Qualcuno dice che il fascismo ha molte facce. Non è vero. Il fascismo ha una sola faccia, sempre la stessa e ben riconoscibile.
Ad essere fascisti non è difficile e non c’è molto merito: basta rifugiarsi nel proprio io, aggredire invece di dialogare, spaventare per imporre ed ottenere, mentire per scusarsi, manipolare la realtà e le convinzioni, inventare un nemico da attaccare, meglio se “negro”, “zingaro” o “infedele”, per nascondere le proprie incapacità ; minacciare invece che ragionare, vedere la democrazia un problema invece che una opportunità .
Il fascismo non è un grande percorso di crescita; ti lascia più o meno allo stesso livello di quando inizi a capire che non sei solo al mondo e cominci a battere i piedi per ottenere quello che vuoi, te la sbrighi con un “Ma stai zitto cretino” invece di capire e dialogare, e “sfasci” il giocattolo del tuo amichetto perché sei geloso di quello che ha. Insomma ti da la possibilità di continuare a vivere perennemente in quella fase della vita in cui tutto deve girare intorno a te e da li non ti muovi più.
L’io “me ne frego” non è solo un motto, è un modo di essere che, pur avendo avuto diverse traduzioni, tra cui l’enigmatico “prima gli italiani”, manifesta una visione della storia racchiusa in un pensiero omnicomprensivo. Io non me frego di qualcosa; io me ne frego e basta.
In questo quadro desolante, la Liberazione assume i contorni di una festa laica capace di riconciliarci con la vita e di aprirci al futuro al termine di un lungo esodo di sangue e sudore. Con la Liberazione non si celebra la speranza, ma un “fatto” concreto e tangibile, nato dalla Resistenza dolorosa e drammatica di donne e uomini che l’hanno reso possibile.
L’essenza della Liberazione cresce solo in una democrazia, anche se incompleta e un po’affaticata, che va curata con coerenza, per noi stessi e per chi ce l’ha consegnata il 25 Aprile di tanti anni fa.
Il fascismo d’altra parte ce lo ritroveremo sempre e rimane sempre lo stesso, quello che promette tutto e subito lascandoci, alla fine, con niente e per sempre. Quello che il senatore Vittorio Foa, socialista e partigiano, ha ricordato al senatore Giorgio Pisano’, fascista e repubblichino:
“Abbiamo vinto noi e sei diventato senatore; se aveste vinto voi io sarei morto o in galera”.
Fine.
Oliviero Bettinelli
Vice direttore Ufficio per la pastorale sociale, del lavoro e della custodia del creato