Alle 19 celebra la Messa nella parrocchia di San Marco Evangelista all’Agro Laurentino
In occasione della festa patronale.
Alle 18.30 celebra la Messa al Villaggio per la Terra a Villa Borghese.
Organizzato dal Movimento dei Focolari e Earth Day Italia.
Alla Trasfigurazione, verso il 90° di fondazione
La storia passata della comunità parrocchiale della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, nel quartiere Monteverde, si riflette ancora oggi in quelli che «rimangono i suoi tratti distintivi» ossia «l’accoglienza e l’ecumenismo». È il parroco don Marco Valenti a fare questa riflessione, anche se soltanto da pochi mesi è alla guida della parrocchia, che «si appresta a vivere il suo 90° anniversario dalla fondazione» e che oggi pomeriggio riceverà la visita pastorale del cardinale vicario Baldo Reina.
«Mi ha colpito molto scoprire che al tempo della guerra qui furono nascosti e salvati circa 100 ebrei, con tutti i rischi che questo comportava», dice il sacerdote, ricordando poi come la parrocchia ebbe un ruolo pure nell’accoglienza degli esuli dalla dittatura militare argentina. Anche oggi questa «è una comunità di persone sensibili e attente all’altro e dalla quale mi sono sentito e mi sento accolto», continua don Valenti, sottolineando «i tratti della fede e della carità oltre che la cura e l’attenzione alla formazione alla vita cristiana».
Permane vivo il ricordo di don Andrea Santoro, che fu viceparroco alla Trasfigurazione dal 1971 al 1980, ucciso a Trabzon, in Turchia, dove esercitava il suo ministero come fidei donum. «Oggi molti di noi parrocchiani fanno parte dell’associazione intitolata a don Andrea, con cui io mi sono preparato per ricevere la Prima Comunione», dice Enrico, catechista. Proprio in tema di dialogo e di ecumenismo, aggiunge, «è bello ricordare che da diversi anni la nostra parrocchia ospita una comunità ortodossa di copti, cui sono stati assegnati alcuni spazi dove si riuniscono per le loro celebrazioni».
Ancora, le attività dell’oratorio per i più piccoli, con la proposta anche estiva per 6 settimane dopo la fine della scuola, e l’attenzione rivolta ai più giovani che «una volta alla settimana vengono coinvolti, in sinergia con la Comunità di Sant’Egidio, nella distribuzione di pasti caldi ai senza fissa dimora», continua Enrico. Inoltre, rispetto all’ambito della carità, il parrocchiano ricorda le attività «del centro di ascolto della Caritas che stanno ripartendo dopo una battuta d’arresto dovuta alla pandemia». Da parte sua, Umberto osserva «l’ottima apertura della parrocchia al territorio» con la messa a disposizione di spazi per iniziative e incontri «su temi sociali quali la pace o l’ambiente» e, più in generale, con «la presenza di associazioni impegnate in varie attività». Umberto stesso ne presiede una di volontariato denominata “Koinonia”: «Sosteniamo dei progetti di sviluppo in alcune missioni comboniane dell’America Latina e dell’Africa, precisamente in Kenya e in Zambia», spiega
La parrocchia sta organizzando in questo periodo i pellegrinaggi alle basiliche papali in occasione del Giubileo: il primo, a San Pietro, è in programma per il 22 febbraio e sono già 150 i fedeli che hanno aderito. Infine, il parroco fa presente che «stiamo ospitando il corso Caritas per gli operatori della pastorale carceraria che opereranno nella struttura destinata ad ospitare detenute con figli che è nel nostro territorio, a pochi metri dalla parrocchia – spiega il sacerdote –. Gli edifici donati e messi a disposizione della Caritas sono in fase di ristrutturazione e adeguamento e saranno presto destinati a questa accoglienza delle detenute». (di Michela Altoviti da Roma Sette)
23 febbraio 2025
Alla Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia partecipa alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2022/2023 della Polizia di Stato
Alla Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia partecipa alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2022/2023 della Polizia di Stato.
Alla scoperta della prima chiesa costruita in onore dell’Immacolata
In questo tempo di Avvento, tempo di attesa della venuta del nostro Salvatore, la Chiesa
celebra solennemente il concepimento immacolato di Maria. Fanno eco le parole del Beato Pio IX che nel 1854, nella Lettera apostolica Ineffabilis Deus, dichiarò che la Vergine «fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale».
Con il cuore pieno di gioia per questa grande solennità, vogliamo volgere l’attenzione alla
prima chiesa, costruita qui a Roma, in onore dell’Immacolata Concezione. Essa è situata nel centro storico della città, all’inizio della celebre Via Vittorio Veneto ed è conosciuta sotto vari nomi: chiesa di Santa Maria Immacolata; Santa Maria della Concezione o più semplicemente chiesa dei Cappuccini. Sotto la chiesa, si trova “la cripta dei Cappuccini” che conserva, disposti in modo artistico, i resti mortali dei frati dal 1500 al 1870, suscitando profonde riflessioni nei numerosi turisti e fedeli che la visitano.
Le sue origini e quelle del complesso conventuale risalgono al disegno dell’architetto
pontificio Michele da Bergamo, frate cappuccino, che ne diresse i lavori negli anni 1626-1631. La chiesa fu voluta dal Cardinale Antonio Barberini, cappuccino e fratello di Urbano VIII, il quale ne benedisse la prima pietra, in occasione della festa di San Francesco il 4 ottobre 1626 e vi celebrò la prima Santa Messa l’8 settembre 1630. Il Cardinale Barberini volle essere sepolto nella chiesa, la sua sepoltura è rappresentata da una semplice lastra di marmo in cui si legge: «Hic iacet pulvis, cinis et nihil» (qui giace la polvere, la cenere e il niente).
Entrando nella chiesa si rimane stupiti dalla semplicità interna, tipica delle chiese dei
cappuccini, ad un’unica navata con cappelle laterali rialzate, ove sono custodite preziose opere d’arte. Nelle cappelle di destra possiamo ammirare la splendida pala d’altare di San Michele Arcangelo, opera di Guido Reni, il Gesù deriso di Gherardo delle Notti, la Natività del Lanfranco, San Francesco riceve le stimmate del Domenichino. Nelle cappelle di sinistra, spicca, tra le altre, il dipinto San Felice da Cantalice in adorazione di Gesù Bambino, opera di Alessandro Turchi e la Madonna della Speranza di autore ignoto del XIX secolo.
In questo mese di dicembre che si apre con la grande Solennità dell’Immacolata, tuttavia,
desideriamo soffermarci su due quadri mariani: la Madonna della Speranza, situata nella quarta cappella a sinistra dell’altare, e la bellissima pala dell’altare maggiore raffigurante l’Immacolata Concezione.
Nel dipinto della Madonna della Speranza, possiamo osservare sulle nubi la Vergine Maria
che indica al Figlio la barca della Chiesa in pericolo, il Bambino in mano regge una grande àncora. Sulla barca a prua si nota una vela bianca. L’àncora e la vela sono simboli della speranza, infatti l’àncora serve a tenere ferma la barca nel porto ed è monito per tutti i cristiani a rimanere saldi nella fede in Cristo Gesù; la vela serve a sospingere la barca, facendola navigare velocemente sul mare. Maria è la “vela”, cioè la scorciatoia che ci porta speditamente a Gesù. Ella è rappresentata come l’Immacolata, ha, infatti, la luna sotto i piedi e schiaccia la testa al serpente.
Dopo questa piccolo ma importante riferimento alla navata laterale, volgiamo ora la nostra
attenzione alla pala dell’altare maggiore del XIX secolo, in cui è raffigurata l’Immacolata
Concezione, opera di Gioacchino Bombelli, che si rifece alla pala originaria del Lanfranco, distrutta da un incendio nel 1813, durante l’occupazione francese di Roma. La Vergine appare, in tutta la sua bellezza, come la “donna vestita di sole”, in un cielo roseo, che ricorda l’aurora. Maria, infatti, è l’aurora della Redenzione. In alto possiamo ammirare lo Spirito Santo il quale con la Sua Grazia sovrasta Maria, che è in piedi, avvolta da un manto azzurro e da una tunica rossa. Il colore rosso della tunica indica il suo essere creatura che si è lasciata avvolgere totalmente dall’azione della grazia divina, rappresentata dal manto azzurro. Ha il capo coronato da un’aureola di dodici stelle, che ricordano le dodici tribù d’Israele e i dodici Apostoli; le mani giunte indicano la sua piena disponibilità a Dio. I piedi nudi poggiano su una “falce di luna nascente” che indica il nuovo tempo della Redenzione.
All’interno della chiesa vi è inoltre il monumento sepolcrale del principe Alessandro
Sobieski, figlio di Giovanni III, l’eroe nazionale polacco e il liberatore di Vienna dall’assedio dei Turchi nel 1683. La presenza di questo monumento portò l’ambasciatore polacco ad opporsi alla distruzione della chiesa la quale, secondo i piani regolatori dell’Ufficio Tecnico del Comune di Roma dei primi del XX secolo, doveva essere demolita per la costruzione di Via Veneto.
S’innalza dal nostro cuore un inno di grazie a Dio per aver risparmiato questa preziosa
chiesa, la prima dedicata a Maria Immacolata. Sia questo il luogo santo in cui ognuno di noi possa rivolgere la sua fervida preghiera a Colei che intercede presso Dio, perché ci aiuti a celebrare con fede il Natale del Signore. “Oh Maria, concepita senza peccato, prega per noi!”.
A cura delle Missionarie della Divina Rivelazione
Alla scoperta della chiesa del Santissimo Nome di Maria al Foro Traiano
In questo mese di settembre la liturgia ha fatto memoria del Santissimo Nome di Maria e, nella nostra bellissima città di Roma, al foro Traiano c’è la maestosa chiesa dedicata al suo Santissimo Nome.
Alla notizia dell’assedio di Vienna del luglio 1683, con la consapevolezza che dopo Vienna sarebbe stata la volta di Roma, il Papa indisse un giubileo straordinario per implorare da Dio la salvezza. Numerose furono le processioni penitenziali tra le chiese di nazione tedesca nelle quali fu ordinata altresì l’Adorazione Eucaristica per continuare a pregare il Signore in preghiera e penitenza. Tra l’11 e il 12 settembre l’esercito europeo, di numero evidentemente ridotto rispetto a quello turco, mosse l’attacco al fronte ottomano mentre, dentro le mura della città, donne, anziani e bambini imploravano tramite la recita del Santo Rosario, la liberazione dal nemico. Le numerose preghiere mosse per intercessione della Beata Vergine Maria ottennero grazia presso Dio e la Lega Santa vinse contro l’enorme esercito Ottomano. Papa Innocenzo XI per ringraziare Maria Santissima della vittoria contro i Turchi, avvenuta tra l’11 e il 12 settembre 1683, proclamò la festa del santissimo Nome di Maria.
Qualche anno dopo, numerosi fedeli mostrarono il desiderio di riunirsi in una confraternita per dare speciale onore alla Vergine e fu così che il papa Innocenzo XI approvò nel 1688 la Confraternita del Santissimo Nome di Maria, alla quale il suddetto pontefice, insieme all’imperatore d’Austria, Leopoldo I, si iscrisse immediatamente.
Visti i numerosi iscritti alla confraternita, che fino ad allora era stata a Santo Stefano del Cacco, i superiori della stessa ottennero, verso la fine del XVII secolo, la chiesa di San Bernardo al foro Traiano che era quasi del tutto abbandonata. I lavori di restauro iniziarono immediatamente ma gli scarsi risultati portarono la confraternita a erigere direttamente un nuovo edificio, affidandone la progettazione al Derizet nel 1735.
Entrando nella bellissima chiesa di forma ellittica, subito ci si trova avvolti dall’eleganza sontuosa di questo spazio sacro. Le sei cappelle laterali fanno da corona al bellissimo altare maggiore, progettato da Mauro Fontana e nel quale è conservata la preziosa icona su legno della Vergine Maria, probabilmente di scuola romana duecentesca. Quest’ultima si trovava nel Sancta Sanctorum lateranense e fu regalata da Papa Eugenio IV nel XV secolo all’antica chiesa di San Bernardo. L’icona è circondata da una bellissima gloria dove, angeli marmorei, recano onore alla Vergine Maria. Sovrastante all’immagine e circondato da dodici stelle dorate si trova il bellissimo monogramma di Maria, in ricordo ed onore al suo Santissimo Nome. Infine, a termine della gloria, due angeli sorreggono l’imponente corona dorata che costituisce un sontuoso compimento a tutto l’altare maggiore.
Non si può poi non accennare alla bellissima decorazione della cupola. Gli otto costoloni che la caratterizzano presentano, nella parte inferiore, otto medaglioni in stucco, narranti le scene più importanti della vita di Maria e incorniciati da sontuose palme dorate, miste a gigli e ad altre piante che alludono agli attributi della Vergine Santissima. La cupola termina con un lanternino, dove è rappresentato, il triangolo circondato di gloria, allusione alla Santissima Trinità. Con il Dio -uno e Trino infatti Maria ha una relazione del tutto speciale: lei è la Figlia del Padre, la Madre del Figlio e la Sposa dello Spirito Santo.
Il monogramma di Maria poi, all’occhio più acuto, compare in numerosi altri spazi della chiesa e della sacrestia; tutto ricorda l’intitolazione della chiesa al Santissimo Nome di Maria e le grazie speciali ad esso connesse. Pertanto, proprio per la sua importanza, si può qui lucrare l’indulgenza quotidiana plenaria perpetua pro vivis et defunctis.
Affidiamoci dunque, come tanti romani prima di noi, alla Beata Vergine Maria; chiamiamola sempre in nostra difesa e il suo potentissimo e amabilissimo nome ci sia sempre d’aiuto e sostegno nella vita e nella morte.
A cura delle Missionarie della Divina Rivelazione.
15 settembre 2020