“Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia, di pace.

Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno senza povertà, senza violenza, senza guerre” (FT)



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Speciale – Il Codice di Camaldoli, a ottant’anni dal convegno del luglio 1943.


È iniziato nella giornata odierna, venerdì 21 luglio, presso il Monastero di Camaldoli il convegno celebrativo in occasione dell’ottantesimo anniversario del “Codice di Camaldoli“, documento redatto nel luglio 1943 da intellettuali e professionisti cattolici.

I lavori sono stati aperti con la sessione Il Codice di Camaldoli e il cattolicesimo italiano nel Novecento” alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana, On. Sergio Mattarella, presieduta da S.E. Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro. La prolusione dal titolo “Vocazione di cristiani e coscienza di cittadini: i cattolici e l’italia” è stata affidata a S.E. il Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; la relazione introduttiva dal titolo “Luglio 1943: tra memoria, storia e storiografia” è stata tenuta dal Prof. Tiziano Torresi dell’Università degli Studi di Roma Tre.

Di seguito riportiamo gli interventi di S.E. il Card. Matteo Maria Zuppi e S.E. Mons. Andrea Migliavacca unitamente alle parole dell‘On. Sergio Mattarella, riportate da “La Difesa del Popolo – settimanale della Diocesi di Padova”; alleghiamo inoltre l’intervento del Prof. Tiziano Torresi.

Viene proposto anche un breve estratto dell’Omelia tenuta Domenica 23 luglio da S.E. il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato.

Il Saluto di S.E. Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro.

L’importanza dell’ottantesimo anniversario della redazione del cosiddetto Codice di Camaldoli, che figure importanti del cattolicesimo italiano, tra il 18 e il 24 luglio del 1943 in questo monastero benedettino, seppero realizzare, non poteva passare inosservato e nel Convegno che oggi si inaugura trova adeguata attenzione e nuovo impulso.

Siamo particolarmente onorati e grati per la presenza del Signor Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Grazie Signor Presidente! La Sua partecipazione oggi bene mette in luce l’importanza del tema su cui si intende riflettere e per il quale vorremmo vivere un rinnovato impegno al servizio del nostro Paese, per dare un nuovo impulso all’impegno di una cittadinanza attiva che sappia raccogliere in modo maturo le antiche radici cristiane. Con la Sua presenza oggi, Signor Presidente, ci sentiamo tutti maggiormente spronati a fare tesoro di quella grande ispirazione che fu il Codice di Camaldoli e che seppe abitare poi anche la nostra Carta Costituzionale e ci chiede l’impegno in un nuovo impulso nel campo della formazione socio-politica.

Il tema é di particolare attualità perché si colloca nel contesto della dottrina sociale della Chiesa, che nel Magistero di Papa Francesco apre rinnovati orizzonti, soprattutto nelle encicliche “Laudato si’†e “Fratelli tuttiâ€. È la cornice in cui si colloca oggi la necessitaÌ€ dell’impegno di tutti a costruire la pace, in particolare nella nostra Europa.

Particolare gratitudine esprimo al Presidente della CEI, Card. Matteo Maria Zuppi per l’attenzione, la relazione che ci offrirà e la presenza con lui delle Chiese che sono in Italia. Grazie al Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze e Presidente della Conferenza Episcopale Toscana, per l’attenzione che ha avuto con tutte le Diocesi toscane verso questo convegno. Un saluto cordiale anche a tutti i Confratelli Vescovi.

Grazie al Comitato organizzatore di queste giornate a Camaldoli. Grazie al monastero di Camaldoli che ci vede ospiti e a Toscana Oggi che ha sostenuto fattivamente l’organizzazione di queste giornate. Domenica avremo la presenza anche del Segretario di Stato, Card. Pietro Parolin, a cui pure va la nostra gratitudine.

A Lei, Signor Presidente, un rinnovato grazie per la presenza oggi, l’augurio perché anche lo spirito del Codice di Camaldoli sostenga il Suo generoso servizio per il nostro amato Paese e la gratitudine per la sapienza con cui accompagna la vita dell’Italia.
A tutti l’augurio di una arricchente partecipazione a queste giornate camaldolesi.

Camaldoli, 21 luglio 2023

 

Prolusione di S.E. il Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Camaldoli vuol dire piuÌ€ di mille anni di storia spirituale e monastica, che parla ancora attraverso il monastero, l’eremo e persino i boschi in cui sono immersi. Mi piace ricordare due figure di monaci camaldolesi, entrambi priori generali, cui tanto deve la riforma di Camaldoli prima e dopo il Concilio, che mi sono stati cari: il padre Anselmo Giabbani e il padre Benedetto Calati. Il Codice ha preso il nome da questo luogo, spirituale e pieno di tanta umanità, dove non si scappa dal mondo ma si entra nelle pieghe profonde della storia. Nei ricordi del Codice si sono inseriti anche elementi mitici. Un po’ di mito é utile, percheÌ ogni ripartenza ha bisogno di passione, di entusiasmo e – perché no? – anche di miti fondatori. Certe avventure da laboratorio o frutto di algoritmi e calcoli non scaldano il cuore né illuminano le menti! Ma c’è un elemento mitico nella narrazione che a me pare vada rimosso: la convinzione che il testo sia stato scritto qui nel luglio 1943. L’intenzione era questa e i promotori si dettero appuntamento il 18 luglio per una settimana di studi. Ma molti relatori importanti non vennero. Altri lasciarono Camaldoli prima. Non era presente neanche Sergio Paronetto, il protagonista principale della vicenda, che proprio in quei giorni si sposò, a Merano, con Maria Luisa Valier.

Peraltro, i giorni scelti furono drammatici per l’Italia: il diciannove luglio 1943 avvenne il terribile bombardamento di San Lorenzo a Roma e il venticinque il Gran Consiglio del fascismo segnò la fine del regime. Il Codice nacque in uno dei momenti piuÌ€ bui della lunga notte della guerra. Dobbiamo constatare che la pace non è mai un bene perpetuo neanche in Europa. Questa consapevolezza dovrebbe muoverci a responsabilità e decisioni! Anche allora c’era un Papa che – come oggi Francesco – parlava senza sosta di pace: Pio XII. Perché la posizione dei Papi del Novecento – tutti – è farsi carico del dolore della guerra, cercando in tutti i modi vie di pace, curando le ferite dell’umanità e favorendo la soluzione dei problemi. Pio XII credeva nella pace e si pose con forza il problema del “dopoâ€: ricostruire la società e l’ordine internazionale. Lo fece tra l’altro attraverso i discorsi e i radiomessaggi, nei quali indicoÌ€ il grande obiettivo: cercare la pace come fondamento di una convivenza civile liberata dall’odio e dai conflitti. Una grande costruzione collettiva, cui i cattolici – insieme a tanti altri – dovevano mettere mano da subito.

Pio XII chiese ai cattolici di uscire dalla loro passività e di prendere l’iniziativa. La responsabilità è iniziativa, altrimenti ci si accontenta delle proprie ragioni o dei buoni sentimenti, diventa vano compiacimento e non umiliandosi con la vita concreta fa illudere di essere dalla parte giusta anche se si finisce fuori dalla storia! Incitò i Laureati Cattolici a passare all’azione sul piano culturale, traducendo l’insegnamento della Chiesa in un linguaggio “moderno†e comprensibile a tutti. La presenza politica, che avrebbe segnato la ricostruzione e decenni successivi, rinasceva dal grembo della cultura. Uno dei problemi di oggi è invece proprio il divorzio tra cultura e politica, non solo per i cattolici, consumatosi negli ultimi decenni del Novecento, con il risultato di una politica epidermica, a volte ignorante, del giorno per giorno, con poche visioni, segnata da interessi modesti ma molto enfatizzati. Dovremmo diffidare di una politica così, ma spesso ne finiamo vittime, presi dall’inganno dell’agonismo digitale che non significa affatto capacità, conoscenza dei problemi, soluzione di questi. Cioè, il tradimento della politica stessa!

I Laur