terra Santa al servizio dei pellegrini e delle comunità cristiane. «Nell’ultimo periodo, assistiamo con speranza a una certa ripresa dei pellegrinaggi toccando con mano la gioia della fede di tanti fedeli che giungono in Terra Santa sempre più numerosi».

11 aprile 2019

Colletta di Quaresima per la Caritas diocesana

Colletta di Quaresima per la Caritas
diocesana

Colletta a sostegno delle opere diocesane di carità (Uff. Caritas)

Colletta a sostegno delle opere diocesane di carità (Uff. Caritas)

Colletta a sostegno delle Caritas parrocchiali (Uff. Caritas)

Colletta a sostegno delle Caritas parrocchiali (Uff. Caritas)

Collegio dei Consultori

Collegio dei Consultori

Collegio dei consultori

Collegio dei consultori

Colazione al Quirinale con il presidente della Repubblica Italiana per i cardinali italiani di nuova nomina

Colazione al Quirinale con il presidente della Repubblica Italiana per i cardinali italiani di nuova nomina

Co-Living, un progetto per l’inclusione dei giovani

Foto di Cristian Gennari

Sta per partire il progetto “Co-Living: condividere spazi di vita e risorse”. L’iniziativa, grazie alla collaborazione tra Caritas di Roma e la Comunità dei Fratelli Maristi, mette a disposizione uno spazio abitativo per sei studenti e studentesse, italiani e stranieri (con particolare attenzione ai beneficiari di protezione internazionale), unendo all’offerta di un alloggio un’esperienza di vita comunitaria fondata sulla reciprocità e sul mutuo sostegno. «Una casa – sottolineano dalla Caritas – dove ciascuno possa sentirsi parte attiva e integrante del gruppo, stimato e valorizzato nelle proprie caratteristiche e specificità, condividendo uno “spirito di famiglia” che sostenga ciascuno nel proprio percorso di studi e di vita».

Tra gli obiettivi principali del progetto, c’è quello di offrire a giovani motivati l’opportunità di proseguire gli studi, potendo contare su un’opportunità di alloggio in un contesto umanamente e spiritualmente stimolante e formativo. Ai giovani accolti verrà richiesta la compartecipazione alle spese (bollette, costi di manutenzioni ordinaria, etc.), dovranno dimostrarsi responsabili nella gestione dell’alloggio e autonomi nella pulizia e nella cura degli spazi individuali e condivisi.

Verrà inoltre chiesto loro di dedicare tempo ad attività da svolgersi sul territorio presso, scuole, oratori, parrocchie, case-famiglia, centri anziani, gruppi giovanili, etc. da definirsi singolarmente in base alle attitudini, esperienze e capacità di ciascuno studente.

Destinatari del progetto saranno 6 ragazzi e ragazze con le seguenti caratteristiche di età compresa tra i 18 e i 29 anni, iscritti a un corso universitario in una delle Università romane (pubbliche o paritarie) oppure ad un corso di 2° livello per adulti per l’ottenimento del diploma di scuola secondaria superiore oppure ad un percorso formativo di lungo periodo (minimo 1 anno). In fase di selezione sarà data priorità ai non residenti, ai beneficiari di protezione internazionale, agli ex minori provenienti dal circuito dei centri per minori stranieri non accompagnati.

Maggiori informazioni sul sito della Caritas di Roma

15 novembre 2021

Clero, la settimana di ritiro in Val di Fassa con il Vicario De Donatis

Una settimana di condivisione «familiare e fraterna», di riflessione, preghiera, ma anche contemplazione della natura attraverso passeggiate in montagna, ai piedi della Marmolada. Don Massimo Cautero, direttore dell’Ufficio diocesano Clero, descrive così l’esperienza vissuta da 23 sacerdoti invitati dal cardinale vicario Angelo De Donatis, dal 7 al 14 luglio, ad Alba di Canazei, in Val di Fassa. L’incontro, organizzato dal Servizio per la Formazione permanente del Clero, era rivolto ai sacerdoti che festeggiano quest’anno i giubilei del decimo, ventesimo e trentesimo anno di consacrazione.

All’Hotel Alpe, che ha ospitato l’incontro, «abbiamo avuto modo di confrontarci – aggiunge don Cautero -, parlare delle nostre esperienze, ma soprattutto è stato un momento importante per i sacerdoti che hanno avuto modo di raccontare al vicario il proprio cammino fino a raggiungere una delle tappe giubilari». Tre passaggi importanti, «che fanno parte della crescita umana e spirituale del sacerdote», ma non solo, «tre momenti che possono dire molto riguardo alla vita personale di ciascuno di loro ma anche, più in generale, che parlano della vita comunitaria della diocesi».

Durante la settimana, oltre al Cardinale Vicario, hanno partecipato agli incontri anche il vescovo ausiliare per il Settore Ovest, Paolo Selvadagi; il vescovo Daniele Libanori, delegato per il Clero e il Diaconato Permanente e il vescovo Gianpiero Palmieri, incaricato del Servizio per la Formazione permanente del Clero. «Ci siamo fatti delle domande – conclude don Massimo Cautero – alla ricerca di proposte valide e concrete per la vita della diocesi. Si tratta di un percorso, appena cominciato, che non si conclude con questa settimana, ma vuole essere un punto da cui ripartire per riflettere sulle sfide e le necessità che si trova a vivere e ad affrontare la nostra Chiesa diocesana. Un’esperienza molto positiva che continuerà negli anni».

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