È iniziato nella giornata odierna, venerdì 21 luglio, presso il Monastero di Camaldoli il convegno celebrativo in occasione dell’ottantesimo anniversario del “Codice di Camaldoli“, documento redatto nel luglio 1943 da intellettuali e professionisti cattolici.
I lavori sono stati aperti con la sessione “Il Codice di Camaldoli e il cattolicesimo italiano nel Novecento” alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana, On. Sergio Mattarella, presieduta da S.E. Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro. La prolusione dal titolo “Vocazione di cristiani e coscienza di cittadini: i cattolici e l’italia” è stata affidata a S.E. il Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; la relazione introduttiva dal titolo “Luglio 1943: tra memoria, storia e storiografia” è stata tenuta dal Prof. Tiziano Torresi dell’Università degli Studi di Roma Tre.
Di seguito riportiamo gli interventi di S.E. il Card. Matteo Maria Zuppi e S.E. Mons. Andrea Migliavacca unitamente alle parole dell‘On. Sergio Mattarella, riportate da “La Difesa del Popolo – settimanale della Diocesi di Padova”; alleghiamo inoltre l’intervento del Prof. Tiziano Torresi.
Viene proposto anche un breve estratto dell’Omelia tenuta Domenica 23 luglio da S.E. il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato.
Il Saluto di S.E. Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro.
L’importanza dell’ottantesimo anniversario della redazione del cosiddetto Codice di Camaldoli, che figure importanti del cattolicesimo italiano, tra il 18 e il 24 luglio del 1943 in questo monastero benedettino, seppero realizzare, non poteva passare inosservato e nel Convegno che oggi si inaugura trova adeguata attenzione e nuovo impulso.
Siamo particolarmente onorati e grati per la presenza del Signor Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Grazie Signor Presidente! La Sua partecipazione oggi bene mette in luce l’importanza del tema su cui si intende riflettere e per il quale vorremmo vivere un rinnovato impegno al servizio del nostro Paese, per dare un nuovo impulso all’impegno di una cittadinanza attiva che sappia raccogliere in modo maturo le antiche radici cristiane. Con la Sua presenza oggi, Signor Presidente, ci sentiamo tutti maggiormente spronati a fare tesoro di quella grande ispirazione che fu il Codice di Camaldoli e che seppe abitare poi anche la nostra Carta Costituzionale e ci chiede l’impegno in un nuovo impulso nel campo della formazione socio-politica.
Il tema é di particolare attualità perché si colloca nel contesto della dottrina sociale della Chiesa, che nel Magistero di Papa Francesco apre rinnovati orizzonti, soprattutto nelle encicliche “Laudato si’†e “Fratelli tuttiâ€. È la cornice in cui si colloca oggi la necessitaÌ€ dell’impegno di tutti a costruire la pace, in particolare nella nostra Europa.
Particolare gratitudine esprimo al Presidente della CEI, Card. Matteo Maria Zuppi per l’attenzione, la relazione che ci offrirà e la presenza con lui delle Chiese che sono in Italia. Grazie al Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze e Presidente della Conferenza Episcopale Toscana, per l’attenzione che ha avuto con tutte le Diocesi toscane verso questo convegno. Un saluto cordiale anche a tutti i Confratelli Vescovi.
Grazie al Comitato organizzatore di queste giornate a Camaldoli. Grazie al monastero di Camaldoli che ci vede ospiti e a Toscana Oggi che ha sostenuto fattivamente l’organizzazione di queste giornate. Domenica avremo la presenza anche del Segretario di Stato, Card. Pietro Parolin, a cui pure va la nostra gratitudine.
A Lei, Signor Presidente, un rinnovato grazie per la presenza oggi, l’augurio perché anche lo spirito del Codice di Camaldoli sostenga il Suo generoso servizio per il nostro amato Paese e la gratitudine per la sapienza con cui accompagna la vita dell’Italia.
A tutti l’augurio di una arricchente partecipazione a queste giornate camaldolesi.Camaldoli, 21 luglio 2023
Prolusione di S.E. il Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
Camaldoli vuol dire piuÌ€ di mille anni di storia spirituale e monastica, che parla ancora attraverso il monastero, l’eremo e persino i boschi in cui sono immersi. Mi piace ricordare due figure di monaci camaldolesi, entrambi priori generali, cui tanto deve la riforma di Camaldoli prima e dopo il Concilio, che mi sono stati cari: il padre Anselmo Giabbani e il padre Benedetto Calati. Il Codice ha preso il nome da questo luogo, spirituale e pieno di tanta umanità , dove non si scappa dal mondo ma si entra nelle pieghe profonde della storia. Nei ricordi del Codice si sono inseriti anche elementi mitici. Un po’ di mito é utile, percheÌ ogni ripartenza ha bisogno di passione, di entusiasmo e – perché no? – anche di miti fondatori. Certe avventure da laboratorio o frutto di algoritmi e calcoli non scaldano il cuore né illuminano le menti! Ma c’è un elemento mitico nella narrazione che a me pare vada rimosso: la convinzione che il testo sia stato scritto qui nel luglio 1943. L’intenzione era questa e i promotori si dettero appuntamento il 18 luglio per una settimana di studi. Ma molti relatori importanti non vennero. Altri lasciarono Camaldoli prima. Non era presente neanche Sergio Paronetto, il protagonista principale della vicenda, che proprio in quei giorni si sposò, a Merano, con Maria Luisa Valier.
Peraltro, i giorni scelti furono drammatici per l’Italia: il diciannove luglio 1943 avvenne il terribile bombardamento di San Lorenzo a Roma e il venticinque il Gran Consiglio del fascismo segnò la fine del regime. Il Codice nacque in uno dei momenti piuÌ€ bui della lunga notte della guerra. Dobbiamo constatare che la pace non è mai un bene perpetuo neanche in Europa. Questa consapevolezza dovrebbe muoverci a responsabilità e decisioni! Anche allora c’era un Papa che – come oggi Francesco – parlava senza sosta di pace: Pio XII. Perché la posizione dei Papi del Novecento – tutti – è farsi carico del dolore della guerra, cercando in tutti i modi vie di pace, curando le ferite dell’umanità e favorendo la soluzione dei problemi. Pio XII credeva nella pace e si pose con forza il problema del “dopoâ€: ricostruire la società e l’ordine internazionale. Lo fece tra l’altro attraverso i discorsi e i radiomessaggi, nei quali indicoÌ€ il grande obiettivo: cercare la pace come fondamento di una convivenza civile liberata dall’odio e dai conflitti. Una grande costruzione collettiva, cui i cattolici – insieme a tanti altri – dovevano mettere mano da subito.
Pio XII chiese ai cattolici di uscire dalla loro passività e di prendere l’iniziativa. La responsabilità è iniziativa, altrimenti ci si accontenta delle proprie ragioni o dei buoni sentimenti, diventa vano compiacimento e non umiliandosi con la vita concreta fa illudere di essere dalla parte giusta anche se si finisce fuori dalla storia! Incitò i Laureati Cattolici a passare all’azione sul piano culturale, traducendo l’insegnamento della Chiesa in un linguaggio “moderno†e comprensibile a tutti. La presenza politica, che avrebbe segnato la ricostruzione e decenni successivi, rinasceva dal grembo della cultura. Uno dei problemi di oggi è invece proprio il divorzio tra cultura e politica, non solo per i cattolici, consumatosi negli ultimi decenni del Novecento, con il risultato di una politica epidermica, a volte ignorante, del giorno per giorno, con poche visioni, segnata da interessi modesti ma molto enfatizzati. Dovremmo diffidare di una politica così, ma spesso ne finiamo vittime, presi dall’inganno dell’agonismo digitale che non significa affatto capacità , conoscenza dei problemi, soluzione di questi. Cioè, il tradimento della politica stessa!
I Laureati cattolici – cui si aggiunsero altri – tradussero l’insegnamento della Chiesa in analisi e proposte sui problemi del tempo: economia, politica, società , famiglia, cultura, educazione ecc. Uno dei temi centrali fu l’uso sociale della “proprietà privataâ€, un principio attraverso cui il magistero cattolico spingeva a intervenire sulle disuguaglianze e gli squilibri economici. Gli estensori del Codice incontrarono opposizioni dentro la Chiesa. I “teologi†rimproverarono loro di andare troppo avanti e cercavano sempre una purezza dottrinale e una completezza di argomentazioni che avrebbero reso impossibile qualsiasi scelta. Ma Pio XII sapeva che c’era bisogno di una riflessione audace e innovativa. Bisognava cambiare. Il Papa saldoÌ€ strettamente l’urgenza della pace e la scelta per la democrazia. Aiutare l’una rafforzava l’altra. E dovremmo ricordarci che l’infiacchimento della democrazia è sempre un cattivo presagio per la pace.
La visione di Camaldoli aiutoÌ€ a preparare quell’inchiostro con cui venne scritta la Costituzione, frutto di idealità ma anche di capacità di confronto, visione, consapevolezza dei valori della persona, la giustizia e la libertà . È requisito indispensabile quando si pensa di toccarne il testo e, aggiungo, per impostare un piano che sia nazionale e di vera resistenza e resilienza. La riflessione di Camaldoli si rivela, ad esempio, nei primi tre articoli della Costituzione, sui quali lavoroÌ€ tra gli altri Aldo Moro, dal 1945 presidente del Movimento Laureati. Moro avrebbe voluto fondere i tre articoli in uno solo, tanto gli sembravano collegati nell’idea di democrazia, non solo fondata sulla sovranitaÌ€ popolare. La tragedia della guerra richiedeva di fondare la convivenza nazionale e internazionale su basi solide. La guerra, infatti, opera sempre distruzioni profonde, non solo materiali ma morali, azzerando ogni patrimonio di relazioni stabili, di regole condivise, di fiducia reciproca. Papa Francesco, mentre chiede la pace presto, opera per preparare un “dopo†senza la guerra. Se vuoi la pace prepara la pace! Significa promuovere una visione che attragga verso un mondo differente e che mobiliti passioni e energie per costruirlo, ma anche organismi e modalitaÌ€ in grado di mantenerla. “In ogni guerra cioÌ€ che risulta distrutto è lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana†(FT 26). Le encicliche Laudato Si’ e Fratelli tutti ne sono i pilastri, intimamente unite tra loro. Non c’é cura della casa comune se non impariamo a riconoscerci e a trattarci da “fratelli tuttiâ€. Finiremmo per distruggerla e per distruggerci. Bisogna risvegliare gli sguardi e le menti, per superare il “circolo vizioso†per cui tutto diventa impossibile. Ecco perché Francesco insiste sulla pace anche quando sembra difficile o sulla fraternità anche quando dilaga l’estraneità . L’insistenza sugli obiettivi massimi sfida il senso comune che, insegna Manzoni, resta nemico del buon senso. Francesco mostra che “il realismo della speranza†muove assai di piuÌ€ di tante valutazioni. E non si puoÌ€ parlare di pace senza parlare della giustizia! Cercare la pace è compromettersi per trovare la giustizia, ma non in astratto, fuori dalla storia, simbolica, ma quella che garantisce sicurezza.
Non è un caso che il Codice di Camaldoli coinvolse soprattutto giovani. Il capofila, Sergio Paronetto, morto giovane nel 1945, aveva trentaquattro anni. Giuseppe Dossetti – che non andoÌ€ a Camaldoli ma fu un riferimento – ne aveva trenta, Paolo Emilio Taviani trentuno, Aldo Moro ventisette, Giulio Andreotti ventiquattro. I “maestriâ€, più anziani, come Giorgio La Pira, Ezio Vanoni, Pasquale Saraceno, Amintore Fanfani, non superavano i quaranta. Il Codice mostra un’audacia di chi crede in una visione e sente di dover prendere la propria responsabilitaÌ€. Di fronte alla complessitaÌ€ del globale, delle problematiche che s’incrociano, siamo spesso, giovani e meno giovani, segnati dalla paura. Lo si vede di fronte alla politica. Francesco afferma: “Per molti la politica oggi è una brutta parola… E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?â€. Oggi la democrazia appare infragilita e in ritirata nel mondo. Ecco un campo cui i cristiani devono applicarsi,interrogandosi su come deve essere la democrazia nel XXI secolo, vivere quell’amore politico senza il quale la politica si trasforma o si degenera. Bisogna mettere a fuoco attorno a questa emergenza cosiÌ€ decisiva, esperienze, tradizioni, visioni, idee, risorse reali, anche se disperse. In questa prospettiva, sarebbe importante una Camaldoli europea, con partecipanti da tutt’Europa, per parlare di democrazia e Europa. I padri fondatori hanno avuto coraggio, rompendo con le consolidate logiche nazionalistiche e creando una realtà mai vista né in Europa né altrove. Nella pace, bisognava rendere solidali le democrazie. Sarebbe importante che i cristiani europei tornassero a confrontarsi percheÌ l’Europa cresca, ritrovi le sue radici e la sua anima, si doti di strumenti adeguati alle sfide.
Molti estensori del Codice sono entrati nella DC e molti esponenti della DC – e di altri partiti – hanno assunto i contenuti del testo. L’esperienza insegna che il lavoro culturale, anche indipendente dalla politica, eÌ€ fondamentale. Talvolta si usa la parola prepolitico a proposito del lavoro culturale, con una punta di deconsiderazione. Oggi ce n’eÌ€ un grande bisogno persfidare la politica a guardare lontano con visioni e pensieri lunghi. C’eÌ€ chi chiede alla Chiesa di promuovere o favorire incontri, riflessioni tra cattolici su temi civili. Non mancano occasioni e questioni. Capisco l’esigenza e sono disponibile ad aiutare iniziative di questo tipo, proprio percheÌ senza interessi immediati, personalistici o di categoria. I credenti devono avere il coraggio, nel rispetto delle diverse sensibilitaÌ€, di interrogarsi dialogando e ascoltandosi, che vuol dire ispirarsi al Vangelo nella costruzione della comunitaÌ€ umana. Lo devono fare singolarmente, ma anche insieme, percheÌ solo attraverso un lavoro comune possono mettere a fuoco “principi dell’ordine socialeâ€, per usare il linguaggio del Codice. I protagonismi indeboliscono se non sanno scegliere l’umiltaÌ€ del confronto e del pensarsi insieme! E quanto eÌ€ necessario raggiungere una “massa critica†piuÌ€ solida e visibile, coinvolgendo anche il terzo settore e le forze sociali che rappresentano la ricchezza di riflessione e di impegno diffuse nel tessuto profondo delle nostre comunitaÌ€. De Rita tempoaddietro parlando delle responsabilitaÌ€ del mondo cattolico commentoÌ€ con amarezza: “In buona sostanza, il mondo cattolico italiano si eÌ€ autoinflitto, nell’ultimo trentennio, una duplice avvilente illusione: quella di poter essere il lievito che entra nella pasta dei vari partiti per condizionarne, almeno in parte, i programmi; e quella di poter esercitare con successo il potere come influenza, prescindendo dal potere come potenza. Davvero pie illusioniâ€. Sono parole da meditare e che richiedono sapersi confrontare e arricchirsi anche da sensibilitaÌ€ diverse, scegliendo le capacitaÌ€ che permettono questo!
Le idee del Codice di Camaldoli hanno camminato sulle gambe dei partiti. Oggi la situazione è molto diversa. Non ci sono partiti d’ispirazione cristiana e, più in generale, partiti organizzati di stampo novecentesco. Questo non deve certo diventare un alibi per non cercare nuovi modi di fare politica o per fare politica svincolati da principi, valori e contenuti. Se non troviamo le mediazioni necessarie chi interpreta le esigenze, le orienta e sa indicare risposte nella complessità della vita? La disaffezione dalla politica non può non interrogarci. La Chiesa ha un atteggiamento diverso nei confronti delle iniziative culturali e di quelle politiche: Pio XII è stato all’origine del Codice di Camaldoli, ma la DC è stata fondata da De Gasperi. Ma la Chiesa è attenta a ciò che avviene sul piano politico e sa riconoscere ciò che ha valore e ciò che non lo ha.
Ad esempio, da anni la Chiesa chiede a tutti i governi che chi fugge da grandi povertaÌ€, da pericolo grave o di morte, sia accolto come fratello o sorella, con risposte che siano all’altezza dell’umanesimo vera identitaÌ€ del nostro paese. Guai a dilapidare quelle che sono le caratteristiche piuÌ€ profonde e vere del nostro Paese! Da anni chiediamo una politica di sostegno della natalitaÌ€ e di difesa della vita, tutta, dal suo inizio alla sua fine, nelle sue fragilitaÌ€ e debolezze. Siamo consapevoli – come ha detto Francesco – che il futuro demografico dell’Italia ha bisogno dell’apporto degli emigrati. NatalitaÌ€ e accoglienza si completano, non si oppongono. Questo deve avvenire in modo costruttivo e positivo, che diano dignitaÌ€ alle persone e chiarezza di diritti e di doveri. Penso a coloro che vivono in condizioni di povertaÌ€, stimati essere in Italia il doppio che in Europa. Un’attenzione particolare va rivolta agli anziani in questo grande caldo: la scorsa estate 60.000 anziani sono morti per il caldo, di cui 18.000 in Italia, un triste primato. Cosa ci chiedono?
Le visioni dei cristiani in politica possono essere piuÌ€ o meno condivise, ma tutti sanno che i principi e posizioni che propongono, non esprimono l’interesse della Chiesa, ma il bene di tutti. La Chiesa non ha altro interesse. EÌ€ davvero di tutti e per tutti. Ecco percheÌ l’impegno dei cattolici – quando è sincero e generoso – è di per sé de-polarizzante e rappresenta un antidoto alle tossine che inquinano la democrazia. Si parla di irrilevanza dei cattolici nella politica italiana. L’irrilevanza eÌ€ non fermarsi accanto all’uomo mezzo morto della parabola del buon Samaritano, nella via tra Gerico e Gerusalemme. L’amore, in quanto tale, non puoÌ€ essere irrilevante. PuoÌ€ essere umiliato e anche crocifisso. Insegna GesuÌ€: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potraÌ€ render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uominiâ€.
Il Codice di Camaldoli eÌ€ diventato il simbolo della capacitaÌ€ di iniziativa dei cattolici per il futuro dell’Italia durante la guerra. Lo si è ricordato ogni volta che si eÌ€ cercata una “ripartenzaâ€: alla Costituente, agli albori degli anni Sessanta, dopo il grande cambiamento politico dei primi anni Novanta. Oggi siamo in una stagione in cui si sente il bisogno di unaresponsabilitaÌ€ civile maggiore. Per l’Italia, per l’Europa, per il mondo: tutto è incredibilmente connesso. Una ripartenza? Certo, non si puoÌ€ restare inerti. Non si puoÌ€ restare chiusi nel proprio “ioâ€: bisogna avere il coraggio del noi! Fosse un “noi†che discute, diverge, ascolta, propone. Siamo, come allora, travolti dalla tempesta della guerra.
Nessuno puoÌ€ dire che non ci riguarda. Le conseguenze sono per tutti. Lo abbiamo capito, purtroppo ad intermittenza, lo dimentichiamo facilmente, ma – come disse Francesco – siamo tutti sulla stessa barca!
Tornare a Camaldoli, allora, è un bisogno e una chiamata alla responsabilità : per guardare lontano e non essere prigionieri del presente. Il Codice è stato un’iniziativa coraggiosa di chi non aspettava gli eventi, non stava a guardare ma voleva andare oltre il fascismo e le distruzioni della guerra. Niente avviene in maniera uguale. Ma lasciamoci ispirare dallastoria. Diceva Winston Churchill: “PiuÌ€ riesci a guardare indietro, piuÌ€ riesci a guardare avantiâ€.
Camaldoli, 21 luglio 2023
Le dichiarazioni dell’On. Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica pubblicate da “La Difesa del Popolo – settimanale della Diocesi di Padova”Â
Quando un regime dittatoriale, come quello fascista, giunge al suo disfacimento, a provocarlo non sono tanto le sconfitte militari, quanto la perdita definitiva di ogni fiducia da parte della popolazione, che misura sulla propria vita il divario tra la realtà e le dichiarazioni trionfalistiche.
Si apre, in quei giorni, una transizione, a colmare la quale la tradizionale dirigenza monarchica palesa tutta la sua pochezza, dopo il colpevole tradimento delle libertà garantite dallo Statuto Albertino. In quel luglio 1943, nel momento in cui il suolo della Patria viene invaso dalle truppe ancora nemiche, mentre il Terzo Reich si trasforma rapidamente da alleato in potenza occupante, entrano in gioco le forze sane della nazione, oppresse nel ventennio della dittatura. La lunga vigilia coltivata da coloro che non si riconoscevano nel regime trova sbocco, anche intellettuale, nella preparazione del “dopoâ€, del momento in cui l’Italia sarebbe nuovamente risorta alla libertà , con la successiva scelta dell’ordinamento repubblicano.
Trova radice in questo l’esercizio di Camaldoli, voluto dal Movimento laureati cattolici e dall’Icas, l’Istituto cattolico attività sociali. Siamo nel pieno di una svolta: nel maggio 1943 le truppe dell’Asse in Tunisia si arrendono, ponendo fine alla campagna dell’Africa del Nord; il 10 luglio avviene lo sbarco delle truppe Usa in Sicilia. Il 19 luglio l’aviazione alleata dà avvio al primo bombardamento su Roma per colpire lo scalo ferroviario di San Lorenzo, con migliaia le vittime. Il 24 luglio sarà lo stesso Gran Consiglio del fascismo a porre termine all’avventura di Mussolini. Il convegno di Camaldoli si conclude il giorno precedente, mostrando di aver saputo avvertire il momento cruciale della svolta della storia nazionale.
Oggi possiamo cogliere il valore della riflessione avviata sul futuro dell’Italia e lo sforzo di elaborazione proposto in quei frangenti dai circoli intellettuali e politici che non si erano arresi alla dittatura. Dal cosidetto Codice di Camaldoli, al progetto di Costituzione confederale europea e interna di Duccio Galimberti e Antonino Repaci, all’abbozzo di Silvio Trentin per un’Italia federale nella Repubblica europea, alla Dichiarazione di Chivasso dei rappresentanti delle popolazioni alpine, al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, alle “idee ricostruttive della Democrazia Cristianaâ€, che De Gasperi aveva appena fatto circolare, non mancano sogni e progetti lungimiranti per fare dell’Italia un Paese libero e prospero in un’Europa pacificata.
A settantacinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica è compito prezioso tornare sulle riflessioni che hanno contribuito alla sua formazione e alle figure che hanno avuto ruolo propulsivo in quei frangenti. Ecco allora che il testo “Per la comunità cristiana. Principi dell’ordinamento socialeâ€, dispiega tutta la sua forza, sia come tappa di maturazione di quello che sarà un impegno per la nuova Italia da parte del movimento cattolico, sia come ispirazione per il patto costituzionale che, di lì a poco, vedrà impegnati nella redazione le migliori energie del Paese, con il contributo, fra gli altri, non a caso, di alcuni fra i redattori di Camaldoli.
Occorreva partire, anzitutto, dal ripristino della legalità , violentata dal fascismo, riconosciuta persino nell’ordine del giorno Grandi al Gran Consiglio, con l’esplicita indicazione dell’esigenza del “necessario immediato ripristino di tutte le funzioni stataliâ€, dopo una guerra che il popolo italiano non aveva sentita “suaâ€, con aggravata “responsabilità fascistaâ€.
Da Camaldoli vengono orientamenti basilari, che riscontriamo oggi nel nostro ordinamento. Anzitutto la affermazione della dignità della persona e del suo primato rispetto allo Stato – con il rifiuto di ogni concezione assolutistica della politica – da cui deriva il rispetto del ruolo e delle responsabilità della società civile. Di più, sulla spinta di un organico aggiornamento della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, emerge la funzione della comunità politica come garante e promotrice dei valori basilari di uguaglianza fra i cittadini e di promozione della giustizia sociale fra di essi.
Si identifica poi, con determinazione, il principio della pace: «Deve abbandonarsi il funesto principio che i rapporti internazionali siano rapporti di forza, che la forza crei il diritto…». Occorre «la creazione di un vero e non fittizio o formale ordine giuridico che subordini o conformi la politica degli Stati alla superiore esigenza della comune vita dei popoli».
Vi è ragione di essere ben orgogliosi, guardando ai Padri fondatori del Codice di Camaldoli, per il segno che hanno saputo imprimere al futuro della società italiana, anche sul terreno della libertà di coscienza per ogni persona, descritta, al paragrafo 15, come “esigenza da tutelare fino all’estremo limite delle compatibilità con il bene comuneâ€
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Breve estratto dell’Omelia tenuta da S.E. il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato
“La partecipazione alla crescita democratica della società civile e delle istituzioni ha oggi bisogno di donne e di uomini cristiani, consapevoli della loro fede, che testimonino, in ogni ambito del vivere comune, la loro ispirazione, i valori e i comportamenti che la loro fede continua a fermentare, senza i quali questa società non sarà migliore. L’individualismo esasperato di oggi non restituisce alle persone la libertà sperata, la felicità cercata, bensì il consumo di sé stessi. Abbiamo bisogno di recuperare la passione dell’altro, il riconoscimento dell’altro, l’accoglienza dell’altroâ€. Lo ha detto ieri il card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, nella messa a conclusione del convegno sugli ottant’anni del Codice di Camaldoli, organizzato dalla Cei, dalla comunità di Camaldoli e da Toscana Oggi nel monastero toscano. “Credo che si debbano aumentare i luoghi di incontro, di formazione, le occasioni di riflessione comune non solo sui temi civili e sociali – ha aggiunto il cardinale nell’omelia -, ma anche su quelli della fede: sia nella forma ecclesiale – il Sinodo in corso, voluto da Papa Francesco, ne è un’espressione – sia nella forma laicale, attraverso un autonomo e responsabile esercizio di laicità del credenteâ€.
Camaldoli, 23 luglio 2023
Documenti allegati:
Codice-CAMALDOLI-programma-convegnoCodiceCamaldoli_CardZuppi
CodiceCamaldoli_MonsMigliavacca
CodiceCamaldoli_Torresi
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