Ore 19,00 celebra la Messa nella Parrocchia dei Santi Angeli Custodi in occasione della Festa di san Francesco Caracciolo, Fondatore dei Chierici Regolari Minori.
Ore 19,00 celebra la Messa nella Parrocchia dei Santi Angeli Custodi in occasione della Festa di san Francesco Caracciolo, Fondatore dei Chierici Regolari Minori.
Abbattere «i muri dell’indifferenza e dell’omertà», scardinare «le inferriate dei soprusi e delle prepotenze», aprire «le vie della giustizia, del decoro e della legalità», «sciogliere quei nodi che ci legano agli ormeggi della paura e dell’oppressione». Sono chiare e forti le parole che il Papa pronuncia a Ostia nella Messa del Corpus Domini, in un territorio segnato da un forte disagio sociale, dove Francesco ha voluto riprendere la tradizione inaugurata da Paolo VI di celebrare la solennità eucaristica tra la gente dei quartieri romani.
Prima della processione per le strade del quartiere del litorale grande come una città, all’omelia della Messa entra nel vivo dei problemi di Ostia e invita alla speranza e all’impegno. Quello in uscita, lo stile indicato ai credenti: «Gesù vuole visitare le situazioni, entrare nelle case, offrire la sua misericordia liberatrice, benedire, consolare. Apriamogli le porte e diciamogli: Vieni, Signore, a visitarci. Ti accogliamo nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nella nostra città per portare fraternità, giustizia e pace nelle nostre strade».
La risposta di Ostia è notevole, per un evento preparato accuratamente dai sacerdoti e dai laici delle otto comunità parrocchiali, ben visibile nei colori della piazza, nel clima festoso e raccolto che l’ha abitata ieri dal primo pomeriggio. In quattro settori nella grande piazza antistante la parrocchia Santa Monica, sono stati accolti bambini, ragazzi e giovani, ammalati. Tutt’intorno i fedeli, affacciati numerosi anche dai palazzi antistanti. Un coro di 200 persone, 40 i ministri straordinari dell’Eucaristia. Una risposta corale, «una vera sinfonia», per don Carlo Turi, parroco a Nostra Signora di Bonaria. Diecimila, secondo la stima della Gendarmeria vaticana, i presenti alla celebrazione e alla processione.
Nell’omelia l’invito forte del Santo Padre a collaborare con Gesù per preparare per tutti un cibo e un posto. Il corpo di Cristo e la Chiesa, «vitto e alloggio definitivi» che, ricorda, «vengono dati nell’Eucaristia, pane del futuro che sfama le nostre attese più grandi e alimenta i nostri sogni più belli, pegno – non solo promessa – di vita eterna, prenotazione del paradiso, Abbiamo fame di essere amati», sottolinea Francesco. «I complimenti più graditi, i regali più belli e le tecnologie più avanzate non ci saziano mai del tutto». L’Eucaristia sazia. «Non c’è amore più grande».
L’invito concreto è a scegliere questo cibo di vita, mettendo al primo posto la Messa, riscoprendo l’adorazione eucaristica. Quanto ai luoghi da preparare, afferma ancora il Papa, Gesù sceglie quelli «non raggiunti dall’amore, non toccati dalla speranza. In quei luoghi scomodi desidera andare e chiede a noi di fargli i preparativi. Tutti conosciamo delle persone sole, sofferenti, bisognose: sono tabernacoli abbandonati. Prepariamo posto e cibo a questi fratelli più deboli. L’Eucaristia nella vita si traduce passando dall’io al tu».
Ed è un richiamo forte alla vocazione stessa del quartiere romano, città nella città, scritta nel suo nome. «Ostia, richiama l’ingresso, la porta». È tempo anche qui di aprire varchi: «Gesù desidera che siano abbattuti i muri dell’indifferenza, dell’omertà, divelte le inferriate dei soprusi e delle prepotenze, aperte le vie della giustizia, del decoro e della legalità. L’ampio lido di questa città richiama alla bellezza di aprirsi – ricorda il Papa – e prendere il largo nella vita, scogliere i nodi che legano agli ormeggi della paura e dell’oppressione. L’Eucaristia invita a lasciarci trasportare dall’onda di Gesù, a non rimanere zavorrati sulla spiaggia in attesa che qualcosa arrivi, ma salpare liberi, coraggiosi, uniti».
E lungo le strade di Ostia la processione del Corpus Domini ha incontrato ieri «la passione e il calore» della sua gente, sottolinea ancora don Carlo Turi a margine della processione. «Tanta, quella che aspettava il Papa, è vero, ma anche professava, ciascuna nella misura in cui ce l’ha, la propria fede». A portare in processione il Santissimo Sacramento è stato l’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario generale della diocesi di Roma, insieme a tutti i vescovi ausiliari, ai sacerdoti e ai tanti fedeli.
«Un evento rivoluzionario» per don Salvatore Tanzillo, prefetto della XXVI prefettura (che riunisce le parrocchie di Ostia). Un evento «che ha dato importanza a Gesù, centro della preghiera», lasciando la città spiazzata, incuriosita. «Grande momento di comunione e preghiera» per il vescovo Gianrico Ruzza, ausiliare per il settore Centro. «Credo che il Papa abbia voluto dare un segnale di forte spiritualità ed impegno nella società per riportare tutti alla responsabilità civica contro ogni forma di illegalità e corruzione. La partecipazione del popolo è stata molto corale, sentita e desiderosa. Un incoraggiamento per camminare insieme come parrocchie».
«Una riflessione da rileggere per continuare il percorso comune perché Ostia riveli la sua parte migliore», spiega monsignor Paolo Lojudice, vescovo ausiliare per il settore Sud. «C’è tanto da educare. La processione del Corpus Domini è la più alta, significativa ma anche difficile. Cercavano il Papa, lo sappiamo e lo sa anche il Papa. Si tratta di mettere insieme l’aspetto più emozionale e quello di contenuto. È la sfida della formazione, delle nostre parrocchie, delle scuole, dei gruppi e di quanti operano nel settore educativo per cercare di orientare tutti in particolare i giovani. Un forte impulso formativo che riprenderemo subito con gli otto parroci, per aiutare la gente a porsi delle domande, cercare risposte. Il grande evento serve per iniziare, per spingere, è faticoso da preparare ma poi quel che conta è la ricaduta nel quotidiano».
A piazza della Martinica, nei pressi della parrocchia Nostra Signora di Bonaria, la benedizione eucaristica del Papa, il congedo e la partenza alle 20 per il Vaticano. «Era molto contento e un po’ stanco – conclude Lojudice -. Per come si spende non possiamo chiedergli di più. Una dedizione al Vangelo, totale». Ancora una volta, nel magistero dei segni, una presenza che illumina, trasmette, educa.
4 giugno 2018
di Laura Galimberti, da Romasette
Si è spento venerdì primo giugno padre Mario Santirocchi, religioso della Società di Maria, fino al 2002 vicario parrocchiale a Santa Francesca Cabrini.
Ore 18,00 Nella Piazza antistante la Parrocchia di Santa Monica a Ostia partecipa alla Messa presieduta da Papa Francesco per la solennità del Corpus Domini.
Ore 10,00 celebra la Messa nella Parrocchia di S. Maria Consolatrice a Casal Bertone.
Ore 19,00 celebra la Messa nella Parrocchia S. Maria Assunta e S. Giuseppe a Primavalle a conclusione del Cammino della Madonna Pellegrina di Fatima.
Mons. Eutizio Fanano, presbítero della Diocesi di Roma, ha fatto ritorno alla Casa del Padre. Canonico onorario dell’Arcibasilica Papale di San Giovanni in Laterano, già Canonico di San Pietro in Vaticano e parroco di diverse comunità parrocchiali, Rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore dal 1970 al 1978. Il funerale sarà celebrato lunedì 4 giugno 2018 alle ore 11 nella Cappella del Seminario Romano Maggiore (Piazza San Giovanni in Laterano 4) e sarà presieduto da S. E. Mons De Donatis, Vicario generale del Santo Padre per la Diocesi di Roma.
Ore 12,00 celebra la Messa nella Casa Generalizia delle Suore Maestre Pie Venerine in occasione dell’Assemblea del Cammino di Formazione dell’Istituto.
Ore 19,00 celebra la Messa nella Parrocchia S. Carlo da Sezze.
Pubblichiamo l’intervento del vicario Angelo De Donatis al convegno “La riforma liturgica nella dicoesi di Roma”, promosso dall’Ufficio liturgico diocesano, dal Centro liturgico vincenziano e dal Pontificio Istituto Liturgico, che si è tenuto nella sede di quest’ultimo giovedì 31 maggio.
Desidero avviare questo nostro dialogo – una conversazione semplice, familiare – proprio a partire dal titolo. «Promuovere e custodire la liturgia» è una frase tratta dal discorso che papa Francesco ha ri-volto ai partecipanti al convegno promosso dal Centro di Azione liturgica il 24 agosto 2017. Il papa disse: «I vescovi sono chiamati a promuovere e custodire la liturgia». E io ho aggiunto a quella frase la parola “oggi”, perché vorrei soffermarmi sul modo in cui possiamo promuovere e custodire la li-turgia oggi nella chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco.
Il santo padre, parlando della riforma liturgica (nel suo discorso del 24 agosto 2017) ha detto: «Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte, quanto di conoscerne meglio le ragioni sottese, anche tramite la documentazione storica, come di interiorizzare i principi ispiratori». È questa la pro-spettiva di fondo su cui si muove lo studio che P. Giuseppe ha pubblicato. Il suo volume ha un obiettivo pastorale, come ha scritto nell’introduzione; presenta sì la storia della riforma liturgica a Roma, ma per individuare le strade attraverso cui attuare oggi gli obiettivi del Concilio. E il mio in-tervento questa sera va proprio in quella direzione indicata dal papa: promuovere e custodire oggi la liturgia nella Chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco, per continuare ciò che è sta-to avviato con la riforma conciliare.
Entro così nel vivo della mia riflessione. In questi giorni – dopo l’incontro del santo Padre con la Diocesi, il 14 maggio, nella basilica lateranense – ho riletto il suo discorso in un contesto di medita-zione e di preghiera. Ne ho passato in rassegna i contenuti, per accogliere le linee pastorali che il pa-pa ci ha proposto. Mentre mi preparavo a questo incontro con voi mi sono tornate alla mente quelle linee guida, che il nostro Vescovo ha tracciato per Roma e mi piacerebbe dedurne ora alcune appli-cazioni all’ambito della vita liturgica della Diocesi.
Desidero avviare il mio discorso prendendo spunto dall’obiettivo che il papa ci ha indicato per il prossimo anno. Egli ci ha detto a san Giovanni: «Occorrerà che le nostre comunità diventino capaci di generare un popolo» per essere e diventare sempre più «una Chiesa con popolo, non una Chiesa senza popolo». Ogni volta che preghiamo la seconda preghiera eucaristica lo chiediamo al Padre: «Per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo». Lo Spirito ci rende una cosa sola, un solo popolo, un solo corpo, che celebra, che canta le lodi di Dio.
Alla luce della raccomandazione del papa, ecco l’obiettivo: «la liturgia della Diocesi di Roma sia sempre più una esperienza di popolo». Nella verifica abbiamo constatato che talvolta nelle parrocchie ci sono piccoli conflitti, qualche tensione, qualche divisione. Le persone si conoscono poco. La liturgia ci può aiutare a riscoprire la nostra dimensione di popolo, a crescere nella comunione.
Del resto, lo sappiamo, anche il nostro modo di celebrare la liturgia non è immune dalle malattie spi-rituali (che sono state oggetto di riflessione nelle parrocchie durante questo anno pastorale). Corria-mo il rischio di ridurre la liturgia a un’esperienza umana, all’opera di vescovi, di preti, di laici forma-ti, una liturgia di “esperti”, di “laici preparati”, mentre chi non è un frequentatore abituale, non ha un servizio, un incarico, un compito, rischia di sentirsi a margine. C’è il pericolo che la liturgia sia “un’esperienza per noi”, in cui noi facciamo per noi stessi, secondo il nostro gusto, il nostro piaci-mento. È vero che la liturgia richiede competenze, ma i veri esperti della liturgia sono solo gli esperti di preghiera. Se uno vuol valutare quanto sa di liturgia deve chiedersi quanto prega. Quanto tempo trascorre in preghiera. Solo quando abbiamo incontrato Cristo e trascorso tempo con lui siamo in grado di accompagnare gli altri lungo la via che conduce a una confidenza con il Signore, a quello «stare con Lui», di cui ci parlano spesso i grandi santi. Altrimenti la liturgia si riduce a un «fare ri-tuale», a un compiere bei gesti, pronunciare belle parole, ma questo è ben altro dalla preghiera del popolo di Dio, che si rivolge al suo Signore. Certo, è necessario conoscere bene il valore e il senso di ciò che si compie, conoscerne il significato teologico, anche storico, ma tutto questo non basta per celebrare bene. È solo l’inizio; serve un quotidiano stare con il Maestro, imparare da Lui, dialogare con Lui. Allora la liturgia diventa davvero la voce della Chiesa-sposa, che parla al Cristo-sposo.
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1 giugno 2018