Pubblichiamo l’editoriale di Mons. Francesco Pesce, Incaricato per il Servizio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Roma. L’editoriale è stato pubblicato oggi su su Romasette.it
Mons. Francesco Pesce
Nell’importante messaggio dei vescovi italiani per la festa del 1° maggio, mi ha particolarmente colpito questo passaggio: «Il mondo del lavoro dopo la pandemia ha bisogno di trovare strade di conversione e riconversione, anche per superare la questione della produzione di armi. Conversione alla transizione ecologica e riconversione alla centralità dell’uomo, che spesso rischia di essere considerato come numero e non come volto nella sua unicità ».
È un linguaggio spirituale che chiede ad ognuno di noi di lasciarsi scuotere dal vento dello Spirito, lasciando cadere dalle nostre mani di persone, di cittadini, di nazioni intere, le armi offensive e distruttive; quanto meno ridurre i nostri arsenali a vari livelli, partendo dal cuore. Con le mani libere si può accompagnare, indicare, sostenere chi è in difficoltà . Con le mani libere si può anche essere sostenuti a nostra volta. La tragedia in corso in tutto il pianeta non consente più nessun egoismo, nessuna prevaricazione, perché il tempo si è fatto breve.
Le azioni intraprese dai vari governi per sostenere l’impatto devastante della pandemia hanno naturalmente anche un costo economico altissimo. Non pochi stipendi vengono rinegoziati a ribasso; le aziende scontano la precarietà dell’intero quadro economico; già sono in atto in forme varie i licenziamenti di lavoratori. C’è il pericolo che una grande recessione si trasformi in una depressione economica. Purtroppo sembra inevitabile un consistente aumento del debito pubblico. Ridisegnare anche un nuovo rapporto tra pubblico e privato superando finalmente steccati ideologici appare urgente. Garantire un reddito di base a coloro che perdono il lavoro è una cosa importante ma può essere addirittura controproducente se allo stesso tempo non si interviene per difendere le persone dalla perdita del lavoro.
I sussidi per l’occupazione e il sostegno alla disoccupazione, il rinvio delle tasse sono passi importanti ma devono essere accompagnati dalla protezione dell’occupazione e della produzione. Le banche sono chiamate ad erogare rapidamente i fondi anche a costo zero a quegli imprenditori che vogliono salvare posti di lavoro. Il problema di fondo è la concezione del lavoro, il ruolo della persona, la crescita morale della società . La remunerazione del lavoro è stata sempre un mezzo attraverso il quale i lavoratori hanno potuto accedere ai beni e servizi essenziali per la dignità della vita. A questo proposito fin dall’inizio il magistero sociale della Chiesa ha messo in luce la stretta relazione tra compenso del lavoratore e welfare. Il compenso del lavoratore, oltre a costituire un fattore economico, assicura un’importante funzione sociale, che comprende non solo il potere d’acquisto di beni o servizi ma anche una serie di benefici di carattere previdenziale e non solo.
Come sottolineava già l’enciclica “Caritas in veritateâ€, a un mercato diventato globale si accompagna la preoccupazione per la generalizzata crisi economico finanziaria che ha posto in crisi i sistemi di previdenza e che ha generato tagli alla spesa sociale. Sono diminuite le sicurezze sociali con grave danno per i diritti dei lavoratori, per i diritti fondamentali dell’uomo e per gli interventi dello Stato sociale. Come porre un argine a tutto questo?
A Roma in particolare, il lavoro con il suo welfare può crescere in modo duraturo e in grado di autosostenersi (ovvero senza la droga di aiuti pubblici permanenti) solo quando Roma, intesa come area regionale, avrà identificato precisamente la sua identità economica e la starà costruendo. Roma deve potenziare ciò che già possiede: turismo, cultura e università , cinema, televisione, musica, industria farmaceutica e biotecnologie, cura delle start-up specializzate in applicazioni informatiche, agricoltura e trasformazione agricola a km 0 per un bacino di consumo locale e produzione di eccellenze alimentari col brand Roma per l’esportazione. Perché da soli si va più veloce ma insieme si arriva più lontano.